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Motivazione apparente: ricorso inammissibile

Un contribuente, esercente l’attività di tassista, ha impugnato un accertamento fiscale sostenendo la motivazione apparente della sentenza di secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché basato su un’errata interpretazione dei fatti. Il ricorrente contestava un calcolo di reddito basato su un numero di giorni e ore lavorative che, in realtà, la corte d’appello non aveva mai stabilito, avendo invece utilizzato dati presuntivi. La Suprema Corte ha chiarito che il motivo di ricorso non si confrontava con la reale ratio decidendi della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando il Ricorso si Basa su un Fraintendimento

L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sul concetto di motivazione apparente e sui requisiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha chiarito che un ricorso non può essere accolto se si fonda su un presupposto di fatto errato, ovvero su una lettura distorta della decisione che si intende impugnare. Questo principio è fondamentale per garantire la corretta dialettica processuale ed evitare che il giudizio di legittimità venga utilizzato per ridiscutere il merito della controversia.

Il Caso: Accertamento Fiscale a un Tassista

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente, di professione tassista, per l’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione finanziaria contestava un maggior reddito e maggiori ricavi rispetto a quanto dichiarato. Il contribuente impugnava l’atto impositivo e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo di circa il 50% la pretesa del Fisco.

Insoddisfatto, il contribuente proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, ritenendola ispirata a principi di “logica, buon senso ed equità”. A questo punto, il tassista decideva di adire la Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo di ricorso.

Il Ricorso in Cassazione per Motivazione Apparente

Il ricorrente lamentava una motivazione apparente, illogica e contraddittoria della sentenza d’appello. Sosteneva, in sintesi, che i giudici regionali avessero determinato il suo reddito sulla base di 118 giorni lavorativi per 7 ore al giorno. Secondo i suoi calcoli, applicando questi parametri, il reddito accertato avrebbe dovuto essere notevolmente inferiore. Pertanto, l’importo confermato dalla CTR risultava sproporzionato, come se avesse lavorato 13,5 ore al giorno, in palese contrasto con le premesse e con la normativa sull’orario di lavoro dei tassisti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando completamente l’impianto argomentativo del ricorrente. Gli Ermellini hanno evidenziato come l’intero ricorso si fondasse su un “presupposto di fatto non corrispondente al vero”.

Dalla lettura della sentenza impugnata, infatti, emergeva chiaramente che la Commissione Tributaria Regionale non aveva mai fissato in modo preciso il numero di giornate (118) o di ore (7) lavorative. Al contrario, la decisione si era limitata a confermare la valutazione del primo giudice, che aveva ricalcolato il reddito sulla base di dati presuntivi, quali:
* Il costo per il mantenimento di un nucleo familiare;
* I ricavi medi dei tassisti milanesi;
* I turni espletati e i chilometri percorsi.

In altre parole, il contribuente aveva attribuito alla sentenza d’appello affermazioni e calcoli che essa non conteneva. Di conseguenza, il motivo di ricorso non si confrontava con la reale ratio decidendi della pronuncia, ma con una sua ricostruzione arbitraria. La censura, pertanto, non superava il vaglio di ammissibilità.

Le Conclusioni: L’Importanza di un Ricorso Pertinente

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso per Cassazione deve attaccare le effettive ragioni giuridiche della decisione impugnata, non una versione distorta o fraintesa delle stesse. Contestare una sentenza sulla base di premesse fattuali inesistenti equivale a non confrontarsi con la motivazione, rendendo il ricorso inammissibile. Per i contribuenti e i loro difensori, ciò significa che è essenziale un’analisi rigorosa e puntuale della sentenza d’appello prima di elaborare i motivi da sottoporre alla Suprema Corte, per evitare che il ricorso venga respinto per ragioni puramente procedurali, senza nemmeno entrare nel merito della questione.

Perché il ricorso del contribuente è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su un presupposto di fatto errato. Il contribuente contestava la decisione della corte d’appello sulla base di un calcolo (118 giorni lavorativi per 7 ore) che la corte stessa non aveva mai effettuato né posto a fondamento della sua decisione.

Cosa si intende per motivazione apparente in questo contesto?
Il ricorrente ha sostenuto che la motivazione fosse apparente perché illogica e contraddittoria, partendo dall’errata premessa che la corte avesse stabilito un certo numero di ore e giorni di lavoro. In generale, una motivazione è apparente quando è così generica o contraddittoria da non far comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice.

Su quali basi la Commissione Tributaria Regionale ha effettivamente calcolato il reddito del tassista?
La decisione non si basava su un calcolo analitico di giorni e ore, ma su una valutazione presuntiva che teneva conto di vari elementi, come il costo di mantenimento di una famiglia, i ricavi medi della categoria, i turni di lavoro e i chilometri percorsi, confermando la valutazione equitativa del giudice di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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