Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7669 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7669 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3937/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in Termoli (INDIRIZZO) alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro-tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (cod. fisc. CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del suddetto difensore in L’Aquila alla INDIRIZZO, all’indirizzo di posta elettronica EMAIL in Roma via
trionfale n. 5637 presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPOBASSO n. 7/2016 depositata il 08/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Uditi i difensori delle parti.
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.In seguito alla richiesta di integrazione documentale da parte del Comune di Termoli relativa alla planimetria quotata dell’area e dei locali utilizzati nella stazione di servizio della società RAGIONE_SOCIALE, l’ente comunale procedeva ad effettuare un sopralluogo in data 20 gennaio 2008, a seguito del quale notificava un avviso di accertamento ( il 26.09.2008) con la quale richiedeva una maggiore tassa sui rifiuti solidi urbani per le annualità 2003 -2008, contestando l’infedele dichiarazione rispetto alle superfici dove si producevano rifiuti speciali.
La contribuente impugnava l’atto impositivo, eccependo la prescrizione del tributo per l’anno 2003, la violazione dell’art. 73, comma 2, d.lgs. 507/93 nonché dell’art. 12 legge 212/2000 in relazione al sopralluogo effettuato in loco e per l’inosservanza dei diritti e delle garanzie difensive riconosciutegli dalla legge. Eccepiva il difetto di motivazione dell’avviso, il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’ente impositore, il travisamento dei fatti in relazione alla documentazione prodotto e la violazione di legge con riferimento alle sanzioni applicate per ciascuna annualità. La CTP di Campobasso accoglieva il ricorso e compensava le spese.
Interposto gravame da parte dell’amministrazione locale avverso la decisione di primo grado, i giudici di secondo grado accoglievano
l’appello, riformando la decisione di prime cure e confermando l’avviso opposto.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione fondato su nove motivi.
Replica con controricorso il Comune di Termoli.
AVV_NOTAIO ha depositato rinuncia al mandato.
Il Comune si è costituto con nuovo difensore.
Il P .G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Il ricorso è articolato in nove principali motivi e sub -motivi.
Con la prima censura si denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 36 e 61 del d.lgs. 546 del 1992, 112 115 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c; nonché omessa pronuncia e difetto assoluto di motivazione apparente. In particolare, la società deduce che in appello aveva dedotto che la decisione di primo grado era viziata in quanto i primi giudici non avevano considerato che il Comune non aveva assolto all’onere della prova, atteso che era stata presentata all’ente comunale la denuncia originaria dei locali e delle aree imponibili e dell’area nella quale si producevano i rifiuti speciali. La società peraltro aveva anche presentato una dichiarazione rettificativa dell’area tassabile e aveva depositato come richiesto dall’ente locale copia della planimetria della stazione di servizio redatta dal geometra COGNOME. Sostiene la ricorrente che in merito alle suddette argomentazioni la Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi non avendo risposto alle eccezioni difensive della contribuente riproposte nel giudizio di appello. Assume che le affermazioni contenute nella sentenza impugnata e riferite integrano gli estremi del difetto assoluto di motivazione.
Il secondo motivo prospetta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 36 e 61 del d.lgs. 546 del 1992, 132, comma due, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. per motivazione meramente apparente. Assume la ricorrente che il giudice di merito avrebbe omesso di indicare gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento, trascurando di esaminare gli scritti difensivi e della documentazione prodotta. In particolare, la Commissione di secondo grado non avrebbe esaminato la denuncia originaria dei locali e delle aree imponibili ai fini Tarsu del 7 Febbraio 2002 nonchè l’istanza contestuale alla denuncia originaria, nella quale la parte chiedeva che venissero rettificate le superfici tassabili, escludendo quelle aree nelle quali venivano prodotti i rifiuti speciali e la planimetria della stazione di servizio redatta dal geometra COGNOME della società RAGIONE_SOCIALE proprietaria dell’area.
La terza censura denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si obietta che i giudici territoriali avrebbero omesso l’esame dei documenti prodotti ed elencati nel secondo motivo. Secondo la ricorrente l’esame di detti documenti avrebbe condotto il decidente ad escludere che nella fattispecie si potesse ravvisare la mancanza di adeguate indicazioni e documentazioni.
Con il quarto mezzo di ricorso, la società denuncia la violazione dell’art. 62, comma 2, dell’art. 3 del d.lgs. 507 del 1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; per avere il comune di Termoli erroneamente valutato la documentazione prodotta dalla società al fine di ottenere l’esclusione delle aree che per legge non rientravano tra quelle tassabili. Sostiene di aver prodotto la fattura emessa dalla società per lo smaltimento dei rifiuti, il documento di trasporto di materiali n. NUMERO_DOCUMENTO del 23 febbraio 2005 relativo all’acquisto di un diseolatore di piazzale e la relazione
tecnica funzionale da cui si rilevava che tale manufatto era in grado di servire l’intera area aziendale punto alla società richiama la giurisprudenza della Corte secondo la quale peraltro la produzione di rifiuti speciali non assimilabili esclude di per sé la società abilità attributo; sostiene che il d.lgs. 152 del 31 Aprile 2006 dichiara espressamente la pericolosità dei rifiuti trattati dalla ricorrente nello specifico idrocarburi, oli per motori, ingranaggi, imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminanti, di filtri dell’olio, così come da elenco istituito all’art. 1 lettera a) della direttiva 75/442/CEE, relativa ai rifiuti.
Il quinto strumento di ricorso deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia relativa alla deduzione proposta anche in sede di appello concernente la nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 7 della legge 212 del 2000; il motivo reca un sub motivo relativo .
La censura così articolata contiene, nella sua illustrazione, la deduzione del difetto di motivazione dell’avviso opposto poiché esso difetta , in quanto non è dato comprendere le ragioni per le quali l’elaborato del professionista di fiducia della società debba considerarsi tecnicamente recessivo rispetto all’accertamento dei ragionieri del comune. Si deduce ancora che il processo verbale di accertamento non costituisce una prova valida di quanto in esso affermato se non accompagnato da
ulteriori elementi gravi precisi e concordanti. Infine, si assume che l’avviso di accertamento limita la superficie non tassabile ad un’area di metri quadri 371, senza precisare quali aree sarebbero imponibili e quali sarebbero escluse dalla tassazione. Secondo la società, essa avrebbe richiesto all’amministrazione una copia informatizzata della dichiarazione originaria del 7 Febbraio 2002 dalla quale tuttavia si evincerebbe falsamente che la società avrebbe dichiarato di occupare solo i locali di metri quadri 135, disattendendo i contenuti dell’istanza relativa all’effettiva estensione dell’aria non imponibile. La Commissione tributaria regionale avrebbe completamente omesso di pronunciarsi suddette allegazioni.
6.Il sesto strumento di ricorso lamenta l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 7 della legge 212 del 2000, 3 della legge 241 del 1990, nonché degli articoli 2697 c.c., 1, comma 162, della legge 296 del 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; per avere i giudici tributari di secondo grado omesso di rilevare che l’avviso di accertamento impugnato era privo di motivazione non avendo indicato i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che le hanno determinato.
7. Il settimo strumento di ricorso prospetta la novità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. -omessa pronuncia; per avere il decidente omesso di esaminare le doglianze prospettate nel giudizio di appello con le quali la contribuente aveva dedotto la prescrizione del tributo per l’annualità 2003 in quanto inapplicabile l’art. 1, comma 161, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 invocato dall’ufficio nella premessa dell’avviso di accertamento virgola in quanto entrata in vigore il 1 gennaio 2007 e a tale data il rapporto di imposta tasso per l’annualità 2003 era già il era già definito per effetto dello spirare del termine di decadenza. Assume la contribuente che i giudici di secondo grado a non messo di
pronunciarsi sulla doglianza con la quale aveva dedotto che il sopralluogo non poteva essere effettuato se noi quando il contribuente ometteva di produrre la documentazione richiesta dal comune; Quindi l’accertamento in loco sarebbe stato legittimo solo in caso di mancato adempimento da parte del contribuente alle richieste di trasmissione di atti e documenti comprese le traiettorie dei locali e delle aree scoperte, atti che invece erano stati trasmessi al comune, come richiesto. Secondo la contribuente l’avviso di accertamento non consente di individuare quantificare i rifiuti ordinari e anche su questa censura il giudicante avrebbe visto di statuire.
8. L’ottava censura denuncia l’illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 73,comma 2, del d.lgs. 507 del 1993, nonché degli articoli 7 e 12 della legge 212 del 2000 e dell’art. 24 della costituzione virgola in relazione all’art. 360, primo comma di, n. 3, c.p.c.; nel caso si ritenesse l’implicito rigetto del precedente motivi da parte della commissione tributaria regionale, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 73 rubricato, il quale dispone che in caso di mancato adempimento da parte del contribuente alle richieste di cui al comma 1 nel termine concesso, gli agenti di polizia urbana o i dipendenti dell’ufficio comunale ovvero il personale incaricato della rilevazione della materia imponibile ai sensi dell’art. 71, comma 4, muniti di autorizzazione del sindaco e previo avviso da comunicare almeno 5 giorni prima della verifica possono accedere agli immobili soggetti alla tassa ai soli fini della rilevazione della destinazione della misura delle superfici. Sostiene la ricorrente che la fattispecie manca il presupposto richiesto dalla norma e che legittima tale procedura, avendo essa risposto tempestivamente alle richieste del comune depositando le planimetrie atlete dell’area occupata come didatta dal geometra COGNOME. Assume ancora che l’accesso effettuato dai dipendenti
comunali non è stato preceduto da alcun avviso con grave pregiudizio dei diritti dei pensili della contribuente può
9. L’ultimo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata nella parte relativa alle sanzioni, denunciando altresì la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c e dell’art. 76 del d.lgs. del 15 novembre 1993, n. 507 nonché dell’art. 12 del d.lgs. 472 del 97 e degli articoli 12 e 16 del d.lgs. 473 del 1997, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, c.p.c. Il ricorrente afferma di aver dedotto in grado d’appello che era da escludersi la sanzione prevista dall’art. 76 rubricato per tutte le annualità successive alla prima non trattandosi di un obbligo ripetitivo; la CTR avrebbe dovuto accogliere la tesi della contribuente secondo la quale l’ente locale non poteva erogare la medesima sanzione per dichiarazione infedele in riferimento a ogni anno oggetto di accertamento dal 2003 al 2008. In questo senso l’art. 10, comma due, della legge 212 del 2000 dispone che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente qualora il suo comportamento risulti posta in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti allietarvi o omissioni dell’amministrazione stessa; e, poiché l’ente impositore è rimasto inerte per ben sei anni ovvero fino al sopralluogo del 20 maggio 2008 e al successivo avviso di accertamento del 26 settembre 2008, sussisterebbero i presupposti per l’applicazione dell’art. 10 cit.
10.Le prime due doglianze sono fondate, assorbiti le restanti doglianze.
Per costante giurisprudenza, la mancanza o apparente motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od
obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n, 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627). Come chiarito ancor di recente da questa Corte ‘In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito’ (v. Cass. 3819 del 2020). È stato messo, inoltre, in evidenza dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016) che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.
10.1.Nella specie, i giudici territoriali dopo aver premesso, correttamente, che la produzione di rifiuti speciali tossici o nocivi non costituisce una causa di esclusione dall’imposta – dovendosi escludere dalla tassazione solo le superfici ove si producono esclusivamente rifiuti di siffatta natura- , ed aver individuato il soggetto su cui grava l’onere di provare la produzione esclusiva di detti rifiuti e le superfici dove esse sono prodotte, ha affermato che , aggiungendo che .
Ora a parte il rilievo che l’incidenza quantitativa dei rifiuti speciali rispetto ai restanti è del tutto irrilevante in materia di Tarsu, atteso che alla luce del d.lgs. n.507 del 1993, art. 62, comma 3, la tassa va rapportata alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producono rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinari (come certamente nella fattispecie, trattandosi di area destinata al passaggio di veicoli) con la conseguente esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali – effettivamente la rilevante laconicità con cui la corte territoriale ha ritenuto che vi fosse ancorchè fosse stata prodotta documentazione relativa alla delimitazione di superfici asseritamente si è tradotta in una strategia argomentativa totalmente inadatta a dar conto, in modo completo ed esauriente (e quindi
logicamente congruo), delle censure avanzate con riferimento, in particolare, alla presenza della denuncia originaria, del 7 Febbraio 2002, concernente i locali e le aree imponibili ai fini Tarsu nonché dell’istanza contestuale alla denuncia originaria, nella quale la parte chiedeva che venissero rettificate le superfici tassabili e la planimetria della stazione di servizio redatta dal geometra COGNOME della società RAGIONE_SOCIALE proprietaria dell’area, trascurando di considerare persino il verbale di sopralluogo da cui è scaturito poi l’avviso opposto.
In altri termini, la CTR ha respinto il ricorso sulla base di una presunta incertezza delle superfici, che, al contrario, erano state individuate da entrambe le parti del giudizio di merito, invece di valutare se la documentazione prodotta era idonea a dimostrare che sull’ampia area indicata dalla società (area di movimento veicoli) si producessero per struttura e destinazione esclusivamente rifiuti speciali. Nella specie, si deve concludere che la sentenza impugnata sia insufficiente sul piano della logica giuridica, contenendo una incomprensibile esposizione delle ragioni sottese all’accoglimento dell’appello (al di là di ogni considerazione sul piano della loro fondatezza in diritto); ne deriva che il decisum non rispetta in maniera congrua il canone del minimo costituzionale.
Alla stregua dei principi esposti, il ricorso deve essere accolto con riferimento alle prime due censure, assorbite le restanti; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata e, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso all’udienza del 28 febbraio 2024 della sezione tributaria