Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6948 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6948 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 4869/18 depositata il 22 maggio 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Il ricorrente impugnava avviso di accertamento relativo a maggior imposta per omessa dichiarazione di parte dei redditi percepiti (anno d’imposta 2010), e la CTP accoglieva parzialmente il ricorso in conformità alla proposta conciliativa dell’Agenzia , non accettata dal contribuente, (riducendo il reddito accertato ed escludendo l’imposizione IRAP).
L’appello del contribuente veniva dichiarato dalla CTR parzialmente inammissibile e nel resto infondato.
Motivazione apparente
Il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui resiste l’Agenzia a mezzo di controricorso.
Da ultimo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente occorre prendere atto del fatto che la richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere, contenuta nella memoria illustrativa, e traente origine dalla pendenza di altri ricorsi inerenti al medesimo debito d’imposta, non è fondata.
Infatti gli ulteriori ricorsi attengono ad atti traenti origine dall’iscrizione a ruolo provvisoria conseguente alla già richiamata decisione di primo grado che aveva rimodulato il debito del contribuente, riducendolo, ma con ciò non si è affatto determinato un ulteriore e differente atto impositivo avente ad oggetto la medesima pretesa, né si è attuata o configurata una maggior pretesa (come invece nel precedente allegato dalla difesa della parte ricorrente), bensì appunto è stato posto in essere l’esercizio della stessa pretesa attraverso l’atto di riscossione che doveva tener conto della riduzione della stessa operata dalla sentenza di primo grado.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546/92, per aver erroneamente la CTR ritenuto il difetto di specificità dei motivi d’appello relativi alla determinazione del quantum . In particolare, egli avrebbe dedotto l’apparente motivazione della sentenza in ordine al recepimento acritico delle conclusioni assunte dall’ufficio in sede di proposta conciliativa, senza specificare le prove che portavano il primo giudice a tali conclusioni.
2.1. Il motivo è infondato, in quanto poiché l’appello costituisce una forma di impugnazione a critica libera (a differenza del ricorso in cassazione che invece costituisce una forma di impugnazione a critica vincolata), la parte appellante ha l’onere, ai fini della
specificità del gravame, e ancor prima di consentire al secondo giudice di decidere nel merito ove ritenesse fondata la critica sulla ritualità della pronuncia, non solo di denunciare il vizio della sentenza che fonda il motivo di gravame, ma anche -ove lo stesso come nella specie si concreti in vizio della motivazione -di specificare gli elementi probatori e le allegazioni trascurati (da lui ritualmente proposti) dalla pronuncia e quindi di dedurre il merito che condurrebbe all’accoglimento della decisione, mentre da quanto riportato dallo stesso ricorrente nel caso di specie lo stesso si è limitato a criticare il difetto di motivazione sul punto, ma non ha dedotto alcunché in ordine alle prove ed alle ragioni che, ove considerati, avrebbero condotto all’accoglimento nel merito del gravame.
Col secondo mezzo il ricorrente denuncia la sentenza d’appello per asserita motivazione apparente, laddove la stessa ha concluso per l’insussistenza del vizio di motivazione della prima pronuncia per aver questa richiamato ob relationem il contenuto della proposta conciliativa (quindi sempre con riferimento ai motivi relativi alla determinazione del quantum ) e per aver ritenuto che non fosse sufficiente allegare l’omessa notifica ma occorresse anche dedurre nel merito.
3.1. Il motivo è infondato poiché proprio le ragioni che vengono indicate a fondamento del ritenuto vizio della pronuncia rendono ragione del percorso logico seguito dai giudici di appello, indipendentemente dalla condivisione dello stesso da parte dell’appellante.
Anche col terzo mezzo si denuncia motivazione apparente, sotto il profilo del travisamento della prova.
4.1. Il motivo denuncia il travisamento della prova relativamente alla percezione della distinzione tra redditi da lavoro dipendente e autonomo, in tema di formazione della base imponibile. Il motivo è assorbito dal rigetto dei precedenti.
Invero il motivo in esame è inerente alla determinazione della base imponibile, ed in definitiva al quantum , oggetto quindi della proposta conciliativa. Va notato in proposito che con memoria 5.9.17 il contribuente ha chiesto la declaratoria di cessazione parziale della materia del contendere con riguardo al quantum (mantenendo quindi solo i motivi relativi a firma, contraddittorio e allegazione dell’atto di accertamento), e che la pronuncia impugnata ha dichiarato l’inammissibilità proprio dei motivi d’appello inerenti alle questioni relativi ai calcoli (e quindi il quantum ), declaratoria oggetto dei primi due motivi che risultano rigettati.
Col quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.7 l. n. 241/1990, 6 e 10, l. n. 212/2000, 24 e 97 Cost, 41, 47 e 48 CEDU.
5.1. L’esame del presente e dei successivi motivi, con cui si deducono vizi formali dell’atto impositivo, si rende necessario poiché l’inammissibilità dell’appello (oggetto dei primi due mezzi di impugnazione) riguarda solo i relativi motivi concernenti la determinazione dell’imposta.
Ciò detto, sul punto non v’è ragione di rivedere l’orientamento di questa Corte in ordine all’insussistenza di un obbligo di contraddittorio preventivo in caso di tributi non armonizzati, per il quale basta richiamare la stessa sent. Sez. U. n. 24823/15 e le successive elencate dallo stesso ricorrente.
Col quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 7 e 48 bis, d.lgs n. 546/1992; 21-coties l. n. 241/1990, 41, 47 e 48 CEDU in merito all’affermata sanatoria dell’avviso impugnato relativamente ai tributi armonizzati.
6.1. Sul punto non solo mette conto richiamare ancora una volta la sentenza a Sez. U. di questa Corte, citata al paragrafo precedente, ma risulta che sia stato svolto nella specie il tentativo di conciliazione, che consente di instaurare il rapporto tra
amministrazione e contribuente anche in relazione alle sue difese, e può sempre giungere ad un esito favorevole per il secondo anche a mezzo dell’esercizio del potere di autotutela amministrativa.
Col sesto motivo si denuncia violazione degli artt. 42, d.p.r. n. 600/1973, 7, l. n. 212/2000, 3 l. n. 241/90 e 115, cod. proc. civ.
7.1. Anche tale motivo, con cui si denuncia il difetto di motivazione dell’atto, escluso dalla CTR, è infondato, in quanto non solo la CTR rende piena ragione dell’assenza del difetto di motivazione, chiarendo che l’atto conteneva l’elenco dei sostituti d’imposta e che non era necessaria l’allegazione dei compensi e delle dichiarazioni trattandosi di dati noti al contribuente, che aveva emesso la relativa fattura, ma tenta di recuperare altri elementi di fatto (in particolare la mancata produzione delle fatture) per rivedere il relativo accertamento.
Ciò detto, l’osservazione della CTR è pertinente, poiché volta che si discute della revisione di dichiarazione, confrontando l’esito dell’accertamento fiscale con le proprie fatture era il contribuente in grado di difendersi, mentre ogni altra considerazione, come detto, attiene al fatto in questa sede irrilevante.
Deve dunque respingersi il ricorso, con aggravio di spese in capo al ricorrente.
Sussistono altresì i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 2.900,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025