Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17573 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18287/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– resistente –
e
COGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO ABRUZZO n. 405/2024, depositata il 12/06/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/06/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I contribuenti COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano ricorso avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle entrate di l’Aquila in relazione alla richiesta di rimborso di quanto versato a titolo di ritenuta d’acconto sull’indennità di esproprio registrata nel 1967, concretamente erogata a distanza di 45 anni dall’avvio della procedura ablatoria.
L’adita CTP accoglieva il ricorso con sentenza che veniva, tuttavia, riformata dalla CTR.
A seguito di ricorso per cassazione dei citati contribuenti, questa Corte -con ordinanza n. 12171/2023 – lo riteneva fondato e cassava con rinvio la pronuncia impugnata.
Riassunto il giudizio, la Corte di rinvio, con la sentenza richiamata in epigrafe, rigettava l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado e regolando le spese processuali dei vari gradi.
Avverso la suddetta sentenza adottata in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo.
Si è costituita, con mero atto di resistenza del 30 maggio 2025 (a fronte dell’avvenuta notificazione del ricorso in data 28 agosto 2024), l’ intimata COGNOME NOME
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con esso si denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. – la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 111 Cost. e dell’ art. 36, secondo comma, d.lgs. n. 546/1992.
Si lamenta il vizio di motivazione illogica ed apparente della sentenza impugnata, siccome da considerarsi basata su una petizione di principio riconducibile al ritardo abnorme, ma non analizzato, o per il riferimento processuale alla parte pubblica, ma non esplicitato.
2. Il motivo è manifestamente infondato, ragion per cui non si ravvisa la necessità dell’integrazione del contraddittorio come sollecitata dalla resistente COGNOME NOME -rispetto a tutti i soggetti già partecipanti al giudizio di rinvio, alla stregua dell’applicazione del principio dell’economia del giudizio e della sua durata ragionevole (Cass. n. 12995/2013; Cass. n. 4917/2017 e Cass. n. 23901/2017).
Ciò posto, è risaputo che la motivazione apparente è circoscritta negli stretti limiti di cui S.U. n. 8053/2014; il riferimento al ritardo pluridecennale abnorme (a fronte di un termine di 60/90 gg) rivolto univocamente all’Ufficio -cui compete l’impulso della procedura -costituisce riferimento sufficiente ed idoneo per l’imputazione delle responsabilità in capo all’ente espropriante , avendo l’espropriato limitati poteri di contestazione.
2.1. E’ orientamento consolidato l’assunto per cui, secondo le Sezioni Unite il vizio di motivazione deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
2.2. Quale giudice del fatto processuale in caso di censura ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., questa Corte rileva nella concreta vicenda qui in rilievo – che il compiuto riferimento al ritardo abnorme con cui l’Amministrazione procedente ha espletato le sue funzioni ben al di fuori dei termini procedimentali previsti dalla disciplina ablatoria (d.P.R. n. 327/2001) costituisca chiara motivazione di riferibilità alla parte pubblica di ogni conseguenza dannosa occorsa alla parte privata, in applicazion e del nesso di ‘causalità adeguata’ alla fattispecie concreta.
Ne consegue che tale inequivoca argomentazione rappresenta una sufficiente esplicazione delle ragioni della decisione con cui è stato definito il giudizio qui portato in scrutinio, tale da rispettare il canone del c.d. ‘minimo costituzionale’ .
In definitiva, il ricorso va rigettato, senza che debba farsi luogo ad alcuna pronuncia sulle spese, poiché l’intimata COGNOME NOME si è limitata a depositare un mero atto di resistenza in prossimità dell’adunanza camerale, senza costituirsi regolarmente e tempestivamente mediante controricorso.
Infatti, in tema di condanna alle spese nel giudizio di legittimità, in difetto della proposizione tempestiva di controricorso o di controricorso inammissibile non può essere posto a carico del ricorrente soccombente l’onorario di difesa da rimborsare alla parte meramente resistente, poiché in tale ipotesi detta condanna deve limitarsi all’attività successiva eventualmente svolta, che, nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Sezione ordinaria, previsto dal d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla l. n. 197 del 2016, è limitato alla redazione della memoria scritta ex art. 380bis.1 c.p.c., ossia all’unica attività difensiva consentita in detto procedimento, da ritenersi equiparata alla (o sostitutiva della) discussione in pubblica udienza.
Detta memoria, tuttavia, non risulta essere stata depositata dalla difesa della COGNOME NOME, limitatasi ad un mero atto di resistenza, il cui deposito -ove anche lo si volesse qualificare come memoria -risale al 30 maggio 2025 e, quindi, fuori termine in relazione al disposto del citato art. 380bis.1 c.p.c., essendosi celebrata l’adunanza came rale in data 4 giugno 2025.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.