Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19992 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19992 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26066/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE COGNOME (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA n. 517/2018 depositata il 19/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia trae origine dalla impugnazione dell’avviso di liquidazione con cui veniva rettificato il prezzo della cessione di un suolo edificatorio di mq. 1.661, ricadente nel comparto C5, aumentando il valore del terreno da 110.000 ad euro 746.337 ed applicando le relative sanzioni nella misura minima, tenendo conto del cumulo giuridico. I contraenti si opponevano, con separati ricorsi, all’avviso di liquidazione, eccependo tra l’altro l’illegittima applicazione degli artt. 5, 6 e 7 d.lgs. 472/1997.
I giudici di prossimità, riuniti i ricorsi, li accoglievano parzialmente, rideterminando il valore dell’area in euro 249.150,00.
Interponevano appello avverso la sentenza di prime cure sia NOME COGNOME che l’amministrazione finanziaria.
La Commissione tributaria regionale della Puglia, con sentenza n. 517/2018, respingeva entrambe le impugnazioni, confermando le sanzioni che però dovevano essere rideterminate ai sensi del d.lgs. n. 158 del 24.09.2015, in applicazione del principio del favor rei .
L’ufficio ricorre sulla base di tre motivi per la cassazione della sentenza summenzionata.
Replica con controricorso il contribuente.
MOTIVI DI DIRITTO
In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal contribuente, non ravvisandosi né l’erronea ricognizione della fattispecie concreta nell’alveo del canone censorio di cui al n. 3 dell’art. 360, primo comma, c.p.c. -deducendo l’amministrazione con il secondo mezzo di ricorso l’assenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 7 d.lgs. n. 472/1997, come novellato dall’art. 16, comma
1, lett. c), n. 2, d.lgs. n.n. 158/2015 -, né la carente specificità e completezza delle censure prospettate con riferimento ai capi della pronuncia impugnata ed all’esposizione delle ragioni che illustrano in modo intelleggibile le dedotte violazioni di norme ovvero la carenza di motivazione.
La prima censura denuncia la nullità della sentenza per apparente motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. 546/1992, ex art. 360, primo comma, n.4) c.p.c., per avere il decidente disposto le sanzioni nella misura stabilita dal d.lgs. 158/2015, in applicazione del principio del favor rei, senza motivare in che modo le sanzioni avrebbero dovuto essere rimodulate, tenuto conto che l’art. 71 d.P.R. n. 131/1986 o l’art. 13 d.lgs. n. 347/1990 siano stati incisi dal citato d.lgs. del 2015. L’Ufficio assume, in particolare, che l’entità della sanzione oscilla, secondo la previsione normativa, dal 100% al 200% della maggiore imposta dovuta e che, nella presente fattispecie, è stata applicata la sanzione nella misura minima, applicando il regime sanzionatorio più favorevole per il contribuente, derivante dal cumulo giuridico, ex art. 12 d.lgs 18 dicembre 1997 n. 472.
Il secondo mezzo di ricorso, introdotto attraverso il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n.3) c.p.c., lamenta la violazione dell’art. 7, comma 4, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472. Si osserva che il contribuente aveva richiesto la riduzione delle sanzioni nella misura massima possibile secondo quanto disposto dall’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 472/1997, come novellato dal d.lgs. n. 158/2015, il quale ha eliminato l’accezione dall’art. 7, comma 4, così riformulando la disposizione . A tal proposito, deduceva il ricorrente che il suo passato fiscale era stato corretto, di guisa che non ricorrevano i criteri previsti dal cit. art. 7 per
determinare la sanzione in misura superiore alla minima, dovendosi applicare la metà del minimo per la sproporzione tra sanzione applicata e tributi pretesi. Si soggiunge che il contribuente non ha nemmeno allegato le circostanze che inciderebbe sulla misura delle sanzioni.
Il terzo strumento di ricorso, proposto ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., prospetta la nullità della decisione per omessa motivazione in merito all’applicazione dell’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 472/1997, nonché violazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992; l’Ufficio reitera le critiche già svolte con il primo mezzo alla motivazione priva della esplicitazione del ragionamento logicogiuridico che l’ha indotto alla apodittica conclusione di rideterminazione delle sanzioni senza indicare l’entità della riduzione e le ragioni della rimodulazione demandata all’ufficio.
La prima censura è fondata, assorbite le restanti.
In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza
delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata). Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. Un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata). Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la
formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 14927 del 2017).
In tale grave forma di vizio incorre la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, confermando l’applicazione delle sanzioni da rideterminarsi ex d.lgs. n. 158/2015, in applicazione del favor rei, non manifestano le circostanze che determinano la diminuzione della sanzione né individuano la misura della sanzione che l’Ufficio deve applicare. Ciò, ancorchè entrambe le parti abbiano confermato (v. pagina 4, 5 e 6 del ricorso; pagina 2 del controricorso) che la questione relativa all’applicazione dell’art. 7 rubricato, come novellato dal d.lgs. n. 158/2015, era stata devoluta al collegio d’appello dal contribuente che aveva domandato la rideterminazione delle sanzioni.
A tal riguardo, vale osservare che l’art. 7, comma 4, cit., in particolare, disponeva nei seguenti termini (testo vigente alla data di notifica dell’atto impositivo): <>; – a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015, art. 16, comma 1, lett. c), n. 2, viene soppressa la parola eccezionali; ai sensi dell’art. 32, comma 1, stesso d.lgs. <> (termine modificato dall’articolo 1, comma 133, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208). In applicazione del principio del trattamento sanzionatorio più favorevole al contribuente, stabilito dall’art.3 comma 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n.472, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario introdotta dal decreto legislativo n.158 del 2015, vigente dal 1 gennaio 2016 a norma dell’art.32 del d.lgs n.158 del 2015, come modificato dall’art.1
comma 133 della legge 28 dicembre 2015 n.208, è applicabile retroattivamente alla condizione, ricorrente nel caso in esame, che il processo sia ancora in corso con la conseguente non definitività della parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (conforme Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15978 del 27/06/2017; Cass. sez. 5, n. 1706 del 24/1/2018; 8716/21; Cass. n. 23695 del 28/07/2022). Occorre a tal proposito osservare che le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in ” favor rei”, rendendo la sanzione irrogata illegale, in quanto occorrono specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione (Cass. n. 31062/2018; Cass. n. 29046 del 11/11/2019; Cass. n.19286 del 16/09/2020; Cass. n. 577/24).
7.In definitiva, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della