Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Indagini bancarie Rideterminazione
reddito imponibile –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17651/2018 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avv. Prof. NOME COGNOME in uno all’Avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 10214/2017, depositata in data 04/12/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/03/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME era raggiunto dall’avviso di accertamento n. TF7010903415/2013 con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione Irpef, Irap, Iva, sanzioni e interessi, in seguito a rideterminazione del reddito imponibile per l’anno 2008, all’e sito di verifica fiscale effettuata sui conti correnti bancari intestati al contribuente e a società da lui partecipate.
La Commissione tributaria provinciale di Caserta (C.T.P.) accoglieva parzialmente il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva parzialmente l’appello della difesa erariale mentre rigettava l’appello incidentale del contribuente. In particolare, i giudici di appello:
relativamente al recupero dei versamenti effettuati dalla figlia del contribuente, che questi assumeva essere donazioni, ritenevano che non fosse verosimile che un soggetto con redditi dichiarati per € 27.650,00 avesse donato al padre la somma di € 28.000,00, in assenza peraltro di qualsivoglia supporto documentale;
b) relativamente ai versamenti effettuati dalla società RAGIONE_SOCIALE, ritenevano che la parte non avesse provato che si trattasse di operazioni non imponibili o di averne tenuto conto in sede di dichiarazione;
con riferimento agli ulteriori recuperi, ritenevano non documentate le giustificazioni addotte dalla parte.
Avverso la sentenza della C.T.R. propone ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a quattro motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5/03/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 22 e 53 d.lgs. del 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per non aver rilevato il giudice l’inammissibilità dell’atto di appello spedito per posta raccomandata, in quanto l’ Ufficio non aveva depositato né la ricevuta di spedizione né l’avviso di ricevimento (come emergerebbe dalla mancata indicazione di tali documenti tra gli allegati indicati nell’atto di appello).
1.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, la CTR ha evidenziato di aver verificato la tempestività della impugnazione e la regolarità del contraddittorio mentre la ricorrente a sostegno della doglianza evidenzia solo che il ricorso non indicherebbe il deposito dell’avviso come avvenuto unitamente ad esso.
Inoltre, dagli atti prodotti dallo stesso ricorrente emerge che l’atto di appello è stato notificato a mezzo messo notificatore (art. 16, comma 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e non direttamente a mezzo del servizio postale (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992), come dedotto nel motivo, che deve quindi ritenersi privo di specificità nella descrizione del fatto processuale.
Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d. lgs. n. 546/1992, dell’art. 136, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., e d ell’ art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., dolendosi della omessa motivazione in merito alla sussistenza delle giustificazioni addotte dalla contribuente circa i versamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME.
2.1. Il mezzo di impugnazione è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n.
4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U. n. 8053/2014; successivamente tra le tante Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 6626/2022).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nella specie, la sentenza impugnata non risulta affatto priva di motivazione, avendo il giudice di appello espresso un ragionamento sia in diritto che in fatto, ancorché non condiviso dal ricorrente, rilevando
la non verosimiglianza della tesi difensiva, fondata sulla liberalità della figlia nei confronti di NOME COGNOME, in quanto consistente in un ammontare superiore alla dichiarata disponibilità economica; evidenziando, poi, il mancato supporto documentale nonché ritenendo non provato che i versamenti dalla società RAGIONE_SOCIALE fossero stati oggetto di dichiarazione.
Con il terzo strumento di impugnazione il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d. lgs. n. 546/1992, dell’art. 136, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. ed art. 111 Cost. in relazione all’art . 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., lamentando l’o messa motivazione in merito alla sussistenza delle giustificazioni addotte dalla contribuente circa i versamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE; i l contribuente si duole dell’omessa motivazione sulla specifica doglianza relativa alla illegittimità del recupero a tassazione della complessiva somma di € 878.000,00, avendo il giudice motivato recependo quanto osservato dalla difesa erariale.
3.1. Il motivo è infondato.
Premesse le medesime considerazioni esposte nell’esame del precedente motivo, in forza delle quali il vizio di nullità postula una motivazione assente o meramente apparente, il motivo va deciso anche alla luce delle coordinate ermeneutiche fornite da Cass. Sez. U. n. 642/2017, secondo cui la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un
difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive.
Nel caso di specie, la motivazione esiste graficamente, è pienamente comprensibile e si sostanzia nella considerazione che dai documenti prodotti non fosse possibile ricavare che i versamenti ricevuti fossero ricollegabili a operazioni di restituzione di capitale per anticipazioni conto soci, in quanto il contribuente avrebbe dovuto produrre, oltre alla documentazione contabile, la copia dei verbali di assemblea e dei bilanci da cui risultavano le anticipazioni e le restituzioni, come da giurisprudenza della Corte di cassazione espressamente richiamata; né vale ad incidere, su tale chiara ragione della decisione, la parziale coincidenza di quanto esposto con quanto dedotto dalla difesa erariale.
Con il quarto e ultimo motivo il contribuente deduce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. ; sempre in relazione ai versamenti di cui al terzo motivo di ricorso, lamenta infatti che la CTR abbia errato nel mancato rilievo dell’omessa contestazione, da parte della difesa erariale, dei fatti e documenti allegati a fondamento delle giustificazioni dei movimenti contestati.
4.1. Il motivo è infondato.
Nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impositivo, atto preesistente al processo nei quali i fatti costitutivi sono già stati allegati in modo difforme da quanto dal contribuente ritenuto in sede giudiziale (Cass. n. 16984/2023).
Né il principio di non contestazione può essere riferito, come fatto dal ricorrente, ai documenti prodotti, atteso che la loro valenza è pur sempre demandata all’attività valutativa del giudice di merito, non censurata in relazione al disposto dell’art. 2729 cod. civ., ed il risultato è esente da vizio motivazionale nei limiti in cui esso è deducibile alla stregua dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nella sua vigente formulazione.
Concludendo il ricorso deve essere respinto. Alla soccombenza segue la condanna al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, spese che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma il 05/03/2025.