Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25851/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale eletto all’indirizzo PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore centrale protempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della Calabria – SEZ.DIST. REGGIO CALABRIA – n. 1031/2022 depositata il 22/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Con l’avviso n. TD7010201398/2013, relativo all’anno d’imposta 2008, l’Ufficio, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d, del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 633/72, in applicazione dello studio di settore VK18U applicabile ratione temporis in relazione all’attività svolta (professione di architetto), accertava in capo al signor NOME COGNOME maggiori compensi e un maggior volume d’affari, intimando il pagamento di euro 7.135,00 a titolo di maggiori imposte, oltre sanzioni, interessi e spese per complessivi euro 14.970,84.
Il ricorso proposto dal contribuente è stato accolto in primo grado dalla CTP di Reggio Calabria, con la sentenza n. 192 del 13/01/2016.
Al contrario, la CTR della Calabria -Reggio Calabria, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, ha ritenuto la fondatezza dell’appello proposto dall’Ufficio.
Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione l’Agenzia, sulla scorta di un motivo di impugnazione, mentre l’ufficio si è limitato a depositare mero atto di costituzione in vista dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
È stata, quindi, fissata adunanza camerale per il 20.05.2025, in vista della quale il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria -Reggio Calabria, n. 1031/2022, depositata il 22.03.2022 e non notificata, si fonda sul seguente motivo di doglianza, di seguito schematicamente riportato:
Violazione ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 36 del D. Lgs. n. 546/92 -mancata specificazione delle richieste delle parti – mancata esposizione dello svolgimento del processo -mancata esposizione dei motivi in fatto e diritto -motivazione apparente.
Tale motivo di impugnazione risulta, altresì, fondato.
Si è correttamente affermato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Sez. 1, ord. n. 1986 del 28/01/2025 – Rv. 673839 – 01).
Trattasi di affermazione del tutto consolidata, a partire almeno dall’arresto nomofilattico reso da Sez. U, sent, n. 22232 del 03/11/2016, secondo cui, appunto, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tale una motivazione caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate,
utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione). Nello stesso senso, anche Sez. 6 – 5, ord. n. 13977 del 23/05/2019 e Sez. 6 – 1, ord. n. 6758 del 01/03/2022.
Pertinente anche quanto statuito da Sez. L, ord. n. 3819 del 14/02/2020: ‘In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito. (Nella specie, relativa ad un giudizio avente ad oggetto l’impugnativa avverso un licenziamento intimato ad un lavoratore per soppressione del posto determinata da riorganizzazione aziendale, la RAGIONE_SOCIALE ha cassato la sentenza nella quale, da un lato, si era dato atto del positivo accertamento della predetta riorganizzazione senza, però, l’indicazione delle prove in base alle quali risultava la dimostrazione della effettività della stessa e, dall’altro, non erano state considerate alcune circostanze addotte dal lavoratore – oggetto di discussione tra le parti e risultanti dalla sentenza impugnata -decisive ai fini del riscontro circa la sussistenza, o meno, del giustificato motivo oggettivo del recesso)’.
Nel caso di specie la decisione, dopo aver riassunto in appena poche righe il precedente grado di giudizio (non riportando la posizione difensiva delle parti né le conclusioni della sentenza appellata, neppure in sintesi), contiene le seguenti affermazioni apodittiche: ‘la decisione di primo grado ha fatto uso non corretto ed appropriato dei principi che governano rispettivamente la posizione dell’Amministrazione e del contribuente con specifico riferimento agli studi di settore’. Ancora: ‘se pure è vero che la
prova delle rispettive posizioni può essere data con elementi espressi (anche nel contenuto) a forma libera, non v’è dubbio che tali elementi devono essere (anche nella loro valenza presuntiva) certi, pertinenti, fondanti e con sufficiente capacità argomentativa. In ogni caso devono essere espliciti ed esplicitati’.
Appare evidente che simili affermazioni costituiscono frasi di contenuto astratto, prive di ogni specifico riferimento agli atti e ai documenti versati in giudizio, risultando perciò utilizzabili in plurimi contesti e senza addentellati concreti con il caso, non esaminando in modo specifico i motivi di gravame, né raffrontandoli con le argomentazioni e gli accertamenti contenuti nella decisione di primo grado, favorevole al contribuente. Né è certo sufficiente che la motivazione, in un passaggio successivo, si limiti a rinviare ad una massima di legittimità in tema di studi di settore.
Addirittura, in un passaggio successivo si afferma testualmente: ‘Ebbene, con tale dato (che la motivazione non esplicita, n.d.r.) non si è con il quale la CTR non si era confrontata ai fini della sussunzione della fattispecie nelle previsioni di legge. In presenza di tali elementi di fatto, idonei a fondare presunzioni gravi precise e concordanti, doveva essere il contribuente a dover fornire giustificazione e non, come ritenuto dal giudice d’appello, l’Agenzia a dover fornire ulteriori elementi’.
Trattasi anche in questo caso di frasi stereotipate, nelle quali la CTR ha addirittura confuso il ruolo decidente della CTP con il proprio, finendo letteralmente per addebitare a se stessa una erronea applicazione delle disposizioni in tema di valutazione della prova per presunzioni basata su fatti che non vengono esplicitati.
Del resto, il tema della prova documentale fornita dal contribuente al fine di dimostrare la peculiarità della propria posizione professionale e l’inapplicabilità automatica degli studi di settore che era stata invece accertata in primo grado -non è stato per nulla indagato né raffrontato con l’impugnazione svolta dall’ufficio,
fondandosi in definitiva la decisione di secondo grado su una motivazione del tutto apparente.
Ne consegue, pertanto, l’accoglimento del motivo di ricorso.
3. La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Calabria affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso tenendo conto dei principi in tema di studi di settore e relativi oneri probatori che il S.C. ha più volte espresso (vds. Sez. 5, ord. n. 40936 del 21/12/2021, per cui in tema di accertamento tributario mediante studi di settore, ai fini del riparto degli oneri probatori, grava sul contribuente l’onere di allegare, ed anche di provare ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre sull’ente impositore quello di dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento; cfr. altresì Sez. 5, ord. n. 24931 del 18/08/2022, secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica
realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo). Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2025