Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5316 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5316 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
Oggetto: Omessa dichiarazione dei redditi – Accertamento induttivo – Ricorso per cassazione – Inammissibilità- Motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11509/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del contro ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dei difensori;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 4718/05/2015, depositata in data 3 novembre 2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. All’esito di verifica fiscale condotta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, per brevità, solo RAGIONE_SOCIALE) l’Agenzia delle entrate le notificava l’avviso di accertamento n. T9B03E6G03445/2013, con il qual e procedeva, per l’anno 2007, alla ricostruzione induttiva del reddito della società ex artt. 39, comma 2, d.P.R. 600/1973 e 55 d.P.R. n. 633/1972, e contestava il mancato versamento di IRAP ed IVA, avendo svolto la contribuente attività d’impresa senza compiere alcun adempimento fiscale (anzitutto, la presentazione della dichiarazione dei redditi).
L ‘Ufficio disconosceva, per difetto del requisito dell’inerenza, i costi portati da 8 fatture ed il costo pari ad Euro 147.000,00, relativo alla fattura n. 12 del 31.3.2007, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE per servizi resi alla contribuente, poiché, nonostante riportasse come modalità di pagamento ‘bonifico bancario 120 gg.’, dai movimenti bancari del 2007 non risultavano versamenti alla RAGIONE_SOCIALE
La Commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso proposto dalla Sincro.
La contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia.
La CTR accoglieva in parte l’appello, ritenendo, per quanto qui ancora interessi, l’inerenza e la deducibilità del costo portato dalla fattura n. 12 del 2007 della RAGIONE_SOCIALE, in quanto dimostrato, a nulla rilevando, in senso contrario, l’omessa presentazion e della dichiarazione dei redditi, da parte della società fornitrice, da un lato, e che la RAGIONE_SOCIALE era amministrata dalla moglie dell’amministratore della contribuente.
La CTR riteneva, altresì, inerenti i costi portati dalle fatture nn. 10, 24 e 25.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi. La contribuente ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 07/02/2025.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione l ‘Ufficio denuncia , con riferimento alla ripresa relativa ai costi di cui alla fattura n. 12/2007, in relazione, all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l ‘ «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio sui cui vi è stata discussione tra le parti». Sostiene che la CTR avrebbe omesso di esaminare il fatto ‘che non vi era alcuna evidenza documentale che il costo fosse effettivamente stato sostenuto’, stante, da un lato, il mancato versamento di somme, da parte della contribuente, sui conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, l’assenza di qualsiasi riferimento a tale credito nell’atto di transazione stipulato tra le due società il 22.1.2013 e depositato presso l’Ufficio durante il procedimento di adesione della RAGIONE_SOCIALE all’accertamento per l’anno 2006.
La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del motivo sotto un duplice profilo: da un lato, la contestazione di ‘insufficiente documentazione’ non può considerarsi un ‘fatto’; dall’altro, se l’omesso esame dovesse riferirsi alla mancata documentazione del pagamento, la sentenza espressamene esclude rilevanza agli altri due elementi (di 3) addotti dall’Ufficio a sostegno della propria tesi; pertanto, alcun vizio motivazionale potrebbe affiggere la sentenza alla luce della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il giudice non è obbligato ad esaminare tutti gli argomenti logici e giuridici prospettati dalle parti, purché sia chiaramente illustrato il percorso logico che ha portato alla decisione.
1.1. Il motivo è inammissibile, alla luce delle considerazioni che seguono, per plurime ragioni, ciascuna idonea ex se a fondarne la relativa declaratoria.
1.2 . L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le
sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», n el «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. n. 12111/2019).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 2474/2017).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un
profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. 13/04/2017, n. 9637, secondo cui non integra un fatto la supposta erroneità giuridica della pronunzia di tardività di un’eccezione ).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. n. 9637/2021), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 20/06/2024, n. 17005).
1.2.1. Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame d i un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/06/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
1.2.2. Alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata deve ritenersi che la censura mossa dall’Ufficio, risolvendosi nella doglianza della mancata considerazione, da parte della CTR, di uno – ovvero la mancanza di documentazione attestante il pagamento dell’importo indicato nella fattura – dei tre elementi addotti al fine di supportare la indeducibilità del costo in esame, sia inammissibile, a fronte della espressa decisione (in termini di irrilevanza) sugli altri due. Con essa, infatti, sostanzialmente ci si duole dell ‘insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio.
1.3. Il motivo è, altresì, inammissibile perché non viene indicato quando sia stata prodotta, nei gradi di merito, la documentazione (in particolare, l’atto di transazione), asseritamente non esaminata. Tale carenza comporta l’inadempimento dell’onere di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. c iv., di specifica indicazione, a pena di inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (in generale, Cass. 29/7/2021, n. 21831; con specifico riferimento al processo tributario, Cass. 15/1/2019, n. 777 e Cass. 18/11/2015, n. 23575).
Detto onere -tra l’altro ribadito ed aggravato dalla riforma Cartabia mediante l’inserimento della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli atti processuali e dei documenti (ex art. 3, comma 27, d.lgs. n. 149/2022, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a partire dal 1° gennaio 2023) -interpretato anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fondi, non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali, o comunque non fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase
del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. 14/04/2022, n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).
Con il secondo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta, in relazione, all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento alle riprese di cui alle fatture nn. 10 e 24, la «nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36, comma 1, numero 4, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e artt. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. cod. proc. civ.». Sostiene che , premesso l’erroneo riferimento alla fattura n. 25 (non oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio), la motivazione della sentenza gravata, in parte qua , sia meramente apparente, poiché a fron te della contestazione dell’inerenza dei costi indicati nelle due fatture (soggiorno presso un hotel in Roma ed affitto di un immobile), per non essere connessi con un’attività potenzialmente produttiva di utili, la CTR si è limitata ad affermare che le fa tture sono ‘inerenti perché relativi a costi inerenti alle trasferte nell’interesse della società’.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.3. Nella specie la CTR ha ritenuto l’inerenza dei costi portati dalle due fatture sopra indicate sul presupposto che fossero relativi a trasferte effettuate nell’interesse della società.
Trattasi di affermazioni, apodittiche ed assertive, che non consentono in alcun modo di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e di verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a ritenere l’inerenza dei detti costi, non essendo all’uopo sufficiente il generico ed astratto riferimento a ‘trasferte nell’interesse della società’.
In definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, e la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025.