Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30440 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30440 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
Oggetto : IRPEF ed IRAP 2007 – Sentenza – Motivazione apparente – Affermazioni inconciliabili
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27593/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO di Lentini, il quale ha indicato l’indirizzo pec EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione regionale tributaria della Lombardia, n. 1783/17/2017, depositata in data 20 aprile 2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 novembre
2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il ricorrente, esercente l’attività di tassista, impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO , con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
entrate recuperava ad imposizione ai fini IRPEF ed IRAP, per l’anno 2007, maggior reddito (Euro 61.569,00 a fronte di Euro 10.405,00 dichiarati) e maggiori ricavi (Euro 62.992,00 a fronte di Euro 11.828,00 dichiarati).
La CTP accoglieva parzialmente il ricorso riducendo di circa il 50% il maggior reddito accertato.
Il contribuente proponeva appello avverso la decisione dei giudici di primo grado.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia confermava la decisione di primo grado ritenendola concretamente ispirata ‘sul piano della logica, del buon senso e dell’equità’.
Contro la decisione della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato ad un unico motivo. L ‘Ufficio resiste con controricorso.
È stata fissata l’adunanza camerale per il 5 novembre 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente lamenta l’assenza di motivazione del provvedimento gravato, in quanto illogica e contraddittoria; precisamente, evidenzia che, pur avendo la CTR individuato i giorni lavorativi in 118 e le ore lavorate in 7 al giorno, il reddito attribuito al ricorrente (Euro 37.410,00) corrisponderebbe a 13,5 ore di lavoro al giorno, in aperta contraddizione con la detta premessa. Più correttamente il reddito percepito dovrebbe essere di Euro 18.585,00, pari a Euro 22,50 x 7 x 118 giorni. Apodittica, infine, sarebbe la riduzione del reddito nella misura (solo) del 50% in quanto contrastante con la normativa sull’orario massimo di lavoro dei tassisti milanesi (10 ore al giorno) e con le condizioni di salute del ricorrente.
1.1. Il motivo è inammissibile perché muove da un presupposto di fatto non corrispondente al vero, ovvero dalla determinazione, ad opera della CTR, RAGIONE_SOCIALE giornate lavorative in 118 e RAGIONE_SOCIALE ore di lavoro in 7 pro die ; di contro, dalla lettura della sentenza gravata, emerge chiaramente che il giudice di appello non
ha indicato in un numero preciso le giornate lavorative del contribuente, affermando che comunque dovevano ritenersi minori rispetto a quelle indicate dall’RAGIONE_SOCIALE . Il ricalcolo del ricavo complessivo era stato, invece, eseguito sulla base di dati presuntivi (costo di mantenimento di una famiglia, ricavi medi dei tassisti milanesi, turni espletati e totale dei chilometri percorsi). In altri termini, la censura consiste nel ricalcolo del reddito sulla base di 118 giorni, senza considerare che tale ultimo numero non era stato ritenuto congruo dalla CTR stessa.
Inoltre, il ricorrente attribuisce alla CTR altra affermazione, circa le ore di lavoro espletate (7, in luogo di 10, pari alla media dei tassisti milanesi), che non si rinviene nella decisione impugnata.
In altri termini, il motivo non si confronta con la decisione della CTR, che ha confermato la sentenza dei giudici di prossimità senza prendere come base un preciso numero di giornate lavorate, calcolando poi il reddito percepito.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME