Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25750 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25750 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11988/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE con l’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE ENTRATE, con l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Emilia -Romagna, sede in BOLOGNA n. 2765/2017 depositata il 16/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il 21 aprile 2004 UniCredit S.p.A. ha presentato un’istanza all’Agenzia delle Entrate di Bologna per ottenere il rimborso di oltre 2,5 milioni di euro, versati a titolo di acconto per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio-lungo termine per il secondo semestre del 2002. La Banca ha motivato la richiesta con la cessione, dal 1° luglio 2002, del ramo d’azienda relativo a tali finanziamenti alla controllata UniCredit Banca S.p.A., con conseguente venir meno dell’obbligo tributario.
Nel 2010 (e quindi dopo sei anni circa) , l’Agenzia ha risposto con un provvedimento che sospendeva il rimborso, citando genericamente la presenza di numerosi carichi pendenti e suggerendo la possibilità di fornire una fideiussione o di autorizzare la compensazione del credito con ruoli affidati ad Equitalia. La Banca ha allora richiesto una precisa indicazione di tali pendenze per poter prestare adeguata garanzia, ma l’Ufficio non ha risposto. Di conseguenza, UniCredit ha impugnato il provvedimento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna.
La Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, con sentenza n. 80/11/2013, ha respinto il ricorso presentato da UniCredit, ritenendo legittima la sospensione del rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate. Secondo la CTP, l’ ufficio erariale aveva correttamente applicato le norme richiamate nel provvedimento impugnato e aveva dimostrato l’esistenza di contenziosi pendenti tra le parti, relativi ad avvisi di accertamento con sanzioni di importo complessivo superiore alla somma richiesta a rimborso.
Parte contribuente ha interposto appello e la Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello di UniCredit, confermando la sentenza di primo grado che riteneva legittima la sospensione del rimborso da parte del l’Agenzia delle Entrate. Il Collegio ha giudicato fondate le motivazioni dell’Ufficio, basate sulla presenza di carichi pendenti superiori all’importo richiesto
e ancora non definiti. Ha ritenuto corretta l’applicazione degli articoli 69 del R.D. 2440/1923 e 23 del D.Lgs. 472/1997, sostenendo che il fermo amministrativo può essere adottato anche in presenza di crediti non ancora esigibili ma supportati da un fondato motivo giuridico. Inoltre, ha rilevato che UniCredit non aveva mai effettivamente presentato la fideiussione proposta.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 4 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per apparenza della motivazione e violazione degli artt. 132 c.p.c., comma primo, n. 4 c.p.c., dell’art. 118, comma primo, disp. att. c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
1.1. In sostanza si censura la sentenza impugnata sia sotto il profilo dell’insussistenza grafica della motivazione (risultando l’ illustrazione delle ragioni di rigetto d ell’ appello troncata di netto tra la pagina 3 e la pagina 4 della sentenza), sia sotto il profilo della apparenza della stessa (risolvendosi nell’espressione di una serie di frasi di stile, del tutto disancorate dal merito dei motivi di appello sottoposti all ‘esame del giudice), sia infine sotto quello della contraddittorietà radicale della motivazione stessa (avendo la sentenza affermato come sussistenti circostanze di fatto che la stessa motivazione, poche righe dopo, smentisce radicalmente).
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 69 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, dell’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, degli artt. 1241 -1252
e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. e all’art. 62 del d.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
La sentenza impugnata viene contestata nella parte in cui il giudice di appello, chiamato a valutare la legittimità di un provvedimento di fermo amministrativo con cui l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha sospeso l’erogazione di un rimborso spettante al contribuente, ha reputato sufficiente ai fini della validità del provvedimento che l’ufficio allegasse le pretese ragioni di credito, senza dare dimostrazione dell’effettiva sussistenza del fumus boni iuris mediante la produzione di documenti che lo comprovino, e lo ha ritenuto dispensato dal provare l’attualità delle esigenze cautelari (nonostante la parte abbia dimostrato il sopravvenire di fatti che in ogni caso tali esigenze escludono) e la proporzionalità della misura adottata rispetto ad altre che avrebbero comportato un minor sacrificio dei diritti del contribuente (il quale, di contro, aveva offerto garanzia fideiussoria a tutela delle pretese ragioni di credito erariale in sostituzione del fermo amministrativo adottato dall’Ufficio).
Con il terzo motivo di ricorso, si contesta la nullità della sentenza per violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
La CTR avrebbe erroneamente sussunto nella regola processuale di non contestazione una circostanza di fatto (la sussistenza di carichi pendenti a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie di ammontare superiore rispetto a quello del rimborso oggetto di fermo) che è stata in realtà specificamente contestata dalla Banca nel suo atto di appello, addirittura con la rituale produzione della sentenza resa in diverso giudizioche dichiara l’insussistenza di tali carichi.
Con il quarto motivo di ricorso, infine, si deduce l’ o messo esame di fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
I giudici di appello avrebbero pretermesso l’esame dei numerosi documenti, ritualmente prodotti agli atti del giudizio, con cui la Banca ha dimostrato l’insussistenza, in tutto o in parte, delle ragioni di credito addotte dall’Ufficio a giustificazione del provvedimento di sospensione oggetto del presente giudizio.
La censura formulata nel primo motivo va accolta.
La motivazione è senz’altro monca e non termina con l’esposizione di una conclusione ma solo con l’esposizione dei principi giuridici e delle massime giurisprudenziali che tale conclusione dovrebbero sorreggere.
Si è trattato presumibilmente di un taglio involontario della motivazione, come reso evidente dalla incompletezza della frase ‹‹L’appellante formula l’ipotesi che tale fideiussione non sia stata presentata perché; “…. sembra emergere invece che l’Ufficio richieda non solo il pagamento di’›› in fondo a pagina 3 della decisione.
La mancanza della ulteriore parte della frase ed il mancato sviluppo del ragionamento -che non è quindi dato sapere come sia stato effettivamente argomentato -sono circostanze idonee a determinare l’apparenza della motivazione, che non risulta comprensibile, in quanto mancante anche dal punto di vista grafico.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, il fatto che la frase troncata fosse estrapolata da un atto difensivo della stessa ricorrente non elimina la lacuna argomentativa, facendo comunque difetto l’esposizione delle considerazioni dec isorie che, dal passaggio testuale solo parzialmente riportato, il collegio regionale ha tratto; considerazioni che non appaiono altrimenti ricostruibili.
6.1. Va rammentato che per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto,
poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^- 5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354).
6.2. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la motivazione è in parte mancante.
6.3. La sentenza è quindi nulla ai sensi dell’art. 360 c. I n. 4 c.p.c.
Il motivo è quindi fondato e la censura va accolta.
Gli altri motivi risultano assorbiti
In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento al primo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della del l’Emilia -Romagna, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della del l’Emilia -Romagna, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità. Così deciso in Roma, il 16/09/2025 .
Il Presidente NOME COGNOME