Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25988 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25988 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
Avv. di acc. – IRES
IVA – IRAP –
2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14695/2018 R.G. proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliata ope legis presso la Corte di cassazione, INDIRIZZO Roma.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 9805/2017 depositata in data 17 novembre 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° luglio 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per Ires, Iva, Irap per l’anno di imposta 2009. In particolare, a seguito del p.v.c. del 17 maggio 2012 della Guardia di Finanza di Salerno, l’Ufficio rilevava: maggiori ricavi pari ad € 1.019.250,00
determinati ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973 sulla base di non giustificati versamenti mensili ai soci.
Avverso l’avviso di accertamento, la società proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Napoli, la quale con sentenza n. 2477/2016 rigettava il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’ufficio in assenza di elementi probatori che avessero potuto inficiare l’accertata esistenza di ricavi non contabilizzati.
Contro tale sentenza proponeva appello la società dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE Campania; l’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
La RAGIONE_SOCIALE Campania, con sentenza n. 9508/2017 depositata in data 17 novembre 2017, rigettava l’appello della società, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 – art. 36, d.lgs. 546/1992; art. 118 disp. att e art. 111, sesto comma, Cost. – vizio di mancanza assoluta di motivazione e/o di motivazione apparente e/o perplessa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato, con motivazione apodittica e meramente apparente, le censure contenute nell’atto di appello.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, d.p.r. n. 600/1973, articolo 56, d.p.r. 633/1972 e art. 20, primo comma, lett. a e b, d.p.r. n. 266/1987, anche in relazione dell’art. 2697 cod. civ. circa
l’onere della prova di valida delega, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato l’eccezione di difetto di delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione dell’art. 42, commi 1 e 3, d.p.r. n. 600/1973, art. 56, d.p.r. n. 633/1972, oltre che all’art. 7, legge n. 212/2000 -omissione di pronuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. vizio di mancanza assoluta di motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione formulata in appello sul difetto di motivazione con riferimento al recupero dell’IVA.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 12, d.lgs. n. 472/1997 -omissione di pronuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha pronunciato sulla legittimità delle sanzioni irrogate.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso così rubricato: «Violazione dell’art. 1 comma 33 del d.lgs. n. 158/2015; riduzione delle sanzioni in applicazione del principio del cd. favor rei ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la società contribuente chiede l’applicazione delle sanzioni più favorevoli in virtù dello ius superveniens.
Il primo motivo è fondato.
2.3. Secondo l’accezione più volte illustrata da questa Corte (ex plurimis, Cass. 17/03/2023, n. 7908; Cass. 28/02/2023, n. 6037;
Cass. 19/01/2023, n. 1618; Cass. 23/12/2022, n. 37770, che richiama Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione». Pertanto, «a motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost.» (Cass. 30/06/2020, n. 13248 del 30/06/2020).
2.4. Ancora costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (Cass. 03/02/2021, n. 2397). Invero, la sentenza d’appello può essere
motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 05/08/2019, n. 20883).
2.5. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. non ha fatto buon governo dei principi normativi e giurisprudenziali declinati ed ha addirittura obliterato una motivazione della quale evincere l’iter logico giuridico sottostante allorquando si è limitata ad affermare che ‘l’appellante non riesce a superare i rilievi mossi sia in ordine finanziamenti soci sia in ordine alla inattendibilità delle scritture contabili nemmeno in questo grado di giudizio, limitandosi a ribadire quanto già affermato in 1°, già censurato dai primi giudici. Anche in questo grado di giudizio, l’appellante non riesce a dimostrare la provenienza delle somme versate dai soci al conto finanziamento soci infruttifero atteso la insufficiente capacità reddituale dei soci stessi’. Di poi, alcun argomento viene speso riguardo all’infondatezza del recupero dell’IVA.
Dall’accoglimento di questo motivo di ricorso discende l’assorbimento dei restanti.
In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto e, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 1° luglio 2025
Il Presidente Dott. NOME COGNOME