Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18727 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18727 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
Oggetto: Atto di pignoramento -Cartelle di pagamento -Ritualità della notifica -Sentenza -Motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22384/2022 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura rilasciata su foglio separato e allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME la quale ha indicato l’indirizzo pec EMAILpecEMAIL, ammessa al patrocinio a spese dello Stato;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, n. 336/01/2022, depositata in data 21 aprile 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La ricorrente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cagliari avverso l’ atto di pignoramento n.
NUMERO_CARTA lamentando la mancata notificazione degli atti prodromici (cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA ed intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA.
Si costituiva in giudizio l’ Agente della RAGIONE_SOCIALE che produceva documentazione attestante la rituale notifica della cartella di pagamento e dei successivi atti esattoriali, eccependo, per l’effetto, la definitività degli atti opposti e l’inammissibilità del ricorso ex artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992.
La CTP dichiarava inammissibile il ricorso, stante la devoluzione della cognizione al giudice ordinario, alla luce della rituale notifica degli atti presupposti.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Sardegna, rilevato che l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento -è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario, rigettava l’appello rilevando la rituale notifica della cartella di pagamento , eseguita presso l’indirizzo di residenza del padre della contribuente, qualificatosi come convivente con la figlia.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso la contribuente, affidandosi ad un unico motivo. ADER ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 20 giugno 2025.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ., con la quale ha eccepito il giudicato esterno, derivante dalla sentenza della CTR Sardegna n. 864/2021.
Considerato che:
Va, preliminarmente, rigettata l’eccezione di giudicato sollevata dalla ricorrente nella memoria ex art. 380bis cod. proc. civ..
La contribuente deduce che la sentenza della CTR della Sardegna n. 864/2021, depositata il 29/12/2021, contenga l’accertamento di un fatto, ossia la residenza del di lei padre in luogo (INDIRIZZO Cagliari) diverso da quello della sua residenza (INDIRIZZO, Cagliari), rilevante nel presente giudizio. Il giudicato si è formato successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso in scrutinio; l’eccezione sarebbe, quindi, ammissibile.
L’eccezione non ha pregio.
Invero, da un lato l’accertamento della residenza della odierna ricorrente in luogo diverso da quello del padre è stata eseguito nella sentenza n. 864/2021 con riferimento ad un atto (sollecito di pagamento) datato 03/02/2010, mentre la notifica della cartella oggetto del presente giudizio risale al 16/01/2007; dall’altro, e a prescindere da tale rilievo, la decisione impugnata nel presente giudizio non si fonda sul fatto/residenza della contribuente, bensì sulla valenza giuridica della dichiarazione resa dal padre (qualificatosi come ‘convivente’ della figlia -destinataria dell’atto) in sede di notifica (e sotto tale profilo la conclusione cui perviene la sentenza non risulta censurata dalla contribuente).
Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione, formulato in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., la ricorrente deduce la nullità della sentenza, avendo i giudici di seconde cure fornito una motivazione meramente apparente, per relationem a quella di primo grado, inidonea a disvelare l’iter logico seguito per giungere alla decisione. Di qui, la violazione degli artt. 36 e 62 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., nonché dell’art. 111 Cost.. La motivazione, affidata ad un generico richiamo alla ‘documentazione versata in atti’, difetterebbe di ogni descrizione del fatto, del processo e dei motivi di gravame.
In particolare, sarebbe mancata l’illustrazione delle ragioni per cui sono stati rigettati i motivi di appello, in particolare l’asserita mancata prova della notifica della cartella di pagamento, eseguita in
violazione dell’art. 139 cod. proc. civ. ( presso un indirizzo diverso da quello di abituale residenza della contribuente).
L’omessa indicazione dell ‘iter logico -argomentativo seguito inficerebbe, quindi, la motivazione della sentenza.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di
contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.3. Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 04/06/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
2.4. Nella specie la CTR, dopo aver premesso che la contribuente aveva ribadito la censura di nullità della notifica della cartella di pagamento, ha condiviso la decisione dei giudici di primo grado, ribadendo la ritualità della detta notifica in quanto ‘avvenuta da parte del messo notificatore mediante consegna al padre della contribuente, NOME NOME, che si è qualificato ‘padre convivente’
della medesima ed in quanto tale, soggetto legittimato alla ricezione degli atti’ (ultima pagina della sentenza). Precisava, altresì, gli effetti della dichiarazione resa dal padre in termini di mancato onere, in capo all’ufficiale giudiziario, della verifica della veridicità del contenuto di detta dichiarazione, e di presunzione di sollecita consegna di copia dell’atto al destinatario.
2.5. Orbene, tale motivazione (condivisibile o meno) supera sicuramente il ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost..
Il ricorso va, in definitiva, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1quater T.U. n. 115/2002. Invero, alla luce del l’ arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 4315/2020), il giudice dell’impugnazione è tenuto a dare atto della sussistenza dei presupposti applicativi della norma anche quando l’ impugnante sia ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Precisamente, il giudice di nomofilachia ha affermato i seguenti principi:
la debenza di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione è normativamente condizionata a ‘due presupposti’, il primo dei quali -di natura processuale -è costituito dall’aver il giudice adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione, mentre il secondo appartenente al diritto sostanziale tributario -consiste nella sussistenza dell’obbligo della parte che ha proposto impugnazione di versare il contributo unificato iniziale con riguardo al momento dell’iscrizione della causa a ruolo. L’attestazione del giudice dell’impugnazione, ai sensi all’art. 13, comma 1-quater, secondo periodo, T.U.S.G., riguarda solo la sussistenza del primo presupposto, mentre spetta all’amministrazione giudiziaria accertare la sussistenza del secondo;
-il giudice dell’impugnazione non è tenuto a dare atto della non sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato quando il tipo di pronuncia non è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (pronuncia di integrale rigetto o di inammi ssibilità o di improcedibilità dell’impugnazione), dovendo invece rendere l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater, T.U.S.G., solo quando tali presupposti sussistono;
-poiché l’obbligo di versare un importo ‘ulteriore’ del contributo unificato è normativamente dipendente -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G. -dalla sussistenza dell’obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, ben può il giudice dell’impugnazione attestare la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, condizionandone . la effettiva debenza alla sussistenza dell’obbligo di versare il I contributo unificato iniziale;
-il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo un ificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato); mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2025.