Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18728 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18728 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
Motivazione per relationem
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31269/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COFIN DI RAGIONE_SOCIALE, incorporata nella RAGIONE_SOCIALE COGNOME , rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al controricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio RAGIONE_SOCIALE in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 152/2018, depositata il 22 marzo 2018, non notificata; udita la relazione della causa, nell’ adunanza camerale del 6 giugno 2025, del consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate -Direzione provinciale di Isernia emetteva un avviso di accertamento , per l’anno di imposta 2009, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE contestandole un maggior reddito di euro 300.446,00 determinato in parte dalla indebita deduzione di costi per euro 291.281,64 relativi a prestazioni rese alla società da parte della RAGIONE_SOCIALE, sua controllante, ed in parte residua per costi non inerenti o privi del requisito di competenza.
In conseguenza di tale rettifica l’Agenzia delle entrate emetteva altro avviso per l’anno 2009 in capo alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, socia della RAGIONE_SOCIALE per l’88%, riprendendo un maggior reddito di impresa pari ad euro 127.446,00 derivante dai maggiori utili accertati a carico della RAGIONE_SOCIALE, da ritenersi distribuiti ai soci come reddito di capitale; emetteva altresì separati atti impositivi a carico di COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME soci a loro volta della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 5 t.u.i.r.
Contro tali atti impositivi la società RAGIONE_SOCIALE e i soci proponevano distinti ricorsi che la Commissione tributaria provinciale (CTP) di Isernia , disattesa l’istanza di sospensione o riunione con il giudizio avente ad oggetto l’accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, rigettava, evidenziando la mancanza di inerenza dei costi sostenuti da quest’ultima.
La RAGIONE_SOCIALE e i soci proponevano unico atto di appello contro tutte le sentenze, gravame che la Commissione tributaria regionale del Molise (CTR) accoglieva.
In particolare i giudici evidenziavano che la questione doveva essere necessariamente risolta con riferimento a quanto statuito dalla stessa CTR in relazione al giudizio incardinato dalla sRAGIONE_SOCIALE ove, con sentenza n. 1142/02/2017, era stato accolto l’appello di quest’ultima, annullando l’accertamento effettuato in relazione all’annualità 2009 da cui discendeva l’insussistenza di un maggior reddito attribuibile alla RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto l’inesistenza del maggior reddito attribuito alla RAGIONE_SOCIALE e poi ai soci di quest’ultima; ciò rendeva superfluo l’esame di ogni ulteriore questione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, sulla base di due motivi, cui resistono con controricorso la società e i soci.
L a causa è stata fissata per l’adunanza camerale del 6 giugno 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la difesa erariale deduce la violazione dell’art. 295 c.p.c. in quanto la CTR avrebbe dovuto sospendere il giudizio in pendenza del contenzioso pregiudiziale relativo all’accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, evidenziando altresì che la sentenza emessa nei confronti della medesima richiamata dalla CTR è stata oggetto di ricorso per cassazione.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la difesa erariale deduce la violazione dell’art. 36 d. lgs. n. 546 del 1992, dolendosi della nullità della sentenza per motivazione apparente, in quanto essa si limita a richiamare
l’avvenuto annullamento dell’accertamento societario ma senza esporre i contenuti e gli aspetti condivisi dal giudice, a tal fine riproducendo poi i motivi di ricorso contro la sentenza di appello relativa alla RAGIONE_SOCIALE
Preliminarmente va rigettata l’istanza di trattazione congiunta del presente giudizio con quello iscritto al n. 16488/2018, relativo alla società RAGIONE_SOCIALE in quanto quest’ultimo risulta deciso con decreto presidenziale di estinzione n. 3597/2025 del 10/02/2015, in ragione della intervenuta definizione agevolata di cui all’art. 1, commi 186 e ss. della legge n. 197 del 2022.
Sempre preliminarmente occorre evidenziare che i soci COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno depositato copia delle domande di definizione agevolata (relative agli avvisi di accertamento n n. finali 577, 578, 579, indicati nell’epigrafe della sentenza quali atti impugnati) ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. n 136 del 2018, cui sono allegate le ricevute di presentazione e le quietanze di pagamento della prima rata.
Non risulta che entro il termine del 31 luglio 2020 (art. 6, comma 12, d.l. n. 119 del 2018 conv. dalla l. n. 136 del 2018) l’Agenzia delle entrate abbia notificato il diniego relativo alle domande di definizione né entro il termine del 31 dicembre 2020 risulta presentata alcuna istanza di trattazione.
Da tali circostanze deriva l’estinzione del processo in relazione agli avvisi emessi nei loro confronti ai sensi dell’art. 6, comma 13, d.l. n. 119 del 2018.
Questa Corte ha costantemente escluso che gli effetti della definizione agevolata di cui si sia avvalsa la società di persone si estendano automaticamente al socio destinatario di un separato atto impositivo, atteso che, nonostante il modello unitario di rettifica, la pretesa tributaria si articola attraverso distinti avvisi (in tal senso,
Cass. 13/11/2024, n. 29285; Cass. 15/07/2020, n. 15076; Cass. 24/12/2020, n. 29503) né del resto agli atti risulta formulata alcuna istanza di segno diverso.
Ciò rende necessario l’esame del ricorso relativamente all’avviso di accertamento emesso nei confronti della s.RAGIONE_SOCIALE, ricorso, come visto, affidato a due motivi.
Sul punto vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso perché esso, a differenza di quanto dedotto dai controricorrenti, espone chiare censure in diritto, peraltro di carattere processuale, sulle quali questa Corte è anche giudice del fatto.
5 . Il primo motivo, relativo all’omessa sospensione del processo di appello, ritenuta necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in relazione al processo avente ad oggetto l’accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, da cui hanno origine gli avvisi impugnati nel presente giudizio, è infondato.
Questa Corte, in plurime occasioni, ha già affermato che tale disposizione è applicabile solo nel caso di giudizi pendenti in primo grado e non ove sia stata già emessa una sentenza. Diversamente, come accade nel caso di specie, ove la stessa risulti già definita in secondo grado, non vi è spazio per la sospensione necessaria del giudizio pregiudicato, ma semmai per l’applicazione della sospensione facoltativa prevista dall’art. 337, secondo comma, c.p. c., che appunto regola l’ipotesi in cui il suddetto rapporto riguardi una causa ormai pendente in sede d’impugnazione. Ed infatti Qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente permane fintanto che la causa pregiudicante penda in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se conformarsi alla predetta decisione, sciogliendo il vincolo necessario della sospensione, ove una parte del
giudizio pregiudicato si attivi per riassumerlo, ovvero attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato, mantenendo lo stato di sospensione (ovvero di quiescenza) attraverso però il ricorso all’esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall’art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che tale sentenza possa essere riformata o cassata (Cass. 23/03/2022, n. 9470; Cass. 24/06/2024, n. 17323; Cass. 29/03/2023, n. 8885) Tale affermazione deriva dal principio per cui il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario della lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado (così Cass., Sez. U., 19/06/2012, n. 10027 confermata da Cass., Sez. U., 29/07/2021, n. 21763, che ha precisato altresì che nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati opera il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c.; in tali sensi anche Cass. 04/01/2019, n. 80).
Trovando poi applicazione, come detto, il disposto di cui all’art. 337 c.p.c., si configura un’ipotesi di sospensione facoltativa, che poggia non sull’autorità di giudicato ma sulla mera autorità della pronuncia, la quale, ancor prima e indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo. Si deve in proposito chiarire che il mancato esercizio del potere discrezionale in questione non può essere in nessuna guisa equiparato alla violazione dell’obbligo di sospensione, invocato nel motivo in esame, di talché il motivo che deduce la violazione di quest’ultimo non può essere interpretato come ricomprendente anche la mancata sospensione facoltativa, che come detto ha ad oggetto una valutazione ben differente, basata sulla valutazione prognostica positiva o negativa circa la fondatezza
dell’impugnazione della pronuncia della cui autorità si tratta, come ricordato dalla giurisprudenza riportata (in tal senso di recente Cass. 25/03/2024, n. 7952; Cass. 3/12/2024, n. 30919).
Occorre appena evidenziare poi che, come segnalato nel par. 2, il giudizio pregiudiziale è stato dichiarato estinto a seguito di definizione agevolata.
Il secondo motivo, con cui si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente, è fondato.
Giova ricordare che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. Sez. U., 4/06/2008, n. 14814) allorchè il medesimo organo giudicante si trovi a pronunciare contestualmente più decisioni in rapporto di consequenzialità necessaria, ed in particolare di pregiudizialità reciproca, la motivazione utilizzata può essere redatta per relationem rispetto ad un’ altra sentenza assunta simultaneamente, purchè la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, occorrendo, invece, che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa – anche se connessa – causa sub iudice , in modo da consentire, poi, anche la verifica della compatibilità logico-giuridica dell’innesto motivazionale.
Da tale principio è scaturito il formante giurisprudenziale secondo il quale la motivazione deve essere «autosufficiente», nel senso che dalla lettura della stessa, e non aliunde , deve essere possibile rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno a base della decisione. Fino a quando non si formi il giudicato, la decisione produce effetti soltanto all’interno di ciascun separato, distinto processo. L’indipendenza dei rispettivi processi (da non confondere con la eventuale dipendenza dei rapporti dei quali si controverte in ciascun processo) rende necessario che ciascuno approdi ad una
propria decisione, sorretta da motivazione che non sia eterodipendente, ma autonoma ed autosufficiente.
La sentenza è, quindi, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (fra le altre, Cass. 08/01/2015, n. 107; Cass. 06/12/2022, n. 35883; Cass. 06/07/2022, n. 21443; Cass. 13/05/2022, n. 15342; Cass. 10/01/2022, n. 459; Cass. 14/04/2025, n. 9709).
Nel caso in esame, la CTR ha accolto i ricorsi, limitandosi a dar conto dell’esistenza della suddetta pronuncia favorevole alla RAGIONE_SOCIALE senza neppure esporne il contenuto e senza alcun apprezzamento o vaglio critico delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti.
L’errore in cui è incors a la CTR risiede quindi nel fatto di aver ritenuto sufficiente la mera esistenza della sentenza di accoglimento pregiudiziale, pur non passata in cosa giudicata, per motivare la fondatezza dei ricorsi e nell’aver adottato una decisione non basata su una autonoma valutazione dei fatti esaminati e delle soluzioni accolte nell’altro giudizio, incorrendo nel vizio denunciato. Orbene, dalla sentenza impugnata non è dato comprendere il ragionamento che ha condotto il giudice di appello a ritenere l’illegittimità della pretesa oggetto della causa, se non la connessione fra il contenzioso pendente e quello già deciso, che però viene richiamato acriticamente.
7. In relazione al governo delle spese, a i sensi dell’art. 6, comma 13, del d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. n. 136 del 2018, le spese relative alle posizioni estinte rimangono a carico delle parti che le hanno sostenute.
Le spese del rapporto processuale relativo alla società sono rimesse al giudice del merito.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio in relazione agli avvisi di accertamento emessi nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME Vincenzo, COGNOME NOME;
accoglie nel resto il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere in merito alle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2025.