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Motivazione Apparente: Sentenza Annullata in Appello

Una società produttrice di ceramiche ha impugnato un avviso di accertamento fiscale. La Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello limitandosi a copiare la motivazione della sentenza di primo grado. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, definendola viziata da “motivazione apparente”, poiché il giudice d’appello non ha esaminato criticamente i motivi specifici sollevati dall’appellante, violando l’obbligo di fornire una giustificazione autonoma e comprensibile.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: perché una sentenza ‘copia-incolla’ è nulla

Il diritto a una decisione giusta passa anche attraverso il diritto a una decisione comprensibile e ben argomentata. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: una sentenza non può limitarsi a copiare le motivazioni di un’altra decisione. Quando ciò accade, si cade nel vizio di motivazione apparente, con la conseguenza della nullità della sentenza stessa. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento fiscale notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società specializzata nella produzione di ceramiche artistiche. L’ente impositore, utilizzando un metodo di accertamento analitico-induttivo, contestava alla società un maggior reddito per l’anno 2007, recuperando a tassazione oltre 96.000 euro a fini IRES, IRAP e IVA.

La società ha impugnato l’atto impositivo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo l’importo accertato. Insoddisfatta, l’azienda ha proposto appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Quest’ultima, però, ha respinto l’appello, confermando la decisione di primo grado.

La decisione d’appello e il ricorso in Cassazione

Contro la sentenza della CTR, la società ha presentato ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi. Il motivo principale, che si è rivelato decisivo, riguardava la nullità della sentenza d’appello per motivazione omessa o, appunto, apparente.

In sostanza, la società ha sostenuto che i giudici d’appello non avessero realmente esaminato le critiche mosse alla sentenza di primo grado, ma si fossero limitati a riprodurre pedissequamente la motivazione del primo giudice. La CTR aveva liquidato i motivi d’appello in modo sbrigativo, senza un’autonoma e critica disamina delle censure sollevate dalla contribuente.

Le motivazioni della Cassazione: il vizio di motivazione apparente

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto agli altri. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: si ha motivazione apparente quando il ragionamento del giudice, pur esistente graficamente, non permette di comprendere l’iter logico che ha portato alla decisione.

Nel caso specifico, la Corte ha riscontrato che la CTR si era limitata a un’operazione di mero ‘copia-incolla’ della motivazione della sentenza di primo grado, seguita da una generica condivisione della stessa. Questo modo di procedere, secondo la Cassazione, non assolve all’obbligo costituzionale di motivare i provvedimenti giurisdizionali (art. 111 Cost.). Il giudice d’appello ha il dovere di confrontarsi con i motivi di gravame, esplicitando le ragioni per cui li ritiene infondati. Non può semplicemente ‘sposare’ la tesi del primo giudice senza darne conto in modo autonomo.

Questa grave anomalia motivazionale, che si traduce in una violazione delle norme processuali (art. 36 D.Lgs. 546/1992 e art. 132 c.p.c.), impedisce alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo sulla logicità e correttezza della decisione. Di conseguenza, la sentenza è stata dichiarata nulla.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia. Il nuovo giudice dovrà riesaminare l’appello della società, questa volta fornendo una motivazione congrua ed effettiva, che si faccia carico di rispondere puntualmente alle censure sollevate.

Questa ordinanza è un importante monito per i giudici di merito sull’importanza di redigere motivazioni che siano non solo presenti, ma anche sostanziali, chiare e capaci di dare conto del percorso decisionale seguito, soprattutto in risposta alle specifiche argomentazioni delle parti.

Cos’è una ‘motivazione apparente’ in una sentenza?
È una motivazione che, sebbene esista materialmente nel testo della sentenza, non permette di comprendere le ragioni effettive e il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. Si tratta di una motivazione solo di facciata, che non adempie alla sua funzione di spiegare e giustificare il provvedimento.

Un giudice d’appello può confermare una sentenza di primo grado semplicemente copiandone la motivazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un’operazione di ‘copia-incolla’ della sentenza di primo grado, senza un’autonoma e critica disamina dei motivi di appello, configura un vizio di motivazione apparente. Il giudice d’appello ha l’obbligo di confrontarsi con le censure dell’appellante e di esplicitare le ragioni per cui le ritiene infondate.

Quali sono le conseguenze di una sentenza con motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza. Questo vizio, infatti, viola il requisito fondamentale della motivazione previsto sia dal codice di procedura civile che dalla Costituzione. La parte soccombente può quindi impugnare la sentenza in Cassazione, che, se accerta il vizio, annullerà la decisione e rinvierà la causa a un altro giudice per un nuovo esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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