Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30949 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30949 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2518/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’ABRUZZO -SEZ.DIST. PESCARA n. 419/2022 depositata il 28/06/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Con avvisi n. TAZ01I1001901/2017 e n. TAZ01I1001917/2017, relativi, rispettivamente, alle IIDD e all’IVA, l’ADE -DP di Chieti, sulla base delle risultanze del PVC del 12/04/2017 della GdF-Nucleo Polizia Tributaria Chieti (maturato nel quadro di indagini di polizia giudiziaria riguardanti diverse società facenti capo, direttamente o indirettamente, alla famiglia COGNOME), accertava a carico di RAGIONE_SOCIALE , incorporante RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, relativamente all’A.I. 2009, l’omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi e l’omessa fatturazione, registrazione e dichiarazione di operazioni imponibili per € 2.521.681,67.
Dal ricorso si apprende che le indagini ‘ avevano confermato la sussistenza di una frode fiscale di ampie dimensioni perpetrata dalle società verificate mediante manomissione dei registratori di cassa e la sistematica sottrazione ad imposizione fiscale dei corrispettivi certificati da scontrino fiscale’. Segnatamente, quanto a NOME COGNOME, ‘l’attività di indagine sulle operazioni di natura finanziaria intercorse tra la società RAGIONE_SOCIALE e i suoi soci in tal modo venendo in luce la sussistenza del conto di mastro ‘debiti v/COGNOME Nicola’ per € 3.026.018,84, che la società giustificava mediante una serie di cessioni di presunti crediti commerciali vantati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, effettuate da alcune società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) in favore del socio COGNOME Nicola. Pertanto l’Agenzia considerava non veritiere dette operazioni di cessione, peraltro intercorse tra soggetti giuridici
riconducibili alla famiglia COGNOME e le recuperava a tassazione ritenendole, invece, collegate all’incasso di corrispettivi in nero nell’ambito del sistema evasivo sopra descritto’.
Nuovamente dal ricorso si apprende che
-‘a vverso gli emessi avvisi proponeva ricorso la società eccependo la decadenza del potere accertativo dell’Ufficio stante l’inapplicabilità del raddoppio dei termini ex art. 43 del DPR 600/1973 e dell’art. 57 del DPR 633/1972, nel merito deducendo l’illegittimità e l’infondatezza degli accertamenti ‘;
-‘l a CTP di Chieti, con sentenza n. 147/01/2020 del 15/09/2020, accoglieva, parzialmente, il ricorso, confermando, in toto, l’avviso n. TAZ03I101917/2017 relativo al recupero dell’IVA, mentre con riguardo all’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO/2017, annullava il solo recupero dell’IRAP per inoperatività in tale ambito del raddoppio dei termini di accertamento, confermando, integralmente, il recupero dell’IRES’.
La contribuente proponeva appello, reiterando la doglianza di decadenza dal potere accertativo e di infondatezza delle riprese nel merito.
2.1. La CTR dell’Abruzzo, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘ espinge l’eccezione di decadenza sollevata dall’appellante; accoglie nel resto l’appello’.
2.1.1. Sinteticamente, per quanto di ragione, così motivava:
Con riguardo al secondo merito ed attingendo ora alla questione di merito, va detto che nel caso di specie, alla società contribuente era stato notificato l’avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di maggiori imposte, in ragione di una cessione, in tesi, strumentale, di crediti ‘pro soluto’, e che secondo l’Agenzia delle Entrate, facendo leva sul p.v.c. della G.d.F., si trattava di operazioni di natura finanziaria intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE ed i suoi soci e
che la cessione dei crediti sarebbe avvenuta prevedendo come controprestazione la compensazione con altri crediti, tal che in assenza di documentazione probatoria e di valide ragioni poste alla base di tali movimentazioni finanziarie, l’Ufficio ha ritenuto le stesse prive di valida giustificazione d al punto di vista giuridico e di legittimazione fiscale. Conseguentemente sarebbe emersa la sussistenza del conto di mastro ‘Debiti V/Sarni Potito Nicola’ per € 3.026.018,84, che la società appellante ha inteso giustificare mediante cessioni in favore del socio COGNOME COGNOME Nicola di presunti crediti commerciali vantati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE da parte di alcune società , tutte comunque riconducibili alla famiglia COGNOME.
L’Ufficio ha così considerato non veritiere le molteplici operazioni di cessione dei rapporti di credito e di debito intercorse tra le società del gruppo cosicché le ha recuperate a tassazione ritenendole invece ricollegate all’incasso di corrispettivi in nero, individuando in dette operazioni una forma di abuso del diritto.
In disparte gli accertamenti disposti sugli apparecchi elettronici – e di cui pure si dà atto nel pvc – occorre verificare nella specie se si sia trattato effettivamente dell’utilizzo di mezzi giuridici per conseguire vantaggi fiscali.
Invero, la Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che – tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, sia del contesto fattuale e giuridico ponga quale elemento predominante e assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali .
Inoltre non è configurabile l’abuso del diritto se non sia stato provato il vantaggio fiscale .
Le disposizioni dell’art. 10 -bis della legge n. 212 del2000, sebbene non applicabili, ‘ratione temporis’, al caso di specie, in ragione della pregressa notifica dell’atto impositivo ‘de quo’ sono tuttavia significative dell’affinamento dei principi comunitari e nazionali in materia .
Tanto premesso, ad avviso di questa Commissione, incombeva sull’Amministrazione finanziaria l’onere di spiegare, anche nell’atto impositivo, perché il complesso delle forme giuridiche impiegate abbia carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, mentre era onere del contribuente provare la compresenza di un concomitante contenuto economico dell’operazione, non marginale, diverso dal mero risparmio fiscale. Sotto tale ultimo profilo è possibile apprezzare la motivazione addotta dalla contribuente e portata a conoscenza dell’Amministrazione -e di cui si dà atto nel processo verbale di contraddittorio del 28.2.2018- ovvero che l’operazione di cui si discute non ha comportato movimentazioni finanziarie, trattandosi di un giroconto contabile con contestuale accollo di debiti da parte di COGNOME NOME ed in tale ottica troverebbe giustificazione l’operazione oggetto di rilievo: i crediti ceduti sarebbero serviti per recuperare la provvista necessaria per far fronte al pagamento dei debiti accollati.
Per contro, dagli atti prodotti dall’Amministrazione finanziaria non è dato evincere quale sia stato elusivo in termini di risparmio di imposta della censurata cessione di crediti.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo. Resiste la contribuente con controricorso.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘ Nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 111 Cost., 1, 2, e 36 d. lgs. n. 546/1992, 132 e 118 delle disposizioni di attuazione c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c. ‘error in procedendo”.
1.1. Il motivo è volto a denunciare la motivazione omessa o apparente della sentenza impugnata. In particolare, ‘nel caso di specie, evidente il vizio motivazionale da cui risulta attinta la decisione della CTR. Il Collegio, infatti, dato atto che ‘l’Ufficio ha considerato non veritiere le molteplici operazioni di cessione dei rapporti di credito e di debito intercorse tra le società del gruppo cosicché le ha recuperate a tassazione ritenendole invece collegate all’incasso di corrispettivi in nero’, ha, erroneamente, ritenuto che l’A.F. avesse individuato ‘in dette operazioni una forma di abuso del diritto’, sussumendo la fattispecie concreta una fattispecie astratta del tutto non pertinente in tal modo incorrendo nel censurato vizio’. ‘Il caso di specie rientrava, dunque, nell’ambito dell’evasione fiscale’. ‘Non era, perciò, in contestazione né era stata oggetto di discussione tra le parti, nei gradi di merito, la diversa fattispecie dell’abuso del diritto’. Segue, nel motivo, la descrizione de lle esperite indagini. Il motivo quindi così riprende: ‘In sostanza, all’esito delle indagini, l’Ente impositore perveniva alla conclusione che la presenza, nelle casse sociali, di denaro proveniente da evasione, veniva giustificato con artificiosa contropartita, adoperando fittizie operazioni di cessioni di credito ed esponendo contabilmente in cambio, debiti fittizi verso soci ed amministratori della società. Semplificando, le giacenze di cassa alimentate dall’omessa contabilizzazione dei corrispettivi venivano ‘ regolarizzate ‘ attraverso l’artificio contabile dell’accensione, in contropartita, di conti di debito nei confronti dei soci, i quali potevano essere liberamente
movimentati in futuro senza scontare alcuna tassazione. Tanto premesso, alla luce delle gravi anomalie ed incongruenze emerse in sede di controllo, la Guardia di Finanza aveva, espressamente, disconosciuto l’attendibilità delle scritture contabili, legittimando così la rideterminazione del reddito d’impresa e del volume d’affari della società con metodo ‘ induttivo extracontabile ‘ ex art. 39, comma 2 DPR 600/1973. Quindi, con gli avvisi impugnati, l’Erario, nel condividere le risultanze della verifica, recuperava a tassazione, a titolo di corrispettivi non contabilizzati, il debito di € 3.026.018,26 iscritto dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti del socio COGNOME NOME, atteso che le sottostanti operazioni di cessioni di credito, sprovviste di riscontro documentale, apparivano, come tali, inverosimili. La questione controversa riguardava, dunque, l’idoneità, o meno, della prova fornita dalla controparte in merito alla contabilizzazione, da parte della società RAGIONE_SOCIALE, del debito nei confronti del socio COGNOME COGNOME NicolaCOGNOME. In appello, ‘le contestazioni e le eccezioni erano sempre state incentrate sull’idoneità o meno della documentazione prodotta a comprovare l’esistenza e la natura del credito . La sentenza della CTR Abruzzo , assumendo erroneamente l’applicabilità della normativa in tema di abuso del diritto, ha definito la controversia ritenendo non sussistenti gli elementi costitutivi dell’abuso, con particolare riferimento alla dimostrazione del vantaggio fiscale , in tal modo palesando il travisamento dei fatti di causa e delle ragioni giuridiche sottostanti al recupero e sovvertendo la materia del contendere’.
Il motivo, che di per sé sconta, come subito si vedrà, profili di inammissibilità, è nel complesso infondato.
2.1. Invero, è sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per appurare come la stessa esibisca una motivazione
effettiva, sia dal punto di vista grafico che contenutistico, dovendosi per l’effetto escludere alcuna ipotesi di omessa motivazione o di motivazione meramente apparente.
La CTR – che lo stesso motivo riconosce aver ‘dato atto che ‘l’Ufficio ha considerato non veritiere le molteplici operazioni di cessione dei rapporti di credito e di debito intercorse tra le società del gruppo” ha proceduto ad un’autonoma qualificazione dei fatti, ragion per cui il motivo finisce per denunciare la non condivisibilità della stessa, a fronte della diversa prospettazione agenziale: prospettazione, tuttavia, che, a tenore del motivo, costituisce di per sé il risultato di un’articolata attività valutativa. Talché il motivo -che, peraltro, incorrendo in difetto di autosufficienza, non evidenzia le specifiche risultanze documentali su cui la diversa prospettazione agenziale fonda -scivola nella richiesta di una rivisitazione del quadro fattuale su un piano sostanzialmente meritale.
In sostanza, quel che il motivo mira a censurare non è un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma piuttosto le argomentazioni che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione.
Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Vale, invero, l’insuperato insegnamento secondo cui ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a
prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione’ (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 15.000,00, oltre rimborso delle spese per euro 200, contributo forfettario al 15% ed accessori, se ed in quanto dovuti.
Così deciso a Roma, lì 13 settembre 2024.