LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione apparente: quando la sentenza è nulla

Un ente locale ha impugnato una sentenza tributaria sostenendo la nullità per motivazione apparente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che la motivazione apparente si configura solo in casi di totale incomprensibilità del ragionamento del giudice, e non per una mera insufficienza o sinteticità delle argomentazioni. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi, incluso uno basato sull’omesso esame di un fatto, a causa dell’inapplicabilità dovuta alla regola della ‘doppia conforme’.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: La Cassazione Spiega Quando una Sentenza è Nulla

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento. Ma cosa succede quando una motivazione esiste solo in apparenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio il tema della motivazione apparente, tracciando una linea netta tra una motivazione sintetica e una motivazione inesistente, con conseguenze dirette sulla validità della sentenza.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento in materia di IMU per l’annualità 2014, notificato da un ente comunale a una fondazione. La fondazione ha impugnato l’atto, ottenendo una pronuncia favorevole in primo grado. L’ente impositore ha quindi proposto appello presso la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, la quale, tuttavia, ha respinto il gravame, confermando la decisione iniziale. Non soddisfatto, il Comune ha deciso di ricorrere per cassazione, affidando le proprie ragioni a tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la questione della motivazione apparente

Il fulcro del ricorso dell’ente locale si basava su tre doglianze principali:

1. Carenza di motivazione: Secondo il ricorrente, la sentenza d’appello era affetta da nullità per motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. Si sosteneva che i giudici di secondo grado avessero ritenuto ingiustificata la pretesa tributaria senza fornire alcuna argomentazione a supporto di tale conclusione.
2. Violazione di legge processuale: Il secondo motivo lamentava la violazione dell’art. 132 c.p.c., per non aver la sentenza esposto in modo conciso le ragioni di fatto e di diritto della decisione.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Infine, si deduceva l’omesso esame di un fatto cruciale per il giudizio, ovvero la rendita catastale applicabile all’immobile in questione, vizio previsto dall’art. 360, n. 5, c.p.c.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati. Analizziamoli nel dettaglio.

Sulla Motivazione Apparente

La Corte ha ribadito l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite, secondo cui la motivazione apparente è una patologia grave che si verifica solo in casi estremi. Non basta una motivazione scarna o insufficiente per determinare la nullità della sentenza. Il vizio si configura quando le argomentazioni sono:

* Materialmente inesistenti.
* Totalmente incomprensibili o perplesse.
* Affette da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
* Tali da non permettere di ricostruire il ragionamento seguito dal giudice.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello, pur sintetica, avesse raggiunto la “soglia del minimo costituzionale”. Essa spiegava le ragioni per cui la rendita catastale pretesa dall’ente non poteva essere applicata e dava atto delle carenze probatorie da parte dello stesso ente. Pertanto, non si trattava di un’assenza di motivazione, ma di una critica alla sostanza della decisione, che non può essere fatta valere come vizio di nullità.

Sulla Violazione delle Norme Processuali e sulla Doppia Conforme

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha chiarito che la nullità per mancata esposizione dei fatti o delle ragioni giuridiche si ha solo quando ciò rende impossibile individuare il thema decidendum (l’oggetto della causa) e le ragioni della decisione, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile in applicazione del principio della “doppia conforme” (art. 348-ter, comma 5, c.p.c.). Poiché le sentenze di primo e secondo grado erano giunte alla medesima conclusione, il ricorso per cassazione per omesso esame di un fatto era precluso, a meno che il ricorrente non avesse dimostrato che le due decisioni si basavano su ricostruzioni fattuali diverse, onere che non era stato assolto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia processuale: la denuncia di una motivazione apparente non può essere utilizzata come un pretesto per rimettere in discussione il merito di una decisione sfavorevole. La nullità scatta solo di fronte a un’anomalia motivazionale grave, che impedisce la comprensione della decisione stessa, e non di fronte a una motivazione semplicemente ritenuta debole o sintetica. Questa pronuncia riafferma l’importanza di distinguere i vizi procedurali, che possono portare alla nullità, dalle critiche nel merito, che devono essere veicolate attraverso i motivi di ricorso appropriati, rispettando i limiti imposti dal legislatore, come quello della “doppia conforme”.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata “apparente”?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è “apparente” solo quando, pur esistendo graficamente, è obiettivamente inidonea a far conoscere il ragionamento del giudice. Ciò accade in caso di mancanza assoluta di motivi, contrasto insanabile tra affermazioni o argomentazioni perplesse e incomprensibili. Una motivazione semplicemente insufficiente o sintetica non è considerata apparente.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” nel ricorso in Cassazione?
Il principio della “doppia conforme” (art. 348-ter c.p.c.) stabilisce che se le sentenze di primo e secondo grado hanno deciso nello stesso modo sulla base della medesima ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile. Per superare questo limite, il ricorrente deve dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni sono diverse tra loro.

Una motivazione breve o sintetica rende nulla una sentenza?
No. La sentenza in esame chiarisce che una motivazione, anche se sintetica, non è causa di nullità se raggiunge la “soglia del minimo costituzionale”, ovvero se permette di comprendere le ragioni fattuali e giuridiche alla base della decisione e di individuare il cosiddetto thema decidendum, cioè l’oggetto della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati