Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28317 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28317 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27064/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. ROMA n. 655/2019 depositata il 12/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Per l’anno di imposta 2004 la contribuente società RAGIONE_SOCIALE risultava non coerente con gli studi di settore in base ai redditi esposti nel Modello Unico 2005, dichiarando ricavi inferiori al livello di congruità previsto dallo standard di settore.
Ne seguiva quindi l’invio di questionario da parte dell’Ufficio per avere chiarimenti sulle ragioni di scostamento, cui veniva risposto evidenziando fra l’altro – che i beni strumentali erano costituiti da beni immobili, non considerabili ai fini del parametro di congruità.
Ne seguiva una riduzione della pretesa impositiva che veniva opposta in giudizio dalla parte contribuente, risultata soccombente in entrambi i gradi di merito, donde ricorreva per cassazione, lamentando vizi motivazionali della sentenza d’appello che veniv a cassata con rinvio.
Il giudizio proseguiva in riassunzione e si concludeva con sentenza di conferma della ripresa a tassazione.
Avverso questa sentenza propone ricorso la contribuente società, affidandosi a due strumenti, mentre l’Avvocatura generale dello Stato si è riservata di spiegare difese in udienza.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, dell’art. 39, primo comma, lett. d , d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 54 d.P.R. n. 633/1972 e degli articoli 2697, 2727 e 2729 del codice civile.
Nella sostanza si lamenta la violazione del sistema probatorio che conduce dalla presunzione alla prova nell’accertamento tributario tramite studio di settore, nonché violazione del sistema di riparto della prova nel giudizio tributario conseguente.
1.2. Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile, per vizio di motivazione ex art. 111 Costituzione, convertito in violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. e art. 118 delle relative disposi zioni di attuazione.
Nello specifico si lamenta motivazione meramente parvente.
Dev’essere esaminato con priorità il secondo motivo, attinente alla struttura della sentenza e, segnatamente, alla carenza di motivazione, poiché il suo accoglimento è suscettibile di definire il giudizio, assorbendo in sé ogni ulteriore censura di legittimità della sentenza in scrutinio.
Il motivo è fondato.
2.1. La sentenza in esame riassume i fatti salienti della vicenda processuale e svolge poi una motivazione che si profonde nella descrizione della valenza probatoria degli studi di settore, del relativo contraddittorio procedimentale, riportando orientamenti di questa Suprema Corte in ordine alla formazione progressiva della prova.
Ricorda quindi che l’Ufficio non ha proceduto a mera applicazione automatica dello strumento di accertamento standardizzato, ma ha espletato il relativo contraddittorio, dove la contribuente non ha fornito argomenti ulteriori a quelli che già hanno comportato una riduzione della pretesa tributaria prima dell’emanazione dell’atto impositivo.
La sentenza precisa di non tenere conto delle eccezioni proposte in memoria, poiché intempestive e inidonee ad ampliare il thema decidendum .
Non vi è traccia degli argomenti di critica alla sentenza di primo grado, né al materiale probatorio offerto da parte contribuente per elidere la pretesa impositiva, né vi è bilanciamento del compendio probatorio offerto dalle parti.
2.2. Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la
sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019).
Ricorre qui il primo caso, poiché la motivazione della sentenza in scrutinio si riduce in un ‘ astratta esposizione del funzionamento degli studi di settore, senza consentire di ricostruire l’argomentazione logica in base alla quale -nel concreto- le prove addotte dal privato, che non vengono neppure indicate, debbano essere considerate recessive rispetto alle presunzioni dello studio di settore.
2.3. Se è pur vero che al giudice non si chiede di confutare tutte le prove e le argomentazioni di parte, ma di esporre quelle che ritiene prevalenti, ritenendo implicitamente rigettate le altre, non di meno le ragioni prevalenti debbono essere compiutamente espresse ed esposte in sequenza logica, affinché possa ritenersi superato il ‘minimo costituzionale’ precitato in cui consiste la motivazione della sentenza.
Infatti, non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con
la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n.1537). Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).
2.4. Nel caso in esame non sussiste neppure una motivazione svolta per relationem .
Ed infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008). Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli
oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018).
Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
Merita annotare, in limine , che la sentenza in scrutinio non ha fatto buon governo delle indicazioni ricevute nel giudizio rescindente, che già aveva stigmatizzato l’assenza di motivazione, che viene qui ripetuta.
Ed infatti, all’esito del giudizio rescindente era stato detto ‘La sentenza impugnata è palesemente difforme da tutti tali principi di diritto, in quanto non ha puntualmente e motivatamente argomentato circa i rispettivi oneri probatori delle parti. In particolare, la CTR non ha compiuto l’analisi delle singole prove indiziarie allegate dalle parti, secondo il rispettivo onere, e quindi traendone una valutazione globale, ma si è limitata ad esprimere considerazioni meramente assertive e generiche sulle allegazioni difensive soprattutto della società contribuente, talché non ne risultano compiutamente esternate le ragioni meritali reiettive. Sotto quest’ultimo profilo la motivazione della sentenza impugnata non ha nemmeno considerato le ampie produzioni documentali della
ricorrente nè le sue critiche alla rielaborazione contabile effettuata dall’Ente impositore, limitandosi ad asserzioni apodittiche e generiche. Così facendo il giudice tributario di appello non ha assolto il proprio obbligo motivazione nel “minimo costituzionale” (cfr. Cass., V, n. 20371/2017, p. 5).
In definitiva il secondo motivo è fondato ed assorbente, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché prenda compiutamente posizione sul materiale probatorio offerto dalle parti e, criticamente compendiatolo, giunga ad una decisione motivata di prevalenza in un senso o nell’altro.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 09/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME