Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9120 Anno 2025
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato-
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13363/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9120 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
Avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA LOMBARDIA n. 5210/2022 depositata il 23/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 5210/2022 pubblicata in data 23/12/2022, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 104/2021 emessa dalla Commissione Provinciale di Mantova.
2. La CTR ha così motivato la propria decisione: « Questa Corte, alla luce della documentazione in atti, conferma integralmente la sentenza di primo grado con la quale i giudici accoglievano il ricorso introduttivo presentato dalla ricorrente società. Il rilievo sollevato dall’appellante, circa la presenza delle condizioni per il raddoppio dei termini relativi all’avviso di accertamento impugnato, è del tutto infondato. La legge 208/2015, art. 1, comma 132 prevede che l’Agenzia delle Entrate, per potersi avvalere del raddoppio dei termini relativamente all’accertamento oggetto dell’odierna vertenza, avrebbe dovuto trasmettere alla Procura di Brescia la segnalazione entro l’ordinario termine di accertamento, scadente il 31.12.2015 (cioè entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi). Nel caso di specie, oggetto della presente causa, l’avviso di accertamento n. T9H04C201658 relativo all’anno 2010 è stato notificato in data 23.08.2019. Quindi ad esso si applica la norma transitoria di cui all’art. 1 comma 132 L 208/2015 che, ai fini del raddoppio dei termini per l’accertamento, esige il tempestivo invio della notizia di reato. Tra l’altro, dalla documentazione in atti risulta che l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso alla Procura solo in data
22.12.2017 – una CNR (comunicazione di notizia di reato) a carico del sig. NOME Pier NOMECOGNOME in qualità di legale rappresentante della GS Odolese, relativa al presunto reato di cui all’art. 8 Dlgs n. 74/2000. La Procura ha poi protocollato tale CNR in data 28.12.2017 e in data 10.01.2018 ha provveduto ad iscriverla a ruolo al numero RGNR 654/18. A tal riguardo si precisa che lo stesso PM ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale accordata dal GIP in data 14/03/2018. L’invalidità dell’avviso di accertamento per intervenuta decadenza dell’azione impositiva è già di per se sufficiente a rendere l’avviso di accertamento nullo ab origine. Tuttavia anche per quanto attiene il merito della pretesa tributaria questa Corte ritiene che non possa essere applicata la disciplina relativa alle operazioni inesistenti, sia in ragione del fatto che lo stesso procedimento penale, si è concluso con l’archiviazione sia soprattutto perché tutto il costrutto su cui l’Ufficio fonda la presa è basato sul mere presunzioni non supportate da elementi giuridicamente rilevanti. Pertanto la sentenza di primo grado viene confermata integralmente anche per quanto attiene l’insussistenza delle ragioni di merito della pretesa tributaria. Considerata la natura della vertenza in oggetto questa Corte condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’appellato, liquidate in complessivi Euro 5000,00 (Euro cinquemila/00) oltre IVA e cp per questo grado di giudizio. »
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
La parte intimata non si è costituita.
…
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate ha censurato la sentenza impugnata per violazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 132, comma 2, n. 3, c.p.c. e dell’art. 36, primo comma, n. 4,
d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente ha rilevato che la sentenza impugnata è sorretta da motivazione apparente, in quanto totalmente estranea rispetto all’oggetto della lite. Nel caso di specie la CGT2 ha, infatti, usato la motivazione redatta con riguardo a un diverso contribuente (sig. COGNOME Pier NOMECOGNOME e per una questione ( i.e. le condizioni necessarie per il raddoppio dei termini di accertamento rispetto alla sanzione da irrogare in caso di utilizzo di compensazione di crediti inesistenti) totalmente diversa rispetto a quella dibattuta nel presente giudizio, con la condanna del l’ufficio al pagamento delle spese di lite, nonostante la mancata costituzione della parte appellata.
Il motivo è fondato. Il caso di specie riguarda un atto di recupero del credito con il quale l’amministrazione finanziaria ha contestato le indebite compensazioni -inizialmente pari a Euro 150.026,21 e successivamente ridotte a Euro 78.342,96 a seguito di atto di autotutela parziale in relazione agli importi già recuperati in sede di liquidazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 -eseguite attraverso le deleghe di pagamento, evidenziando che, nella sezione relativa al coobbligato, veniva riportato il codice fiscale della società RAGIONE_SOCIALE, che aveva stipulato un contratto di accollo, in forza del quale il debito fiscale maturato dalla sig.ra COGNOME sarebbe stato estinto grazie alla compensazione del credito IVA vantato dall’accollante RAGIONE_SOCIALE . In particolare, l’ufficio contestava sia il fatto che la normativa tributaria non consentisse la compensazione dei debiti tributari nei casi di non coincidenza in capo al medesimo titolare delle posizioni creditorie e debitorie, sia l’inesistenza dei crediti in capo ad Albatrans. Quest’ultima aveva, infatti, creato, nei periodi di imposta 2016-2018, crediti IVA per operazioni inesistenti per oltre diciotto milioni, per poi distribuirli, tra maggio e luglio 2017, con la procedura di accollo fiscale.
L’atto di recupero veniva confermato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Mantova con la sentenza n. 291/2020, ad eccezione delle parte relativa alle sanzioni (ridotte a Euro 78.342,96, pari al 100% dell’importo rideterminato in sede di autotutel a), ritenendo di doverle applicare nella (sola) misura del 30%.
L’Agenzia delle Entrate impugnava, quindi, la sentenza di primo grado per violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471 del 1997.
La sentenza impugnata affronta temi e questioni totalmente eterogenee rispetto alle censure poste dalla parte appellante e mai entrate nel thema decidendum, come quella relativa al raddoppio dei termini relativi a un accertamento impugnato, recante, peraltro, un numero totalmente diverso rispetto all’atto di recupero impugnato. Veniva, poi, fatto riferimento a una CNR nei confronti del sig. COGNOME Pier NOME (soggetto diverso rispetto alla parte intimata). La CGT2, infine, nonostante la mancata costituzione della parte appellata, ha condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in suo favore.
La palese eterogeneità delle argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza di appello rispetto ai motivi di impugnazione proposti e i riferimenti a una fattispecie totalmente diversa da quella oggetto del giudizio tributario, comportano la nullità della sentenza impugnata. Per costante orientamento di questa Corte, infatti, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, comma 6°, Cost.), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2°, n. 4, c.p.c., omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove abbia fondato il proprio convincimento e sulla base di quali
argomentazioni sia pervenuto alla propria determinazione (Cass., 05/04/2023, n. 9422).
Alla luce di quanto sin qui evidenziato la sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla CGT2 della Lombardia, che deciderà, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 28/02/2025.