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Motivazione apparente: sentenza fiscale annullata

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale a causa di una motivazione apparente. I giudici d’appello avevano riformato una decisione favorevole ai contribuenti senza però spiegare le ragioni concrete della loro scelta, limitandosi a formule generiche. Questo vizio, equiparabile a una totale assenza di motivazione, ha portato alla cassazione della sentenza con rinvio per un nuovo esame del merito.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando il Giudice non Spiega Davvero il Perché della Decisione

Una sentenza deve sempre essere motivata. Non è solo un requisito formale, ma una garanzia fondamentale per il cittadino, che ha il diritto di comprendere l’iter logico-giuridico che ha portato un giudice a decidere in un certo modo. Ma cosa succede quando la motivazione c’è, ma è solo di facciata? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna sul concetto di motivazione apparente, un vizio grave che rende la sentenza nulla. Approfondiamo questo caso per capire le implicazioni pratiche di questo principio.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a due contribuenti, ritenuti responsabili di violazioni tributarie commesse nell’ambito di una società. L’accertamento mirava a recuperare imposte dirette e IVA per l’anno 2008.
I contribuenti impugnano l’atto e, in primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale dà loro ragione, annullando l’avviso per un vizio di notifica e assorbendo le altre questioni. L’Agenzia delle Entrate, però, non si arrende e propone appello.
In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale ribalta completamente la decisione: accoglie l’appello dell’Agenzia, considera valida la notifica e, nel merito, ritiene fondate le pretese fiscali. A questo punto, i contribuenti ricorrono per Cassazione, lamentando, tra i quattordici motivi, la nullità della sentenza d’appello proprio per la sua motivazione apparente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte accoglie il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbendo tutti gli altri. La sentenza d’appello viene cassata, ovvero annullata, e la causa viene rinviata a un’altra sezione della Commissione Tributaria Regionale per essere decisa nuovamente.
Il cuore della decisione risiede nel riconoscimento che la motivazione dei giudici d’appello, pur esistendo formalmente, era in realtà vuota di contenuto sostanziale, rendendo impossibile comprendere il ragionamento seguito.

Le Motivazioni: Il Vizio della Motivazione Apparente

La Cassazione spiega che, dopo la riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., il controllo sulla motivazione è limitato al “minimo costituzionale”. Ciò significa che la sentenza può essere annullata non per una semplice insufficienza di motivazione, ma solo quando la motivazione è del tutto assente o è, appunto, apparente.
Una motivazione apparente si verifica quando:
– È una mera parvenza, utilizzando formule di stile o frasi generiche.
– Presenta un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
– È perplessa e obiettivamente incomprensibile.

Nel caso specifico, i giudici d’appello si erano limitati a una frase stereotipata, affermando che “il ricorso in appello di parte pubblica deve essere accolto” e che l’atto impositivo doveva essere dichiarato legittimo. Tuttavia, non hanno speso una sola parola per spiegare perché le censure mosse dai contribuenti fossero infondate o per quale ragione le pretese dell’Ufficio fossero legittime. La Corte d’appello ha di fatto omesso di esaminare i motivi di impugnazione, limitandosi a un’adesione acritica alla tesi dell’Agenzia delle Entrate.
Questo, secondo la Cassazione, non permette di ricostruire il percorso logico che ha portato alla decisione. Anche se una sentenza può essere motivata per relationem (facendo riferimento ad altri atti), il giudice deve comunque dare conto delle ragioni che lo hanno portato a confermare o riformare una decisione, specialmente in risposta ai specifici motivi di appello.
La mancanza di questa analisi trasforma la motivazione in un guscio vuoto, violando il diritto delle parti a una decisione comprensibile e giustificata.

Conclusioni: L’Obbligo di una Giustizia Comprensibile

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale deve essere trasparente e comprensibile. Non basta che un giudice scriva “la parte ha torto”, ma deve spiegare chiaramente perché ha torto, confrontandosi con le argomentazioni presentate. La motivazione apparente non è un tecnicismo, ma una lesione del diritto di difesa e del principio del giusto processo. Per i cittadini e i professionisti, questa pronuncia è un’importante conferma del fatto che si può e si deve esigere dai giudici una motivazione reale, che entri nel merito delle questioni e non si nasconda dietro formule di rito.

Cos’è la ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
È una motivazione che esiste solo formalmente ma che, a causa della sua genericità, contraddittorietà o incomprensibilità, non permette di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dal giudice per giungere alla decisione. È considerata equivalente a una totale assenza di motivazione.

Una sentenza d’appello può limitarsi a confermare la decisione di primo grado senza aggiungere altro?
No. Sebbene la motivazione possa fare riferimento a quella della sentenza di primo grado (per relationem), il giudice d’appello deve comunque dare conto, anche sinteticamente, delle ragioni per cui ha ritenuto infondati i specifici motivi di impugnazione presentati dall’appellante. Non può aderire acriticamente alla decisione precedente.

Cosa succede se la Corte di Cassazione rileva il vizio di motivazione apparente?
La Corte di Cassazione cassa (annulla) la sentenza impugnata e rinvia la causa al giudice del grado precedente (in questo caso, la Commissione Tributaria Regionale) affinché emetta una nuova decisione, questa volta fornendo una motivazione completa ed effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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