Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7136 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7136 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
Transfer pricing- Motivazione apparente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18489/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, dalla quale è difesa ope legis ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Emilia -Romagna n. 31/2016 pubblicata in data 15 gennaio 2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nell ‘ udienza pubblica del 4/03/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il PM, in persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l ‘accoglimento del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura generale dello Stato;
udito l’avv. NOME COGNOME per la società contribuente.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso contro l’avviso di accertamento n. THL031102125/2011, emesso a seguito di una verifica fiscale conclusa con un p.v.c., con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a imposizione Ires, Irap e Iva per l’anno 2007.
L’avviso di accertamento conteneva plurimi rilievi sia a fini Ires e Irap che a fini Iva ed in particolare, per quanto rileva in tale giudizio, una ripresa in forza dell’art. 110 t.u.i.r., avendo l’ufficio recuperato i prezzi di cessione di beni in favore di una società consociata spagnola in base al loro valore normale; due riprese in materia di Iva, per la mancata esibizione della documentazione doganale relativa a cessioni all’esportazione, in violazione degli artt. 8 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, e per l ‘ emissione di fatture per cessioni intracomunitarie carenti dei presupposti per la non imponibilità, in violazione dell’art. 41 del d.l. n. 331 del 1990.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna rigettava, in relazione a tali riprese, l’appello erariale proposto contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Parma che aveva, in parte qua , accolto il ricorso della società contribuente.
Contro tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi.
La società resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il ricorso è stato fissato per l ‘udienza pubblica del 4 marzo 2025, per la quale il PM ha depositato memoria con cui ha chiesto pronunciarsi l’accoglimento del primo e assorbente motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere, in relazione alla generica eccezione proposta dalla società controricorrente, che il ricorso è stato tempestivamente proposto entro il cd. termine lungo di sei mesi ai sensi dell’a rt. 327 c.p.c. (la sentenza è stata pubblicata in data 15/01/2016 e il ricorso avviato alla notifica il 15/07/2016).
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce la nullità della sentenza per motivazione inesistente perché meramente apparente e contenente affermazioni inconciliabili in violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ovvero gradatamente con riferimento al rilievo sub 1 ai fini Iva, dell’articolo 112 c.p.c.
2.1. Il motivo, che risulta assolvere agli oneri di specificità, alla luce della puntuale riproduzione sia del contenuto dell’avviso di accertamento che della sentenza di primo grado e dell’appello erariale, è fondato sia in relazione alla ripresa in tema di transfer pricing che in relazione alle due riprese Iva.
Ed infatti, «quando si impugna una motivazione per relationem enunciata dal giudice d’appello con l’indicazione della condivisione dell’affermazione del primo giudice che si è fatta propria, spetta al ricorrente in cassazione, come logica conseguenza dell’onere di specificazione del motivo e di adempimento dell’onere di cui all’art. 366
n. 6 cod. proc. civ., non solo identificare il tenore della motivazione del primo giudice che ha giustificato l’affermazione condivisa dal giudice d’appello, ma anche indicare quali critiche erano state rivolte ad essa con l’atto di appello. E’ palese che la ritualità della motivazione per relationem non si può apprezzare senza conoscere quel tenore e quelle critiche» (Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074; seguita da questa sezione in Cass. 23/02/2022, n. 6063; Cass. 12/03/2021, n. 6998; Cass. 02/10/2020, n. 21099).
2.2. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della
decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
2.3. In relazione alla prima questione, l’ufficio aveva ripreso a tassazione i maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni alla controllata spagnola RAGIONE_SOCIALE, rideterminati al valore normale, ai sensi degli artt. 110, comma 7, e 9, comma 3, t.u.i.r., valore normale individuato partendo dal prezzo praticato nei confronti di altre società comunitarie; la società in sede di verifica aveva allegato che lo scarto del prezzo era giustificato da una serie di elementi e precisamente dal riconoscimento di uno sconto volumi del 12% dovuto alla mole di acquisti effettuata dalla controllata, dal risparmio del 10% derivante dalla mancata applicazione alla società spagnola di oneri di commercializzazione, dall’elevato grado di concorrenza esistente sul mercato spagnolo, dal riconoscimento di uno sconto trattativa medio del 20%, dall’ulteriore abbattimento del prezzo del 33% che serviva a coprire le spese che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto sostenere per seguire direttamente il mercato in Spagna, dalla ulteriore circostanza che le macchine vendute in Spagna erano del tipo base con configurazioni più semplici che non necessitavano di omologazione metrica dell’ Unione europea; già in sede di accertamento l’ufficio aveva ritenuto fondato il rilievo relativo al risparmio del 10% derivante dalla mancata applicazione alla società estera di oneri di commercializzazione ma aveva contestato che tutte le altre deduzioni difensive erano prive di adeguato supporto probatorio documentale.
Tale questione era stato oggetto anche del giudizio di primo grado nel quale la CTP nel dare ragione alle tesi difensive aver ritenuto che questo appare «dalla documentazione in atti».
Emerge dagli atti che fin dall’accertamento e poi in corso di causa la questione controversa fosse data non dall’astratta validità delle tesi difensive della società ma dalla esistenza e verifica della documentazione a supporto delle medesime.
A fronte dello specifico motivo di appello proposto dall’ufficio ed inerente proprio all’assenza di adeguata documentazione a supporto delle tesi difensive, la CTR si limitava a concordare con le valutazioni del primo grado, ripetendo che «la questione inerente alla fatturazione con valore normale per i beni ceduti alla consociata spagnola è stata sufficientemente chiarita dalla ricorrente che i beni hanno goduto di un minor ricarico tenendo conto dei minori oneri sopportati nella produzione e nella commercializzazione dei beni ceduti rispetto alla vendita ad altri clienti UE» e che «detta situazione è stata provata dalla documentazione allegata».
La CTR, oltre a dare specifico rilievo a un elemento difensivo, quello relativo agli oneri di commercializzazione dei beni ceduti, già ritenuto rilevante in sede di accertamento, e quindi in realtà escluso dalla causa, sul punto specifico oggetto di lite, e cioè che esistesse o meno una documentazione a supporto di quanto affermato dalla società in merito agli sconti praticati e agli elementi giustificativi del minor prezzo, ha reso una motivazione meramente apparente limitandosi a richiamare altrettanto generica motivazione sul punto della CTP.
2.4. Il motivo è fondato anche in relazione ai due rilievi in tema di Iva ove la (duplice) ripresa era annullata in base alla sola affermazione per cui «la stessa situazione risulta per i beni non assoggettati ad Iva in quanto destinati ad altro stato estero UE, l’esportazione è stata
sufficientemente provata dalla documentazione in atti», con motivazione che peraltro non tiene conto del fatto che le riprese erano due e fondate su diverse ragioni (cessioni all’esportazione e cessioni intracomunitarie non imponibili).
2.5. In entrambi i casi quindi si tratta di motivazione basata su un’affermazione generale e astratta che non consente alcun controllo sulla esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, a differenza di altri casi citati in memoria, non consentendo di capire le ragioni per cui il mero richiamo ai chiarimenti forniti dalla società e alla documentazione dalla stessa prodotta sia sufficiente a confutare le contestazioni della difesa erariale.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art . 110, comma 7, dell’art. 9, comma 3, d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 , in combinato disposto con l’art. 2697 c.c.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 41 del d.l. n. 331 nel 1990, anche in relazione all’art. 2697 c.c.
3.1. I due motivi restanti sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.
Concludendo, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e il terzo. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame della fattispecie. Alla Corte di secondo grado è altresì rimessa la regolazione delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘ Emilia-Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame della fattispecie, cui demanda altresì di provvedere sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 4 marzo 2025.