Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 883 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 883 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4338/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 3160/2015 depositata il 09/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE esponeva in ritardo la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2006, tanto da dover
essere considerata come omessa, risultando altresì priva della compilazione dei quadri Iva.
Veniva pertanto inviato questionario alla parte contribuente, con richiesta altresì di fornire documenti contabili. Dopo una prima istanza di differimento nella consegna della documentazione richiesta, nulla veniva offerto in produzione, donde l’Ufficio procedeva alla ricostruzione con metodo induttivo del reddito imponibile.
Spiccava ricorso avanti il giudice di prossimità ambrosiano la parte contribuente, trovando parziale accoglimento delle proprie ragioni. L’Ufficio promuoveva impugnazione e altrettanto faceva la parte contribuente per i capi di propria soccombenza.
Il collegio d’appello dichiarava di accogliere parzialmente le ragioni della parte pubblica e rigettava il ricorso incidentale della parte privata.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi a due strumenti, mentre è rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 112 e 132, secondo comma, numero 4, del codice di procedura civile, nonché dell’articolo 118 delle disposizioni di attuazione del medesimo codice di rito, nonché degli articoli 18, 36 secondo comma numero 4, 53, 54 e 61 del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico si lamenta motivazione contraddittoria ed illogica.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione degli articoli 2424, 2425 e 2697 del codice civile, degli articoli 31, 37, 39 secondo comma, 40, 41 e 43 del DPR numero 600
del 1973, dell’articolo 25 del decreto legislativo numero 446 del 1997, dell’articolo 83 e 109 del DPR numero 917 del 1986.
Nello specifico si lamenta che siano state confuse le poste del conto economico con lo stato patrimoniale, ritenendo intoccabile la posta attiva come risultante nell’anno di esercizio 2005.
Il primo motivo è fondato ed assorbente.
Si lamenta che la sentenza in esame sia intrinsecamente contraddittoria, laddove dichiara parzialmente fondato il ricorso dell’Ufficio e poi giunge ad una quantificazione dell’imponibile che è addirittura inferiore a quella individuata dal giudice di primo grado, con una sorta di reformatio in peius vietata dal nostro ordinamento. Altresì si lamenta che la medesima sentenza per un verso dichiari l’accertamento come induttivo puro, mentre poche righe dopo affermi non essere certa la modalità di accertamento adottata, potendo essere analitica pura, induttiva o analitico-induttiva. Ancora, si lamenta trattarsi di sentenza palesemente apodittica laddove ammette senza argomentare la deducibilità del valore del terreno su cui è stato costruito l’immobile, individuandolo in euro
134.500,00.
E infine la sentenza viene censurata come manifestamente illogica, laddove afferma la deducibilità della somma di €.1.070.000,00 perché proveniente da anno di imposta ormai definitivo e perché figurante nello stato patrimoniale al 31/12/2005. Errato sarebbe il riferimento allo stato patrimoniale, piuttosto che alla dichiarazione dei redditi, considerando che lo stato patrimoniale non è oggetto di scrutinio da parte dell’Amministrazione finanziaria e quindi non può essere considerato come elemento non contestato nel relativo anno d’imposta.
Giudice del fatto processuale, questa Suprema Corte di legittimità riscontra nella sentenza in scrutinio i lamentati profili di vizio, laddove a fronte del dichiarato fondamento parziale dell’appello si giunge ad una quantificazione addirittura inferiore a quella del primo
grado, come se fosse stato accolto l’appello incidentale della parte privata. Altresì risultano non motivate le affermazioni di deducibilità, il carattere dubitativo fino a giungere all’irriducibile contraddizione di affermazioni fra loro in contrasto, laddove si tratta del metodo di ricostruzione del reddito, da un lato affermato come certamente di natura induttiva, dall’altro ritenendolo incerto fra induttivo, analitico e analitico -induttivo.
Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018). Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Tale è il caso di specie, donde il primo motivo è fondato e deve essere accolto.
Il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte del primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito per la riedizione del giudizio alla luce dei principi sopra enucleati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Lombardia -Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.