Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10628 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
Avv. Acc. IRPEF 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29212/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME e COGNOME tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso lo studio legale COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO.
-ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 4108/2017, depositata in data 8 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con separati ricorsi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE i ricorrenti di cui in epigrafe impugnavano gli avvisi di accertamento, afferenti all’anno di imposta 2009, notificati il 10 novembre 2014, con cui la direzione provinciale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE accertava in capo alla società RAGIONE_SOCIALE, ai fini dell’IRPEF da imputare ai soci, un maggior imponibile di € 324.123,00 e, ai fini IRAP, un maggior valore della produzione di pari valore nonché, infine, ai fini IVA un maggior volume d’affari per € 323.215,00, con IVA (20%) pari ad € 64.643,00, oltre sanzioni; in capo al socio COGNOME, un reddito di partecipazione di € 97.237,00, a fronte degli € 690,00 dichiarati, pure con conseguenti imposte e sanzioni; in capo alla socia COGNOME un reddito di partecipazione di € 81,031,00, a fronte di quello nullo dichiarato, sempre con relative imposte e sanzioni; si costituiva anche l’ente erariale, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE, previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 703/01/2015, accoglieva parzialmente sia il ricorso della società, determinando i ricavi non dichiarati in € 279.122,84 ed i costi in € 155.094,46, sia i conseguenti imponibili dei due soci; escludeva la nullità degli avvisi di accertamento perché la motivazione era esaustiva per l’indicazione della fonte RAGIONE_SOCIALE proprie informazioni così mettendo in condizione il contribuente di difendersi.
Contro tale sentenza proponevano appello i contribuenti, dinanzi la C.t.r. della Campania, in relazione al mancato riconoscimento tra i componenti negativi RAGIONE_SOCIALE rimanenze iniziali per 103.200,00 e di ulteriori costi per € 22.4099,14; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 4108/2017, depositata in data 8 maggio 2017, la C.t.r. adita rigettava il gravame dei contribuenti, confermando la statuizione di prime cure.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso rilievo d’ufficio di nullità degli avvisi di accertamento, data dalla violazione del principio del contraddittorio in sede di verifica dell’1.10.14, ovvero violazione degli artt. 111 e 24 della Cost. e connessa violazione dell’art. 97 della Medesima, dell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212) e dell’art. 101 cod. proc. civ., in relazione al difetto di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati» i contribuenti lamentano l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE non ha rilevato la mancata esplicazione del contraddittorio preventivo ad avviso di accertamento analitico induttivo compiuto ai danni della società.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione dell’art. 111, comma 6, Cost. e contestuale violazione e falsa applicazione degli artt. 36 D.lgs. 31.12.992, n. 546, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., quindi carenza di motivazione e nullità della sentenza» i contribuenti lamentano l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha motivato in maniera soltanto apparente con riferimento al mancato riconoscimento tra i componenti negativi RAGIONE_SOCIALE rimanenze iniziali per 103.200,00, rinviando a quanto statuito dal Giudice di primo grado.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
2.1. Invero, la questione riguardante la mancata attivazione del contraddittorio preventivo non risulta affrontata nella sentenza
impugnata e i ricorrenti, dichiarando espressamente di non aver proposto simile censura in appello, richiederebbero un intervento ex officio di questa Corte, all’uopo certamente non esercitabile.
Infatti, è giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 6989/2004; Cass. n. 5561/2004; Cass. n. 1915/2004). Pertanto, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 20518 del 28/07/2008).
Nel caso di specie, addirittura sono le stesse controparti che riconoscono (cfr. ricorso pag. 4) di non aver riproposto in appello la censura di nullità della motivazione dell’avviso di accertamento per carenza del contraddittorio endoprocedimentale, di talché la relativa censura, proposta in primo grado, deve intendersi implicitamente rinunciata.
Il secondo motivo di ricorso proposto è infondato.
3.1. Con riguardo al vizio di motivazione occorre dire che la mancanza della stessa, rilevante ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e, nel caso di specie, dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546/1992, riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo
svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., SS. UU., sent. 7 aprile 2014 n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. n. 6626/2022 e Cass. n. 22598/2018).
3.2. Ebbene, una volta sancita questa riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato che questa Corte può effettuare sulla motivazione, risulta evidente come la decisione della C.t.r. qui impugnata non possa dirsi affetta dal vizio in discussione.
3.3. Ancora, questa Corte ritiene che nel processo tributario la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti autosufficiente, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass., n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018).
3.4. Nella fattispecie in esame, nella sentenza impugnata si statuisce, con una motivazione della quale è agevole scorgere l’iter logico-giuridico, quanto segue: «Il Collegio preliminarmente ritiene di dover condividere l’iter logico giuridico seguito dai primi giudici, e pertanto la sentenza impugnata appare scevra da censure sui vari punti giudicati. In particolare, il Collegio ritiene privo di pregio il rilievo circa il mancato riconoscimento, nei componenti negativi, RAGIONE_SOCIALE rimanenze iniziali pari ad € 103.200,00 poiché come già
rilevato dai primi giudici, al di là di una mera affermazione ed indicazione di annotazione nel registro IVA la Società contribuente non offre neanche a questo giudice nessuna relativa documentazione di dettaglio».
Pertanto, non si è in presenza di un rinvio acritico a quanto statuito dal Giudice di primo grado, cui fanno riferimento gli odierni ricorrenti perché la C.t.r., nella propria decisione, dopo aver condiviso quanto affermato in primo grado, ha dimostrato di aver effettuato un proprio esame, rilevando che dalla documentazione prodotta dalla parte non poteva evincersi quanto dalla stessa propugnato.
3.5. Inoltre, la censura proposta non fa che risolversi nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal Giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al Giudice di legittimità (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 21 febbraio 2025.