Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
Oggetto: tributi-processo- motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2302/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Campania, Sez. staccata di Salerno, n. 6224/12/15 pronunciata il 09 marzo 2015 e depositata il 23 giugno 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La società contribuente, operante nel settore della compravendita di beni immobili effettuata con beni propri, era oggetto di una verifica fiscale per gli anni d’imposta 2007 -2008.
Dall’analisi della documentazione fiscale e contabile societaria emergeva che per ambo le annualità la società aveva dichiarato perdite d’impresa e che non emergevano operazioni attive. Tuttavia, dall’indagine dei conti correnti emergevano accrediti di n. 9 assegni bancari per complessivi euro 49.140,00 per l’anno 2007 e n. 5 assegni bancari per l’anno 2008 per un importo totale di euro 18.850,00. Secondo la giustificazione inizialmente offerta dal legale rappresentante sig. COGNOME, trattavasi di assegni da lui ricevuti e ceduti alla società ma sui quali costui aveva dimenticato di apporre la girata. La suddetta tesi veniva poi modificata con la giustificazione per cui detti assegni integravano dei finanziamenti operati da tutti e tre i soci, e non solo dal sig. COGNOME. La successiva procedura di accertamento per adesione esitava in senso negativo per mancata partecipazione della contribuente.
L’Ufficio si determinava pertanto ad emettere degli avvisi di accertamento ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 ai fini Ires, Irap e IVA, che la contribuente impugnava innanzi il giudice di legittimità, rilevando di aver svolto attività di costruzione di un manufatto edilizio per la successiva rivendita a terzi grazie all’ausilio dei finanziamenti dei soci, ma che il cantiere era stato poi oggetto di sequestro. Pertanto, non potendo essere alcuna operazione attiva per degli immobili di fatto non ultimati e comunque sequestrati,
veniva meno la presunzione di maggior reddito d’impresa di cui al citato art. 32.
La sentenza di rigetto del primo grado di giudizio veniva tuttavia parzialmente riformata dalla CTR. Dopo aver respinto la censura afferente l’insufficiente motivazione della sentenza di primo grado perché argomentata, il Collegio d’appello aderiva alle te si difensive della società contribuente in relazione all’unico cantiere aperto ma non attivo, perché non contestato dall’Ufficio, osservando come gli accertamenti compiuti dall’Ufficio si fondassero solo sull’indeterminatezza dell’ultima girata: circostanza, quest’ultima, che la CTR riteneva inidonea ad integrare la presunzione di ricavi non dichiarati.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria, che svolge due motivi di ricorso. Rimane intimata la società contribuente.
CONSIDERATO
Con il primo motivo il patrono erariale denunzia la motivazione apparente in violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360, co. 1m n. 3 c.p.c.
1.1 In sostanza afferma che la CTR avrebbe reso una pronuncia illegittima, perché affetta da motivazione apparente, non avendo il Collegio di riforma esplicato il motivo per cui dall’indeterminatezza della girata sarebbe conseguita la giustificazione dei versamenti.
Il motivo ben può essere riqualificato secondo il paradigma del n.4, comma primo, art.360 cod. proc. civ., in applicazione del principio di diritto ai sensi del quale «L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato» (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014).
2.1 In questi termini il motivo è fondato.
Per costante orientamento di questa Corte «il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie,
ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6-5, ord. n. 14927 del 15/6/2017).» (Cfr. Cass., VI, n. 1868/2023).
2.2 Parimenti va ricordato che «l’onere probatorio dell’RAGIONE_SOCIALE è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità RAGIONE_SOCIALE operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. sent. n.21303/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10249 del 2017)» (Cfr. Cass., V, n. 36257/2023).
2.3 Nella fattispecie in esame la CTR muove dalla mancata contestazione della circostanza di fatto inerente il sequestro dell’unico cantiere condotto dalla contribuente ma oblitera l’altra circostanza di fatto, parimenti incontestata e incontroversa tra le parti, per cui le indagini bancarie hanno evidenziato dei versamenti eseguiti senza giustificazione e girata nell’arco di due anni. Versamenti ingiustificati che, peraltro, si sono susseguiti per ben tredici volte. Trattandosi di ricavi desunti da operazioni di versamento su conti correnti intestati alla società, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare, alla luce della documentazione in atti, se in concreto fosse stata fornita la prova della natura di dette movimentazioni. Si tratta quindi di motivazione solo graficamente esistente, ma sostanzialmente ben al di sotto del minimo costituzionale, dal momento che nulla viene detto sulle questioni oggetto dei fatti emersi in corso di giudizio, a partire dalla
circostanza che la girata sarebbe stata ‘dimenticata’ per tredici volte e che i soci della società avevano fornito motivazioni contrastanti tra loro in relazione alle stesse operazioni.
Il motivo è dunque fondato e va accolto.
Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 32 d.P.R. n. 600/1973 e 51 d.P.R. n. 633/1972, degli artt. 2729 c.c. e 2697 c.c. in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per non aver correttamente applicato la disciplina in commento, fondata su una presunzione legale e con conseguente mal governo del principio di inversione dell’onere della prova a carico della contribuente.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
In conclusione, va accolto il primo motivo, dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado perché rinnovi il suo giudizio nel rispetto dei principi esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, Sez. staccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024