Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19933 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19933 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11939/2020 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE CON UNICO SOCIO IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria regionale della Basilicata n. 445/2019 depositata il 21/11/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il ricorso.
Udit o per l’Amministrazione ricorrente l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha richiamato le conclusioni già rassegnate.
FATTI DI CAUSA
Le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonché NOME COGNOME amministratore unico e legale rappresentante della prima società e socio unico e liquidatore della seconda, impugnavano gli avvisi di accertamento n. TC303T100699/2013 e n. TC303T100701/2013 , con i quali l’Agenzia della entrate accertava un debito per imposta, sanzioni ed interessi pari ad euro 15.954.52 per l’anno 2008, e pari ad euro 329.936,77 per l’anno 2009, rinveniente dall’accertamento effettuato in capo alla società Alice RAGIONE_SOCIALE Tale debito scaturiva, secondo l’assunto dell’Ufficio, dalla responsabilità solidale delle predette società nei confronti della RAGIONE_SOCIALE quali cessionarie di alcuni rami d’azienda.
1.1. Con i predetti ricorsi le citate società eccepivano: i) l’assenza dei presupposti della responsabilità solidale; ii) l’assenza dei presupposti per la riscossione anticipata delle imposte; iii) l’estraneità ai fatti e la mancata notificazione del PVC; d) la errata e falsa applicazione dell’art. 41 bis DPR 600/73; e) la nullità degli avvisi per incompetenza dei verificatori, la violazione dell’art. 12 L. 212/2000, la violazione del D.Lgs. n. 218/1997; f) l’ infondatezza nel merito della pretesa.
La Commissione tributaria provinciale di Potenza – previa riunione dei due ricorsi, li accoglieva , e l’appello proposto dall’Amministrazione veniva quindi rigettato dalla CTR della Basilicata con la sentenza n. 445/2019, depositata il 21/11/2019. genzia delle entrate con
Avverso la predetta sentenza ricorre l’A sette motivi. Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo accogliersi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., che la sentenza impugnata è nulla, perché sorretta da una motivazione non rispettosa dello standard minimo richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, dall’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., dall’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dall’art. 1, comma 1, dall’art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, dall’art. 53 e dall’art. 54 del d.lgs. n. 546/1992.
1.1. Argomenta, in particolare, l’Agenzia delle Entrate che: i) sotto un primo profilo, la motivazione è assente, meramente apparente o apodittica, dal momento che non vengono esplicitate le ragioni della ritenuta infondatezza nel merito del recupero fiscale per quanto riguarda la cessata RAGIONE_SOCIALE e il suo socio unico, NOME COGNOME entrambe parti del giudizio assieme ad RAGIONE_SOCIALE; ii) sotto un secondo profilo, la motivazione è gravemente viziata perché la CTR, a fronte di tutte le circostanze di fatto allegate e documentate dall’Ufficio, si è limitata a rilevare che quest’ultimo non aveva provato il carattere fraudolento dell’operazione, senza esplicitare le ragioni del proprio convincimento; iii) sotto un terzo profilo, la motivazione è assente, meramente apparente o apodittica, se non incomprensibile, laddove la CTR lascia incompleti vari periodi, impedendo di comprendere la ragione giustificativa della decisione; iv) sotto un quarto profilo, infine, fa motivazione è illogica, in quanto non permette di cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata che, contraddittoriamente, in alcuni passaggi sembra escludere che la cessione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE abbia riguardato un ramo d’azienda, mentre in altri viceversa lascia intendere di condividere la natura dell’atto in termini di cessione di ramo d’azienda.
1.2. Il motivo è fondato, rilevandosi in primo luogo che le censure sono correttamente ricondotte all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
1.3. Come è noto, la violazione denunciata si configura quando la motivazione «manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
1.4. Nel caso di specie la sentenza risulta affetta dalle descritte patologie.
Si rileva in particolare: i) in relazione al primo profilo di censura, la mancanza assoluta di motivi anche sotto l’aspetto materiale e grafico per quanto concerne la posizione di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e di Margherita COGNOME, essendosi la Commissione Tributaria Regionale soffermata espressamente solo sulle questioni riguardanti la natura del contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; ii) in relazione al secondo profilo di censura, che la sentenza della CTR non consente di ricostruire l’iter logico della decisione relativamente al capo in cui il giudice del gravame ha escluso il carattere fraudolento della cessione intervenuta tra
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, essendosi la Commissione regionale limitata ad affermare «l’inesistenza di qualsiasi intento fraudolento non avendo, peraltro, l’Ufficio provato tale condotta in capo all’odierna appellata, al fine di poter addebitare alla stessa la responsabilità solidale ivi disciplinata», senza illustrare le ragioni di tale affermazione e le risultanze istruttorie che ne avvalorerebbero la correttezza; iii) in relazione al terzo profilo di censura, che la CTR si limita ad affermare che RAGIONE_SOCIALE avrebbe versato «ampia e idonea documentazione» giustificativa delle note di credito poste in essere, lasciando il relativo periodo in sospeso, con conseguente impossibilità di individuare la documentazione alla quale la i giudici di appello avrebbero inteso riferirsi e le ragioni per le quali detta documentazione consentirebbe di ritenere provate le risultanze delle note di credito; iv) in relazione al quarto profilo di censura, che effettivamente la sentenza impugnata contiene affermazioni tra loro inconciliabili, per avere la Commissione Tributaria Regionale prima ritenuto, a pagina 6, che il contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse un contratto di cessione limitato ai beni e alle attrezzature e non un contratto di cessione di azienda, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato, e, quindi, contraddittoriamente affermato che tra le parti era intervenuta una «cessione del ramo d’azienda consistente nella cessione di due frequenze e di relativa attrezzatura» e che la suddetta cessione di ramo d’azienda era «in realtà avvenuta», avendo RAGIONE_SOCIALE dimostrato documentalmente il trasferimento delle frequenze e delle attrezzature, salvo, poi, escludere la sussistenza della presunzione legale di cessione in frode alla legge del comma 5 dell’art. 14 cit.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , l’Agenzia delle Entrate deduce che la
Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2728 e 2729 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 472/1997, nella parte in cui ha escluso la configurabilità di una cessione di azienda in frode alla legge, non avendo considerato che, per un verso, che, nella specie, opera la presunzione legale di cui al comma 5 dell’art. 14 citato e, per altro verso, che i contribuenti non hanno offerto prove idonee a vincere la suddetta presunzione, non potendosi attribuire a tal fine alcuna rilevanza al pagamento del corrispettivo mediante deposito di fatture e bonifici bancari da parte di RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la «Violazione o falsa applicazione dell’art. 14, comma 4, d.lgs. 472/1997, nonché dell’art. 27, comma 7-bis, d.lgs. n. 177/2005 (Testo unico della radiotelevisione) e dell’art. 1362 c.c.», allegando che laddove si ritenesse che la CTR abbia escluso l’operatività dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997 qualificando la cessione intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in termini di mera cessione di beni, la sentenza risulterebbe comunque erronea per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione dell’art. 81 cod. proc. civ. , per avere la CTR ritenuto sussistente la legittimazione delle cessionarie a impugnare gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della cedente, non essendo queste né destinatarie dell’atto impugnato, né parte del rapporto controverso e non rientrando, quindi, tra i soggetti passivi dell’imposizione tributaria.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate deduce che la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1297 e 1306 cod. civ. nella parte in cui ha ritenuto che le società ricorrenti potessero contestare, nel merito, gli avvisi non impugnati dalla contribuente cedente, e non soltanto la sussistenza dei presupposti della responsabilità solidale.
Con il sesto motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., che la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per non avere attribuito la corretta valenza probatoria all’attestazione del MEF della mancata esistenza di contenziosi introdotti dalla società accertata RAGIONE_SOCIALE avverso gli avvisi di accertamento de quibus , alle note di credito prodotte dalle controparti, nonché agli elementi indiziari allegati e provati dall’Ufficio riguardo al carattere fraudolento delle cessioni.
Con il settimo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., che la CTR è incorsa nella violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 DPR n. 633/1972, nella parte in cui ha ritenuto che la ricorrente potesse operare una riduzione del volume di affari già fatturato attraverso l’emissione di note di credito, pur non avendo la società verificata depositato la documentazione giustificativa delle suddette note.
I motivi dal secondo al settimo risultano assorbiti, in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
In conclusione, accolto il primo motivo ed assorbiti i restanti, il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata affinché, in diversa
composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 06/05/2025.