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Motivazione apparente: sentenza annullata dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della commissione tributaria regionale per motivazione apparente. Il giudice di secondo grado, in sede di rinvio, non aveva seguito le indicazioni della Suprema Corte riguardo la valutazione della deducibilità di un costo contestato dall’Agenzia delle Entrate. La Corte ha ribadito che il giudice del rinvio deve esaminare nel merito le questioni indicate, senza limitarsi a motivazioni generiche o elusive, riaffermando l’onere della prova a carico del contribuente.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione apparente: quando la sentenza non sta in piedi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale del nostro sistema giuridico: ogni decisione di un giudice deve essere sorretta da una motivazione chiara, logica e completa. Quando ciò non avviene e ci si trova di fronte a una motivazione apparente, la sentenza è invalida e destinata ad essere annullata. Questo è quanto accaduto in un complesso caso tributario che ha visto contrapposte l’Agenzia delle Entrate e una nota società del settore dell’orologeria, in merito alla deducibilità di alcuni costi.

I Fatti: Una Lunga Controversia Fiscale

Tutto ha inizio con una verifica fiscale per l’anno 2002, al termine della quale l’Amministrazione Finanziaria contesta alla società la deducibilità di cinque diverse tipologie di costo. La società impugna l’avviso di accertamento e ottiene una vittoria parziale in primo grado.

La vicenda si complica in appello, dove la Commissione Tributaria Regionale (CTR) annulla completamente l’atto impositivo. L’Agenzia delle Entrate non si arrende e ricorre in Cassazione, contestando la decisione limitatamente a uno dei cinque rilievi: la deducibilità di un costo per una consulenza relativa a modelli di orologi per il mercato americano. La Suprema Corte accoglie il ricorso, ritenendo la motivazione della CTR inadeguata, e rinvia la causa alla stessa commissione regionale per un nuovo esame.

Ed è qui che si verifica il punto cruciale: nel giudizio di rinvio, la CTR annulla nuovamente l’atto, ma con una motivazione che la Cassazione definirà, nel secondo ricorso, come ‘meramente apparente’.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte accoglie il nuovo ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa per la seconda volta la decisione della CTR e rinvia nuovamente la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per un terzo giudizio di merito. La Corte ha ritenuto che il giudice del rinvio non abbia adempiuto al suo compito, ignorando le precise indicazioni fornite nella precedente sentenza di Cassazione.

Le Motivazioni: Perché una Motivazione Apparente Invalida la Sentenza?

Il cuore della decisione risiede nella violazione, da parte della CTR, dei doveri imposti al giudice del rinvio. La Cassazione aveva precedentemente stabilito che la semplice produzione di una fattura pagata non fosse sufficiente a dimostrare la deducibilità di un costo, specialmente a fronte di plurimi elementi contrari sollevati dall’Amministrazione Finanziaria. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto rinnovare il giudizio sul punto, esaminando in modo specifico e complesso tutti gli elementi offerti dall’ufficio per dimostrare la natura fittizia dell’operazione.

Invece, la CTR si è limitata a una frase generica, affermando di non riscontrare nell’atto di appello dell’Ufficio ‘motivi che possano far propendere in una rivisitazione in merito ed in diritto della sentenza di primo grado’, senza entrare nel merito delle questioni e senza considerare le indicazioni della Cassazione. Questo comportamento si traduce in una motivazione apparente, che è equiparabile a una motivazione del tutto assente.

La Corte Suprema ha sottolineato che il giudice d’appello non può limitarsi a un acritico riferimento alla pronuncia di primo grado, ma deve condurre un’analisi autonoma e completa, specialmente quando è vincolato dai principi di diritto enunciati in sede di legittimità.

Le Conclusioni: L’Obbligo di Motivazione nel Giudizio di Rinvio

Questa ordinanza ribadisce con forza due principi cardine del processo tributario:
1. L’onere della prova: Spetta al contribuente dimostrare i fatti che danno diritto alla deduzione di costi o oneri. La prova deve essere rigorosa e non può limitarsi a meri documenti formali se la loro sostanza è contestata.
2. Il dovere di motivazione del giudice: Una sentenza, specialmente in sede di rinvio, deve dare conto in modo esplicito e logico del percorso argomentativo seguito per giungere a una decisione. Ignorare le indicazioni della Corte di Cassazione e rifugiarsi in formule di stile generiche costituisce un vizio grave che porta all’annullamento della sentenza, con un inevitabile allungamento dei tempi della giustizia.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
Si tratta di una motivazione che, pur essendo graficamente presente, è talmente generica, contraddittoria o tautologica da non rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per decidere. È considerata un vizio che porta alla nullità della sentenza.

Quali sono gli obblighi del giudice nel ‘giudizio di rinvio’?
Il giudice a cui la causa è stata rinviata dalla Corte di Cassazione non è libero di decidere ex novo, ma deve attenersi scrupolosamente ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione nella sentenza di annullamento. Deve quindi riesaminare i fatti alla luce di tali principi.

Su chi grava l’onere di provare la deducibilità di un costo ai fini fiscali?
La sentenza conferma il principio pacifico secondo cui l’onere della prova dei fatti che giustificano la deduzione di un costo o di un onere grava sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare non solo l’esistenza del costo, ma anche la sua inerenza all’attività d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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