Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5207 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5207 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
Oggetto: motivazione apparente della sentenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2612/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato, assistito e difeso, ai fini del presente giudizio, anche disgiuntamente tra loro, dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL e dagli avvocati NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e NOME COGNOME (PEC: EMAIL come da procura speciale in atti;
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Presidente pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto n. 601/01/2023 depositata in data 22/06/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la controversia concerne gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate ha contestato la partecipazione dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, la partecipazione ad una frode IVA nel settore dell’edilizia, posta in essere utilizzando fraudolentemente il regime di reverse charge , mediante l’interposizione tra l’impresa RAGIONE_SOCIALE effettiva fornitrice delle prestazioni ed i clienti finali la società, ‘cartiera’ ed evasore totale, ‘RAGIONE_SOCIALE‘;
in particolare, per l’anno 2014 l’Ufficio ha contestato maggiori operazioni imponibili pari a 273.900 euro e una corrispondente maggiore IVA dovuta pari a 60.258 euro ed irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria unica pari 112.983,75 euro, ridotta a 106.002,50 euro, tenuto conto delle sanzioni irrogate con gli atti relativi alle annualità precedenti;
per l’anno 2015 l’Ufficio ha contestato maggiori operazioni imponibili pari a 336.386 euro e una corrispondente maggiore IVA dovuta pari a 74.005 euro ed irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria unica pari 187.325,16 euro, ridotta a 74.341,41 euro, tenuto conto delle sanzioni irrogate con gli atti relativi alle annualità precedenti;
la CTP rigettava il ricorso; appellava il contribuente;
con la sentenza qui gravata la CTR ha rigettato l’appello e confermata la sentenza impugnata;
ricorre a questa Corte COGNOME NOME con atto affidato a due motivi di impugnazione che illustra con memoria;
resiste l’Amministrazione Finanziaria con controricorso;
-il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c.; a seguito di ciò parte ricorrente ha chiesto la decisione Collegiale;
Considerato che:
va preliminarmente osservato che nessuna rilevanza possono avere nel presente giudizio i fatti relativi al processo penale, definito con la sentenza ormai definitiva prodotta resa dal Tribunale di Padova, in quanto la stessa ha assolto, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., l’imputato con la formula ‘il fatto non costituisce reato’ ritenuto mancante la prova della sua responsabilità (penultimo paragrafo della parte motiva); con ciò non viene quindi in rilievo tale pronuncia dal momento che la stessa non è ricompresa -quanto alla formula assolutoria applicata dal giudice penale – tra quelle di cui all’art. 21 bis d. Lgs. n. 74 del 2000;
venendo ora ai motivi di gravame, rileva il Collegio che il primo motivo deduce la violazione degli artt. 132 e 112 c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nonché dell’art. 36, comma 2 e 4, del d. Lgs. n. 546 del 1992, per omessa motivazione in relazione ai punti 8.1 e 8.1.1. della sentenza impugnata; secondo parte ricorrente, il giudice di secondo grado ha del tutto omesso di esporre le valutazioni dallo stesso compiute, nonché le ragioni a sostegno della propria pronuncia di rigetto dell’appello;
il motivo è manifestamente infondato;
è dedotta, nel dettaglio, l’omessa motivazione della sentenza impugnata in merito alle dichiarazioni di terzo, prodotte dal ricorrente, ritenute non utili ai fini della decisione della causa. La mancanza della motivazione, per costante giurisprudenza, si configura nel caso in cui ‘la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo
segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazioneovvero quando essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum’ (Cass. sentenza n. 20112/2019, in questo senso anche Cass., SS.UU., sentenza 8053/2014);
nel caso di specie, la CTR ha espressamente preso posizione sul motivo di censura riportando anche i riferimenti giurisprudenziali da cui ha tratto il suo convincimento logico-giuridico;
il secondo motivo si incentra sulla violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d. Lgs. n. 546 del 1992 con riferimento al punto 8.1.2. della sentenza impugnata, rientrante -secondo parte ricorrente – nelle gravi anomalie individuate dalla giurisprudenza di legittimità quale motivazione per relationem apparente; si sostiene che i giudici di merito avrebbero giustificano il rigetto dell’appello ponendo quale premessa dell’intero ragionamento non solo un generico richiamo alla giurisprudenza nazionale, omettendo qualsivoglia valutazione in ordine all’applicabilità della stessa al caso concreto, bensì rinviando e rimettendosi al contenuto degli ‘ atti di causa ‘ senza però identificarli o riportarne il contenuto in modo critico;
anche il secondo motivo è manifestamente infondato;
la censura in argomento denuncia nuovamente il vizio di motivazione apparente. Tale vizio però ricorre quando vengano omessi del tutto i riferimenti sulla base dei quali il giudice fondi il proprio ragionamento logico-giuridico (cfr. Cass. Ordinanza 7852/2020), il che qui non accade. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la motivazione della sentenza con rinvio per relationem ‘… è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall’art.111, comma 6, Costituzione, purché la condivisione della decisione avvenga attraverso
un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato.’ (Cass. Civ., Sez. V, sentenza n. 21443/2022);
ebbene, nel caso di specie, la sentenza impugnata riporta la ricostruzione puntuale della motivazione in fatto e in diritto posta a base delle ragioni decisorie della CTR;
conclusivamente, il ricorso va rigettato;
le spese sono regolate dalla soccombenza;
infine, la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis, ultimo comma, cod. proc. civ. a seguito di proposta di definizione accelerata, per cui la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ., come previsto dal citato art. 380 bis, ultimo comma, in continuità con quanto già affermato da queste Sezioni Unite con le recenti decisioni Sez. U., n. 27195 del 22/09/2023 e n. n. 27433 del 27/09/2023 (v. anche Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023);
i citati precedenti hanno evidenziato che la novità normativa « contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’ », sì da codificare « una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale). Non attenersi ad una valutazione
del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata » ; – debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 2.900,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. l’ulteriore importo di euro 1.450,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte controricorrente della somma di euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.900,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 1.450,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025.