Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1566 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 27680-2015, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO e COGNOME (EMAIL), presso il cui studio è elett.te dom.ta in ROMA, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 411 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO, sez. st. di PESCARA, depositata il 23/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
Rilevato che l’ RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha provveduto a riprese per I.R.A.P. ed I.V.A. relativamente all’anno di imposta 2008;
che la contribuente impugnò detto provvedimento innanzi alla C.T.P. di Chieti che, con sentenza n. 315/5/14, rigettò il ricorso;
che la RAGIONE_SOCIALE propose appello innanzi alla C.T.R. dell’Abruzzo, sez. st. di Pescara, la quale, con sentenza n. 411, depositata il 23/04/2015 rigettò il gravame osservando -per quanto in questa sede ancora rileva -come, da un lato, (a) la notifica dell’atto impositivo, eseguita a mezzo posta, dovesse considerarsi corretta e, dall’altro, (b) la contribuente non avesse fornito prova dell’esistenza e della deducibilità fiscale dei componenti negativi del reddito sottesi alle riprese dell’Ufficio, per non averne dimostrato la certezza ed inerenza; che avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; si è costituita con controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE;
Rilevato che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111, VI comma Cost., 132, II comma, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, II comma, n. 4, del D.Lgs. m. 546/1992 ‘ (cfr. ricorso, pp. 3-4), per avere la C.T.R. reso, con precipuo riferimento alla ripresa n. 7 (come si evince dal complessivo tenore della
censura), relativa alle fatture di acquisto emesse da RAGIONE_SOCIALE, una motivazione apparente, essendosi i giudici di appello limitati a ‘ ricopia letteralmente e acriticamente la motivazione dell’avviso di accertamento originariamente impugnato e le controdeduzioni depositate dall’Ufficio nel corso del giudizio di merito che, a loro volta, riproducevano acriticamente la motivazione dell’atto impositivo ‘ (cfr. ivi, p. 4), senza alcun riferimento alle dichiarazioni di tale COGNOME; che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 del c.p.c., per avere i giudici di seconde cure erroneamente valutato i documenti prodotti in giudizio, ritenendo insufficientemente documentate le prestazioni della RAGIONE_SOCIALE ‘ (cfr. ricorso, p. 13) e, in particolare, per non avere la C.T.R. tenuto conto (a) di quanto previsto dall’art. 3 del contratto di appalto tra essa contribuente e la RAGIONE_SOCIALE, (b) del contenuto delle schede di incarico previste da detto contratto, nonché (c) delle dichiarazioni -confermative dell’esecuzione delle prestazioni in questione – rese dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE (tale COGNOME);
che i motivi -suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni agli stessi sottese -sono, in parte, inammissibili e, in parte, infondati;
che va anzitutto rilevato come: a) nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle
disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità dei contenuti, né delle relative modalità espositive (arg. da Cass., Sez. U, 16.1.2015, n. 642, Rv. 634091-01; Cass., Sez. 5, 6.10.2022, n. 29028, Rv. 666078-01); b) il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass., Sez. 6-1, 13.1.2020, n. 331, Rv. 656802-01); c) una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può, pertanto, porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6774, Rv. 664106-02), sicché è inammissibile la diversa doglianza concernente la circostanza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito
maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 30.9.2020, n. 20867, Rv. 659037-01); d) il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass., Sez. 5, 29.12.2020, n. 29730, Rv. 660157-01);
che premesso, dunque, che, già in astratto, nulla vietava alla C.T.R. di riprodurre, in parte qua, il contenuto dell’avviso di accertamento (e/o delle memorie difensive dell’ RAGIONE_SOCIALE), senza altro aggiungervi, da un lato non essendovi prova che la argomentazione motivazionale in questione sia stata emessa in assenza di un vaglio critico delle contrapposte posizioni assunte dalle parti in giudizio (così espressamente Cass., Sez. 5, 6.10.2022, n. 29028, Rv. 666078-01, in motivazione, p. 4, sub § 8) e, dall’altro, risultando chiaramente dalla lettura complessiva della motivazione della decisione impugnata come, al contrario, questa abbia rappresentato il frutto della ragionata valutazione delle allegazioni difensive, nonché delle produzioni documentali delle parti (e, in specie, della stessa società contribuente) rispetto ai principi applicabili in materia di
inerenza dei costi (come evincibile, d’altronde, dalla stessa premessa svolta alla p. 2 della motivazione, quartultimo cpv. e ss.), osserva il Collegio come, nella parte in cui si lamenta l’omesso esame delle dichiarazioni di tale COGNOME (primo e secondo motivo), l’inesatta interpretazione dell’art. 3 del capitolato di appalto (secondo motivo) e l’omesso esame del contenuto delle schede di incarico (secondo motivo), le censure disvelano, in realtà, un vizio motivazionale ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., il quale è, tuttavia, inammissibile, per rientrare nel potere discrezionale -come tale insindacabile -del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (arg. da Cass., Sez. L, 27.7.2017, n. 18665, Rv. 645113-01);
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. , al pagamento, in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. , al pagamento, in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.600,00 (cinquemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione