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Motivazione apparente: sentenza fiscale annullata

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato una sentenza favorevole a due società di navigazione riguardo a delle agevolazioni Ires e Irap. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della corte d’appello perché basata su una motivazione apparente: i giudici di secondo grado avevano fondato la loro decisione su norme relative all’IVA, un’imposta del tutto estranea all’oggetto del contendere. Questo vizio radicale, che impedisce di comprendere l’iter logico-giuridico della decisione, ha comportato la nullità della sentenza e il rinvio della causa a un nuovo giudice.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando una Sentenza è Nulla Anche se Scritta

Una sentenza può essere annullata non solo per errori nel merito, ma anche per vizi formali così gravi da renderla incomprensibile. È il caso della motivazione apparente, un difetto che si verifica quando il ragionamento del giudice è totalmente slegato dai fatti di causa. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito questo principio fondamentale, cassando una sentenza tributaria la cui motivazione era del tutto inconferente con l’oggetto del giudizio.

I Fatti del Caso: Agevolazioni Fiscali e Controlli

Il caso nasce da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due società di navigazione e dei loro soci. L’amministrazione finanziaria contestava l’indebita fruizione di agevolazioni fiscali su Ires e Irap per l’anno d’imposta 2015.

Le agevolazioni in questione erano previste per le navi iscritte al Registro Internazionale. Secondo l’ente accertatore, le navi della flotta aziendale, impiegate in servizi di “cabotaggio Off Shore” nell’Adriatico, non possedevano i requisiti per beneficiare del regime di favore. L’accertamento, per un importo complessivo di oltre 135.000 euro tra imposte, sanzioni e interessi, veniva quindi impugnato dalle società contribuenti.

Lo Svolgimento del Processo e la Decisione d’Appello

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado davano ragione ai contribuenti, accogliendo i loro ricorsi. La decisione dei giudici d’appello, in particolare, confermava la sentenza di primo grado.

Contro questa pronuncia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio radicale: la sentenza d’appello era affetta da nullità per motivazione apparente.

Il Vizio della Motivazione Apparente della Sentenza Impugnata

Il motivo del ricorso dell’Agenzia era tanto semplice quanto dirompente. La Corte di secondo grado, per motivare la sua decisione, aveva fatto esclusivo riferimento a una normativa, l’art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972, che disciplina l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).

Il problema? Il contenzioso non riguardava l’IVA, ma le imposte dirette, ovvero Ires e Irap. La motivazione era, quindi, completamente “avulsa rispetto all’oggetto del contendere”, non avendo individuato né l’imposta oggetto di accertamento né la normativa concretamente applicabile al caso di specie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Gli Ermellini hanno ricordato che si è in presenza di una motivazione apparente quando questa, pur essendo graficamente esistente, “non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento”.

In pratica, una motivazione è apparente quando è talmente generica, contraddittoria o, come in questo caso, inconferente da non consentire alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice. Citando precedenti delle Sezioni Unite, la Corte ha specificato che questa anomalia integra un “error in procedendo” che comporta la nullità della sentenza.

Nel caso esaminato, la Corte territoriale non si era confrontata con i motivi di appello e aveva fondato la sua decisione su una disposizione del tutto estranea alla materia del contendere. Le argomentazioni erano palesemente inconferenti con la normativa e le questioni di diritto controverse, rendendo la motivazione solo apparente e, di conseguenza, la sentenza nulla.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il merito della controversia, questa volta fornendo una motivazione pertinente e comprensibile, e dovrà anche provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Questa pronuncia sottolinea un principio cardine dello stato di diritto: ogni provvedimento giurisdizionale deve essere sorretto da un percorso logico-giuridico chiaro e verificabile, a garanzia delle parti e della corretta applicazione della legge.

Quando una motivazione di una sentenza si definisce “apparente”?
Si definisce apparente quando, pur essendo presente nel testo, è composta da argomentazioni così contraddittorie, generiche o inconferenti con l’oggetto della causa da non rendere comprensibile il ragionamento logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione.

Qual era l’errore commesso dalla Corte di Giustizia Tributaria nel caso specifico?
L’errore è stato quello di fondare integralmente la propria decisione su una norma relativa all’IVA (art. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972), mentre la controversia riguardava esclusivamente imposte dirette come l’Ires e l’Irap, rendendo la motivazione del tutto estranea alla materia del contendere.

Qual è la conseguenza di una sentenza con motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza. Questo vizio costituisce un “error in procedendo” che porta la Corte di Cassazione ad annullare (cassare) la decisione e a rinviare il caso a un altro giudice dello stesso grado per un nuovo esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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