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Motivazione Apparente: Sentenza Annullata da Cassazione

Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento ICI. Dopo la sconfitta in appello, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, una motivazione apparente nella sentenza di secondo grado. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata perché il giudice d’appello si era limitato a confermare la decisione precedente senza esporre un proprio autonomo ragionamento. Questo vizio, noto come motivazione apparente, viola l’obbligo costituzionale di motivare le decisioni giudiziarie.

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Pubblicato il 17 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Sentenza Fiscale

L’obbligo di motivazione è uno dei pilastri fondamentali del nostro sistema giudiziario, garantendo trasparenza e comprensibilità delle decisioni. Ma cosa succede quando una sentenza sembra motivata solo in apparenza? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33930/2019, offre un chiaro esempio, annullando una decisione in materia tributaria proprio a causa di una motivazione apparente, un vizio che svuota di contenuto il provvedimento del giudice. Questo caso sottolinea l’importanza per i giudici di esporre in modo chiaro e logico il percorso che li ha condotti a una determinata conclusione.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per l’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) relativo all’anno 2005, notificato da un Comune a una contribuente, proprietaria di diversi immobili e terreni. L’ente locale aveva determinato il valore dei terreni in una somma significativamente superiore a quella indicata dalla contribuente, la quale aveva supportato la sua dichiarazione con una perizia giurata.

La contribuente ha impugnato l’avviso eccependo diversi vizi, tra cui la decadenza dei termini per l’accertamento e, soprattutto, l’errata motivazione riguardo alla determinazione del valore degli immobili. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) rigettavano il suo ricorso.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Motivazione Apparente

Insoddisfatta della decisione d’appello, la contribuente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su quattro motivi. Il primo, e decisivo, motivo denunciava la nullità della sentenza della CTR per motivazione apparente. Secondo la ricorrente, il giudice di secondo grado si era limitato a riassumere le tesi difensive delle parti per poi confermare la sentenza di primo grado, senza però esplicitare le ragioni concrete e l’iter logico che lo avevano portato a tale conclusione. In pratica, la sentenza era un guscio vuoto, privo di un vero e proprio ragionamento autonomo.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbendo gli altri. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: ricorre il vizio di motivazione apparente quando la sentenza, pur esistendo materialmente, non rende percepibile il fondamento della decisione. Questo accade quando le argomentazioni sono talmente generiche o evasive da non far comprendere il ragionamento seguito dal giudice per formare il proprio convincimento.

Nel caso specifico, la CTR aveva semplicemente riportato le posizioni delle parti e, senza confutare le argomentazioni della contribuente né spiegare perché le ragioni del Comune fossero prevalenti, aveva confermato la decisione precedente. Tale modo di procedere, secondo la Cassazione, non soddisfa il requisito minimo costituzionale della motivazione, che impone al giudice di spiegare il perché delle sue scelte.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che la motivazione di una sentenza non è un mero adempimento formale, ma un “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale”. Essa deve permettere di comprendere le ragioni, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per arrivare al risultato. Una motivazione che si limita a parafrasare le difese o ad aderire acriticamente a una decisione precedente è solo apparente e, come tale, equivale a una motivazione inesistente. Questa mancanza non consente di controllare la correttezza logico-giuridica della decisione e viola il diritto di difesa delle parti.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa a un’altra sezione della Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame. Questa pronuncia ribadisce con forza che i giudici hanno il dovere di esporre un ragionamento comprensibile, logico e conseguenziale. Una sentenza non può essere un atto di fede, ma deve essere il frutto di un percorso argomentativo trasparente. Per i cittadini e i professionisti, questa decisione rappresenta una garanzia fondamentale: ogni provvedimento giudiziario deve essere giustificato, pena la sua nullità.

Quando una sentenza ha una motivazione apparente?
Una sentenza presenta una motivazione apparente quando, pur contenendo formalmente una parte dedicata alle ragioni della decisione, questa non esplicita l’iter logico-giuridico seguito dal giudice, risultando in argomentazioni inidonee a far conoscere il reale fondamento del convincimento del giudice.

Quali sono le conseguenze di una sentenza con motivazione apparente?
La conseguenza principale è la nullità della sentenza. Se impugnata in Cassazione per questo vizio, la sentenza viene annullata con rinvio a un altro giudice dello stesso grado per un nuovo giudizio.

Un giudice di appello può semplicemente confermare la sentenza di primo grado senza aggiungere altro?
No. Il giudice di appello non può limitarsi a confermare la sentenza di primo grado senza esporre un proprio autonomo ragionamento. Deve indicare le ragioni per cui ritiene corretta la decisione impugnata, confutando le critiche mosse dall’appellante. In caso contrario, la sua sentenza risulterebbe affetta da motivazione apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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