Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4660 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18496/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA CORSO TRIESTE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 97/2021 depositata il 05/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME era attinto da avviso di accertamento sull’anno d’imposta 2012, segnatamente per non aver esposto compensi ricevuti dalla ditta RAGIONE_SOCIALE induttivamente accertati mediante strumenti presuntivi quali lo spesometro, per essere rimasto privo di esito il tentativo di confronto procedimentale, non avendo il contribuente aderito all’invito a comparire, che egli peraltro affermava essergli stato tardivamente notificato.
Nello specifico, l’Ufficio individuava ritenute d’acconto versate nel suo interesse dalle predette due società sull’anno 2022, senza riscontro della relativa fattura che si presumeva non emessa. La parte contribuente affermava -per contro- essere tali ritenute relative a prestazioni maturate a fatturate nel 2011, la cui ritenuta era slittata nel 2022.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente, donde ricorre con un unico motivo l’Agenzia delle entrate, cui replica l’avvocato NOME COGNOME con tempestivo controricorso, nonché spiegando ricorso incidentale affidato a quattro strumenti cassatori. Il ricorso era chiamato avanti la VI sezione di questa Corte all’adunanza del 28 settembre 2022, in prossimità della quale la parte contribuente aveva depositato memoria e dove l’affare è stato rinviato a nuovo ruolo, per riformulazione della proposta.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso principale.
Con l’unico motivo di impugnazione principale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 115 e 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. per essere la motivazione meramente apparente, inesistente o comunque gravemente illogica.
Vengono proposti quattro motivi di ricorso incidentale
Con il primo motivo di ricorso incidentale (violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato in merito a quanto dedotto dal contribuente con il primo motivo di appello”) la parte contribuente rileva la nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra la deduzione del motivo di gravame in ordine alla compensazione delle spese e quanto statuito sul punto dalla sentenza di appello.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale (violazione dell’ad 2909 c.c. 324 c.p.c. e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., riguardo al giudicato interno intervenuto tra le parti a seguito dell’omessa contestazione, da parte dell’Agenzia, della deduzione del Ric. 2021 n. 18496 sez. MT – ud. 28-09-2022 -3- contribuente attinente alla tardività della notifica dell’invito al contraddittorio rispetto alla data di convocazione) la parte contribuente ritiene nulla la sentenza per contrasto con il giudicato interno maturato in ordine alla data di notifica dell’invito al contraddittorio.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale (nullità della sentenza per motivazione apparente: violazione o falsa applicazione degli articoli 36 comma 2 e 61 del d. Igs. n. 546/1992, degli artt. 115 e 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c), la parte contribuente censura la sentenza siccome fondata su motivazione meramente apparente.
Con il quarto motivo di ricorso incidentale (violazione dell’art 6 L. 212/2000 e del principio di ricettizietà degli atti tributari in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) la parte contribuente ritiene la sentenza viziata per avere la Corte territoriale disatteso i principi posti dallo Statuto del contribuente e dalla giurisprudenza della Cassazione in tema di ricettizietà degli atti tributari.
In via preliminare occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla parte contribuente. Si afferma la violazione dell’art. 348 bis c.p.c. per ‘doppia conforme’ della
pronuncia sul merito, affermando siasi stata proposta doglianza formalmente ai sensi del n. 4, al solo fine di aggirare il divieto di proposizione di una doglianza sostanzialmente ex n. 5, che non possono essere proposte in caso di ‘doppia conforme’, cioè quando ii gradi di merito abbiano deciso allo stesso modo e con analoga ratio . Giudice del fatto processuale e detentore del potere di qualificazione della domanda, questa Suprema Corte di legittimità, ritiene che il motivo non introduca surrettizia censur a ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in commento, poiché la censura si dirige direttamente a criticare l’apparato motivo della sentenza in scrutinio, non l’omissione dell’esame di un singolo fatto, ancorché essenziale. Il motivo di doglianza è specifico e quindi supera il vaglio dell’art. 348 ter c.p.c., parimenti invocato da parte contribuente.
Il ricorso principale può dunque essere scrutinato.
In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., va esaminato ed accolto il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, la cui fondatezza assorbe (pressoché) ogni altra questione dibattuta fra le parti. La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: “a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.” (Cass. V, n. 363/2019; Cass. n. 11458/2018; Cass. n. 12002/; Cass. S.U. n. 9936/2014).
Nelle quindici righe in cui si sostanzia la motivazione della sentenza in scrutinio, circa l’impugnazione erariale, il collegio d’appello non si confronta con i motivi di gravame, affermando che l’Ufficio nulla dice
ed obietta in ordine alla circostanza dedotta dal contribuente di non aver percepito alcun compenso nell’anno 2012. Al contrario, negli atti processuali dei gradi di merito -opportunamente riprodotti da pag. 12 a pag. 15 del ricorso per cassazione- si evidenziano le doglianze dell’Ufficio circa i redditi maturati nel 2010 e 2011, i profili di irregolarità delle fatture, il fondamento sui dati acquisiti dalla parte contribuente, in replica al mancato riscontro dei modelli 770 delle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’incongruenza fra compensi dichiarati come ricevuti da RAGIONE_SOCIALE nel 2010 e compensi integrali maturanti in quello stesso 2010 che risultano inferiori a primi, la differenza di somme percepite nel 2010 e quelle percepite nel 2012 che, quindi, non possono essere le stesse.
Altresì, nelle righe dedicate all’impugnazione di parte contribuente, la sentenza in scrutinio non si confronta con la doglianza di giudicato in ordine alla tardività dell’invito a comparire ed alla relativa notifica. Devesi ricordare che non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020). Nel caso in esame, tuttavia, non si può far ricorso a tale criterio ermeneutico, non potendosi individuare a contrariis la presa di posizione del giudicante sulle eccezioni di parte. Al contrario, deve ribadirsi essere ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza
allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018). Né soccorre il riferimento motivazionale alla sentenza di primo grado. Infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n.
21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
In definitiva, il ricorso principale e quello incidentale sono fondati, per le ragioni attinte dal ricorso principale e dal secondo motivo del ricorso incidentale, rimanendo assorbiti gli altri motivi, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice d i merito perché svolga gli accertamenti in fatto che gli competono, anche con riguardo ai motivi dichiarati assorbiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 15/01/2025.