Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22734 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
COGNOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, n. 8660/17/2023, depositata in data 30 ottobre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate notificava a NOME COGNOME titolare di ditta artigiana esercente l’attività di costruzione ed edile in genere, l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, con il quale rideterminava per l’anno 2009, ai sensi dell’a rt. 39, comma 2,
Oggetto: IRAP 2009 – Ricavi non dichiarati – Costi non deducibili – Motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9817/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
lett. d-bis, d.P.R. n. 600/1973, il reddito di impresa in euro 154.828,00 (a fronte di euro 18.665,00 dichiarati) ai fini IRPEF ed il valore della produzione in euro 157.685,00 ai fini IRAP.
L’avviso faceva seguito alla mancata produzione, da parte del contribuente, della documentazione richiesta con apposito questionario dall’Ufficio ed inerente i costi portati in detrazione nel Modello Unico 2010 ed IRAP 2010.
Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, deducendo la violazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, stante l’omessa notifica del questionario e, per l’effetto, l’inapplicabilità della preclusione prev ista dalla citata norma.
Il giudice di primo grado rigettava il ricorso.
Il contribuente interponeva gravame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania (d’ora in poi, per brevità, CGT), chiedendo la riforma della decisione di prime cure.
La CGT accoglieva l ‘appello , avendo il contribuente depositato in sede di gravame la documentazione ‘coerente con le scritture contabili’.
Per la cassazione della citata sentenza l’Ufficio ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Il contribuente è rimasto intimato.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l’adunanza camerale del 4 luglio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Ufficio denuncia la «nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e 36, comma 2, n 4, DLgs n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. ».
Lamenta, in particolare, che la CGT avrebbe ritenuto, con motivazione apparente, illegittimo l’accertamento operato dall’Ufficio alla luce della documentazione prodotta in sede di appello dal contribuente; inoltre, con motivazione incoerente, avrebbe
demandato all’Ufficio l’esame della detta documentazione e della correttezza della deduzione del costo in questione.
Il motivo è fondato.
1.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (cfr., per tutte, Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla
motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
1.2. Nella specie la CGT , dopo aver dato atto che l’avviso di accertamento conseguiva al mancato riconoscimento di costi esposti in dichiarazione, a seguito della mancata esibizione – nella fase precontenziosa ed in primo grado -della documentazione comprovante gli stessi, ha riformato la sentenza di primo grado, così motivando: ‘ la documentazione in questione è stata prodotta nella presente sede dall’appellante e appare pienamente coerente, sul piano formale, con le scritture contabili. Risulta pertanto privo di presupposto l’accertamento operato dall’amministrazione senza alcuna deduzione dei costi d’impresa’.
Trattasi, all’evidenza, di affermazioni, apodittiche ed assertive, che non consentono in alcun modo di verificare le ragioni che hanno indotto la CGT a ritenere la documentazione prodotta dall’appellante idonea a comprovare l’effettività dei costi riportati nella dichiarazione; nella sentenza non si fa cenno a tipologia e natura di detta documentazione; addirittura si rimanda all’Ufficio una nuova valuta zione della stessa: ‘l’amministrazione potrà, se del caso, valutare la correttezza sostanziale delle deduzioni di costo in questione, attraverso un rinnovato e motivato esercizio della sua potestà impositiva’.
In altri termini, la CGT d apprima ritiene che l’avviso di accertamento sia illegittimo sulla base di una non meglio indicata documentazione depositata dal contribuente in appello, successivamente rimette all’Ufficio una nuova valutazione di detto materiale in termini di correttezza della deduzione dei costi in
questioni, sostanzialmente annullando il proprio giudizio svolto immediatamente prima.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento degli altri due , con i quali l’Agenzia ha dedotto, rispettivamente, la violazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 19, 22, 24, 32 e 58 d.lgs. n. 546/1992.
In definitiva, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri due; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame ed alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri due;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame ed alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 luglio 2025.