Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9231 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9231 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22712/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania -Sezione Distaccata di Salerno n. 2040/2022 depositata il 23/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza della CTR in epigrafe che, rigettando l’appello della società, ha confermato la pronuncia di primo grado, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’ avviso di recupero n. TF9CR1100048/2018, avente ad oggetto indebite compensazioni di credito di imposta, per l’importo di euro 25.220,87 relativo all’anno di imposta 2018.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la società contribuente deduce , in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c., la nullità per motivazione illogica in violazione degli artt. 112, 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c., per avere «la Commissione tributaria regionale affermato illogicamente che la compensazione dei crediti fiscali con debiti previdenziali non costituisce il presupposto fattuale dell’atto di recupero, nonostante le parti del processo abbiano affermato che l’oggetto del giudizio è l’indebita compensazione con crediti fiscali inesistenti affermato anche nell’atto di recupero».
Il motivo è inammissibile.
2.1. L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
2.2. Va ancora rammentato che ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.’ (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
2.3. D’altro canto, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel giudizio di cassazione censure incentrate sulla pretesa insufficienza dell’apparato argomentativo sorreggente il decisum.
Nessuna di tali fattispecie ricorre nel caso in esame, rilevandosi che dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge con chiarezza ed esaustività l’iter logico seguito dalla CTR per argomentare i propri convincimenti.
3.1. I giudici territoriali, dopo ampia ricostruzione dei fatti di causa, hanno dato atto che « L’ufficio quindi ha ritenuto di effettuare il recupero deducendo in primis l’inesistenza del credito, di cui mancava sia il requisito formale (indicazione nel quadro RU della dichiarazione) sia il requisito sostanziale (comunicazione al CTS Investimenti), in tal modo avvalorando la segnalazione di indebita compensazione. E ciò non già per erronea attribuzione di codice 6761 (correttamente riferito al credito di imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate), né per mancanza di prova sul rapporto di sgravio previdenziale INPS (su cui non v’è eccezione di INPS, nei cui confronti la vocazione in giudizio assume la funzione di mera denunciatio litis), bensì per insussistenza del presupposto causale (credito compensabile)». Hanno quindi osservato che « ciò che per l’appellante costituisce una violazione della regola di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ed anche un error in procedendo in cui sarebbe incorso il primo giudice, in
realtà si ribalta (o si sarebbe potuto ribaltare in primo grado) sulla ammissibilità delle stesse doglianze, giacché, si ripete, l’impugnato atto di recupero è stato emesso per mancata documentazione sulla richiesta del credito di imposta (omessa comunicazione CTS Investimenti agevolati e omessa indicazione in dichiarazione redditi con concessione del credito dalla Centrale Operativa nazionale), non già per mancata documentazione sulla causale della compensazione con l’obbligazione verso INPS », che, ad ogni modo, la CTR ravvisa sussistere nella copia del mod. F24 datato 11/1/2018 , prodotta in giudizio dall’Agenzia delle Entrate.
Ancora, alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass.1 marzo 2022 n.6774, id. n. 1229 del 2019), «In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione».
5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/03/2025.