Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34518 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34518 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 145/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA, SEZIONE STACCATA DI LIVORNO, n. 874/23/15 depositata il 19 maggio 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
All’esito di attività di verifica culminata nella redazione del processo verbale di constatazione del 30 settembre 2011, la Direzione
Provinciale di Livorno dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME Andreina COGNOME, titolare della ditta , esercente attività di ristorazione, un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito d’impresa, il valore della produzione netta e il volume d’affari dichiarati dal contribuente in relazione all’anno 2008, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.
I maggiori ricavi da assoggettare a imposizione, quantificati in 149.511 euro, erano determinati dall’Ufficio in base al cd. ‘tovagliometro’, metodo di accertamento analitico -induttivo fondato sulla presunzione che a un certo numero di tovaglioli di stoffa o di carta lavati o utilizzati corrisponda un pasto consumato.
La COGNOME Riva impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, rideterminava i maggiori ricavi da tassare in 116.611 euro.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, che con sentenza n. 874/23/15 del 19 maggio 2015 rigettava l’appello della contribuente.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 1 e 36 del D. Lgs. n. 546 del
1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..
1.1 Si sostiene che la decisione resa dalla CTR risulterebbe corredata di una motivazione solo apparente, risolventesi nel rinvio «per relationem» alla sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360 comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si rimprovera al collegio di secondo grado di aver reputato legittimo l’utilizzo da parte dell’Amministrazione Finanziaria del metodo di accertamento analitico -induttivo, ex art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, pur in assenza di irregolarità riscontrate nella contabilità della contribuente.
2.2 Viene, al riguardo, posto in evidenza che in corso di causa la RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto un prospetto dettagliato dal quale si evinceva che ad ogni transazione contestata dall’Ufficio corrispondeva un determinato scontrino fiscale.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione o falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.
3.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto tardivo il deposito della documentazione offerta in giudizio dalla contribuente, sull’implicito presupposto che la stessa non fosse stata esibita nella pregressa fase amministrativa, sebbene nessun invito fosse stato rivolto in tal senso alla Da Riva da parte degli accertatori.
Con il quarto motivo, pure ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene fatta valere la .
4.1 Viene imputato alla Commissione regionale di aver erroneamente ritenuto legittimo l’accertamento tributario condotto
dall’Ufficio con il metodo del cd. , in quanto basato su un unico elemento extracontabile (numero di tovaglioli utilizzati nell’attività di ristorazione) di per sé solo insufficiente a fondare la presunzione di maggiori ricavi, tanto più se i dati ottenuti dalla sua applicazione sono posti a confronto con quelli ricavabili dal ricorso al diverso criterio del cd , incentrato sul calcolo del consumo d’acqua «pro capite» .
Con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., sono lamentate la violazione o falsa applicazione degli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost. e dell’art. 2697 c.c., nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1 e 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..
5.1 Si assume che la decisione adottata dalla CTR si porrebbe in contrasto con le , non essendo state valutate le difese svolte e la documentazione prodotta dalla contribuente a sostegno delle sue ragioni.
Con il sesto mezzo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 7 e 10 della L. n. 212 del 2000.
6.1 Si argomenta che la pronuncia in esame risulta affetta da nullità anche per aver ritenuto legittima la modifica della motivazione dell’avviso di accertamento operata nel corso del giudizio di primo grado dall’Agenzia delle Entrate, la quale, nell’atto di controdeduzioni ex art. 23, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, aveva su studi di settore, ai sensi dell’art. 62 -sexies , comma 3, del D.L. n. 331 del 1993, convertito in L. n. 427 del 1993.
6.2 Viene, inoltre, sottolineato che la Da Riva aveva comunque dimostrato l’infondatezza delle nuove contestazioni mosse dall’Ufficio in ordine alla pretesa antieconomicità della gestione
dell’impresa nel periodo oggetto di verifica, producendo documentazione dalla quale si evinceva che le perdite di esercizio registrate negli anni dal 2005 al 2008 erano addebitabili a una contingente situazione di difficoltà finanziaria determinata dall’effettuazione di un cospicuo investimento e dalla notoria crisi economica nazionale che aveva investito tutti i settori commerciali.
Il primo motivo può essere esaminato insieme al quinto, nella parte in cui denuncia la violazione degli artt. 1 e 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., attesa la loro stretta connessione.
7.1 La censura è fondata è il suo accoglimento assorbe le restanti doglianze
7.2 Giova rammentare che, a sèguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del cd. ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, numero 4) c.p.c. -di ‘mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’ e di ‘motivazione perplessa od incomprensibile’; con la precisazione che l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo del provvedimento impugnato, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis , Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014).
7.3 In particolare, si definisce ‘apparente’ la motivazione che, sebbene riconoscibile sotto il profilo materiale e grafico come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, rivelandosi obiettivamente inidonea a far conoscere l’iter logico seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, sì da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ad opera dell’interprete, al quale non può essere lasciato il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2767/2023, Cass. n. 6758/2022, Cass. n. 13977/2019, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. Sez. Un. n. 16599/2016).
7.4 Per quanto qui particolarmente interessa, è stato puntualizzato che deve considerarsi nulla la sentenza d’appello motivata ‘per relationem’ a quella di primo grado, qualora la laconicità del percorso argomentativo svolto dal giudice superiore non consenta di appurare che alla condivisione della pronuncia impugnata egli sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass. n. 22022/2017, Cass. n. 14877/2020, Cass. n. 6626/2022, Cass. n. 2763/2023, Cass. n. 15978/2024).
7.5 Ciò posto, va notato che la CTR toscana ha così giustificato il rigetto dell’appello proposto dalla COGNOME avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto solo in parte le sue ragioni: «Questo Collegio, visti gli atti del procedimento e, in specie, il P.V.C. del 30/9/2011, osserva che le argomentazioni dell’Ufficio appaiono solide e (di) difficile contestazione. La successiva produzione di ricevute e POS non tempestivamente sottoposte ai funzionari in sede di verifica appare del tutto insufficiente a superare la prova delle irregolarità contestate. Queste, del resto, giustificano il ricorso, da parte dell’Ufficio, all’accertamento ex art. 39 del D.P.R. n. 600/73. Legittima è anche la prova per presunzioni con riferimento al c.d. ‘tovagliometro’. D’altronde, osserva il
Collegio che la sentenza di primo grado va immune da vizi, specie se si consideri che, a fronte delle specifiche e circostanziate contestazioni mosse dall’Ufficio, la contribuente ha fornito solo opinioni e deduzioni senza supporto probatorio. Preme qui evidenziare che, in presenza di non coerenza e non congruità con gli studi di settore, il contribuente è ammesso a fornire prova dei motivi di detto discostarsi, ma occorre che la prova sia fondata su fatti o atti sulla cui esistenza non sussistono dubbi. Nel caso in esame, viceversa, la parte privata non ha fornito altro che proprie opinioni, la cui valenza probatoria è pressochè nulla» .
7.6 Come risulta evidente dal tenore delle surriportate proposizioni, la sentenza ora al vaglio della Corte è caratterizzata da una motivazione solo parvente, la quale si sostanzia in un’acritica condivisione del ragionamento posto a base del «dictum » di primo grado, non sorretta da un nuovo e autonomo esame delle censure svolte dalla parte impugnante, di cui neppure è stato illustrato il contenuto.
7.7 Invero, in essa non viene affatto spiegato: -per quale motivo la documentazione prodotta in giudizio dalla contribuente, neppure sommariamente indicata, risulterebbe «del tutto insufficiente a superare la prova delle irregolarità contestate» ; -perché le dette irregolarità giustificherebbero il ricorso da parte dell’Ufficio al metodo di accertamento analitico -induttivo ex art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973 basato sul cd. ; -donde si ricaverebbe che le contestazioni mosse dalla Da COGNOME all’accertamento tributario costituiscano mere .
7.8 In definitiva, la pronuncia gravata prescinde da una reale disamina delle doglianze sollevate dalla parte appellante, non opera alcun concreto e specifico riferimento alle emergenze processuali e si risolve in una sequenza di proposizioni generiche, assertive e anapodittiche, sì da non consentire alla Corte un effettivo controllo
circa l’esattezza e la logicità del percorso logico -giuridico seguìto dai giudici a quibus (cfr. Cass. n. 6626/2022, Cass. n. 22022/2017).
7.9 Tanto determina la nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 36, comma 2, n. 4) del D. Lgs. n. 546 del 1992, norma speciale del processo tributario che nel giudizio civile ordinario trova il suo corrispondente nell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c..
Per quanto precede, va disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia fornendo congrua motivazione.
8.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e, per quanto di ragione, il quinto motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione