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Motivazione apparente per relationem: nullità sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per motivazione apparente per relationem. Il giudice di secondo grado si era limitato a richiamare la decisione di primo grado, senza analizzare e confutare specificamente i motivi di appello presentati dall’Agenzia delle Entrate. Questo vizio procedurale, che rende impossibile comprendere l’iter logico-giuridico seguito, ha comportato la cassazione con rinvio della decisione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente per Relationem: Quando la Sentenza è Nulla

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento, sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Una decisione senza motivazione, o con una motivazione solo apparente, è una decisione invalida. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questo principio, spiegando quando una motivazione apparente per relationem conduce inevitabilmente alla nullità della sentenza. Il caso analizza la vicenda di un presunto amministratore di fatto e la condotta di un giudice d’appello che non ha adeguatamente risposto alle censure mosse dall’Agenzia delle Entrate.

I Fatti del Caso: Un Lungo Percorso Giudiziario

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento per imposte dirette e IVA relativi agli anni 2005 e 2006, notificati a un contribuente ritenuto dall’amministrazione finanziaria l'”amministratore di fatto” di una società cooperativa. Il contribuente impugnava gli atti, ottenendo ragione in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglieva il gravame. Tuttavia, questa prima sentenza d’appello veniva cassata dalla Suprema Corte per totale assenza di motivazione. Il caso veniva quindi rinviato nuovamente alla CTR che, in diversa composizione, questa volta accoglieva le ragioni del contribuente, confermando la decisione di primo grado. L’Agenzia delle Entrate ricorreva nuovamente in Cassazione, lamentando che anche questa seconda sentenza d’appello fosse viziata, questa volta per motivazione apparente per relationem.

L’Ordinanza della Cassazione e la Motivazione Apparente

Il cuore della questione sottoposta alla Corte di Cassazione riguardava la validità della motivazione della seconda sentenza d’appello. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la CTR si era limitata a confermare la decisione di primo grado con un mero rinvio al suo contenuto, senza però spiegare perché le specifiche critiche e censure mosse nell’atto d’appello fossero infondate.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo. Ha ribadito un principio consolidato: una sentenza è nulla quando il giudice d’appello si limita a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata, mediante una mera adesione ad essa, senza illustrare le ragioni che lo hanno indotto a disattendere le censure dell’appellante. In tali circostanze, risulta impossibile individuare il “thema decidendum” (l’oggetto del decidere) e le ragioni a fondamento della decisione.

La Differenza tra Riferimento Legittimo e Motivazione Invalida

È importante sottolineare che la motivazione per relationem non è sempre illegittima. È valida quando il giudice fa riferimento a un’altra pronuncia che condivide, a condizione che espliciti un proprio percorso logico-giuridico che dimostri di aver esaminato e valutato criticamente i motivi di gravame. Nel caso di specie, invece, la CTR si era limitata a un generico richiamo, omettendo qualsiasi analisi delle argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate. Questo comportamento equivale a una mancata risposta, rendendo la motivazione solo apparente.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte, nel cassare la sentenza, ha richiamato un suo precedente (Cass. n. 24452/2018), secondo cui è completamente priva di motivazione la sentenza che non illustra le censure dell’appellante e le considerazioni che hanno portato la commissione a respingerle. La semplice condivisione della motivazione impugnata non può ritenersi raggiunta attraverso un esame e una valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame se questi non vengono esplicitamente affrontati.

L’accoglimento di questo primo motivo, relativo al vizio di procedura, ha determinato l'”assorbimento” del secondo motivo, che riguardava il merito della questione (ovvero se il contribuente fosse o meno amministratore di fatto). Ciò significa che, essendo la sentenza nulla per un vizio fondamentale, non è stato necessario esaminare le altre questioni. Il giudice del rinvio dovrà ora procedere a un nuovo esame dell’appello, questa volta fornendo una motivazione completa e rispondendo puntualmente a tutti i motivi sollevati dall’Agenzia.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del giusto processo: il giudice d’appello ha il dovere di confrontarsi con le critiche mosse alla sentenza di primo grado. Non può eludere questo compito rifugiandosi in un generico rinvio alla decisione impugnata. Una motivazione apparente per relationem costituisce una violazione dell’obbligo di motivare e comporta la nullità della sentenza. Per le parti in causa, ciò significa che il giudice del rinvio dovrà riesaminare l’appello, assicurando che ogni argomentazione riceva la dovuta considerazione e una risposta logico-giuridica esauriente.

Quando una motivazione ‘per relationem’ è considerata apparente e rende nulla la sentenza?
Una motivazione ‘per relationem’ è considerata apparente, e quindi causa di nullità, quando il giudice d’appello si limita a fare un mero rinvio alla sentenza di primo grado, aderendo ad essa senza esaminare e confutare specificamente le censure e i motivi di gravame proposti dall’appellante. In pratica, quando manca un’autonoma valutazione critica delle argomentazioni di chi ha impugnato la decisione.

Cosa significa che l’accoglimento di un motivo di ricorso ‘assorbe’ l’esame degli altri?
Significa che quando un motivo di ricorso, solitamente di natura procedurale (come la nullità della sentenza per vizio di motivazione), viene accolto, esso è talmente radicale da rendere superfluo l’esame degli altri motivi, che riguardano il merito della questione. La decisione viene annullata per il vizio procedurale e il giudice del rinvio dovrà riesaminare l’intera questione, compresi i motivi non esaminati dalla Cassazione.

Qual è il dovere del giudice d’appello quando valuta una sentenza di primo grado?
Il giudice d’appello ha il dovere di esaminare l’intera controversia alla luce dei motivi di impugnazione proposti. Non può limitarsi a confermare la decisione precedente, ma deve esplicitare il proprio percorso logico-giuridico, dimostrando di aver preso in considerazione, analizzato e risposto a ciascuna delle critiche mosse dall’appellante alla sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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