Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20159 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20159 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
Giudizio di rinvio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20991/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del sig. COGNOME, rappresentata e difesa da ll’Avv. NOME COGNOME (indirizzo di PEC EMAIL) e dell’Avv. NOME COGNOME (indirizzo di PEC EMAIL), come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 146/2022, pronunciata il 25/01/2022 e depositata il 28/01/2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propose ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Torino, che aveva accolto il ricorso della contribuente s.n.c. NOME COGNOME E C. avverso un’intimazione di pagamento riferita a 15 cartelle esattoriali, ritenendo che i crediti portati da dette cartelle fossero tutti prescritti.
Questa Corte, con ordinanza n. 23162/2020, accolse il primo motivo del ricorso dell’agente della riscossione, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto applicabile il termine prescrizionale quinquennale ai crediti tributari erariali in luogo di quello decennale, mentre rigettò il secondo motivo di ricorso, relativo al termine di prescrizione delle sanzioni, evidenziando che l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, dettato in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, esplicitamente stabilisce che il diritto alla riscossione delle sanzioni si prescrive nel termine di 5 anni; esplicitò di non condividere al riguardo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle entrate ricorrente, secondo la quale, in caso di contestuale richiesta di pagamento di tribute erariali e di sanzioni amministrative, legate al mancato pagamento delle prime, sarebbe applicabile ad entrambi detti crediti il termine prescrizionale decennale.
All’esito della riassunzione del giudizio, la CTR del Piemonte ha parzialmente riformato la decisione di primo grado e annullato l’intimazione limitatamente a nove cartelle, confermando la nel resto, anche in considerazione della mancanza di prova che le stesse avessero ad oggetto anche interessi e sanzioni, e ha compensato le spese di tutti i gradi di giudizio.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la società sulla base di due motivi cui resiste l’Agenzia delle entrate -Riscossione con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza del 20/06/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., invocando la nullità della sentenza per motivazione apparente.
1.1. Il motivo è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, c.p.c. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione «manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata» (Cass., Sez. U., n. 8053/2014; successivamente tra le tante Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 6626/2022).
In particolare si è in presenza di una «motivazione apparente» allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nel caso di specie la motivazione esiste graficamente e la ratio decidendi è pienamente percepibile, in quanto la CTR, dopo aver confermato la prescrizione per talune cartelle e negato la stessa per altre, ha ritenuto di non poter desumere dalla documentazione prodotta l’esistenza di sanzioni e interessi.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la CTR avrebbe omesso di pronunciare sulla richiesta di applicazione dei principi di cui all ‘ ordinanza di cassazione con rinvio, con riferimento alle sanzioni, e, in secondo luogo, avrebbe omesso di dichiarare prescritte le somme dovute a titolo di interessi.
2.1. Il motivo, formulato esclusivamente in termini di omessa pronuncia, è infondato.
Premesso che in tema di sanzioni la Corte di cassazione aveva rigettato il ricorso erariale, la decisione della CTR sulle domande è in
realtà del tutto esplicita, come evidenziato nell’esame del motivo che precede, e si fonda sulla circostanza che in atti non vi fosse prova della natura dei crediti, il che esclude ogni omissione di pronuncia.
Concludendo il ricorso va respinto.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento delle spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, spese che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2025.