Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 6036-2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t. elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato , che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende Controricorrente della sentenza n. 2414/18/2020 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 4 agosto 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 maggio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Iva – Op. sogg. inesistenti – Prova – Motivazione apparente
FATTI DI CAUSA
Alla RAGIONE_SOCIALE l’Agenzia delle entrate notificò l’ avviso d’accertamento con cui, ai fini Iva e relativamente a ll’ anno d’imposta 201 1, recuperò ad imponibile € 20.514,00, ritenute detrazioni indebite perché riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti.
Avverso l’atto impositivo la società propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Latina, che con sentenza n. 196/05/2018, a nnullò l’a tto impositivo. L ‘Ufficio appellò la decisione dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, che con sentenza n. 2414/18/2020 respinse l’impugnazione.
Il giudice regionale ha affermato non provata la contestazione erariale relativa alla emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ed ha ritenuto illegittimo l’atto impositivo non accompagnato dalla documentazione in forza della quale l’avviso d’accertamento era stato emesso.
L ‘Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui ha resistito la società con controricorso.
All’esito dell’adunanza camerale del 14 maggio 2025 la causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente respingersi l’istanza con cui la ricorrente amministrazione finanziaria ha chiesto la trattazione della causa in pubblica udienza.
Questa Corte ha già chiarito che per il giudizio di cassazione l’art. 375 c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, delinea un rapporto di regola-eccezione, secondo cui i ricorsi sono normalmente destinati ad essere definiti all’esito dell’adunanza camerale nelle forme previste dall’art. 380 bis.1 c.p.c., salvo nei casi di revocazione ex art. 391 quater c.p.c. e di particolare rilevanza della questione di diritto, ipotesi quest’ultima non ricorrente ove la questione sia già stata risolta dalla Corte ovvero qualora il principio di diritto da enunciare sia solo apparentemente nuovo, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, seppur in relazione a fattispecie concrete diverse rispetto a quelle già vagliate (Sez.
U, 19 febbraio 2024, n. 4331; per la disciplina anteriore cfr. inoltre Sez. U, 5 giugno 2018, n. 14437; Sez. T., 26 ottobre 2022, n. 31679).
Con il primo motivo l ‘ufficio ha lamentato la nullità della sentenza per motivazione apparente, con violazione dell’art. 36, comma 2, lett. d) del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
Con il secondo motivo ha denunciato la violazione o falsa applicazione degli artt. 7, l. 27 luglio 2000, n. 212, e 56, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. La sentenza avrebbe erroneamente ritenuto illegittimo l’atto impositivo, per non aver allegato la documentazione in forza della quale sarebbe stato emesso.
Il primo motivo è fondato e trova accoglimento.
Questa Corte ha chiarito che sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame, non è viziata la decisione quando motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata. Essa va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non
consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie la prospettazione erariale aveva evidenziato: a) il coinvolgimento di più società attinte da verifica, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE COGNOME, le cui compagini sociali e di governance ruotavano intorno ai componenti della medesima famiglia, la COGNOME/COGNOME; b) una pluralità di operazioni di acquisto di beni della prima -venduta sempre dai soci appartenenti al predetto nucleo famigliare ad un soggetto, il sig. COGNOME noto come prestanome e titolare di quote di decine di società del tutto fuori mercato e inattive perché oberate solo di ingenti debiti, come la medesima RAGIONE_SOCIALE-; c) il perseguimento dell’obiettivo di ‘svuotare’ dei beni sociali e del complessivo patrimonio quest’ultima, così da sottrarre i suddetti beni a procedure esecutive del creditore erariale, o anche di altri creditori, nonché di costituire un monte crediti nei confronti dell’erario, ai fini della determinazione di un minor imponibile ai fini Iva o Ires, mediante l’ emissione di fa tture per le quali l’emittente (RAGIONE_SOCIALE non risultava aver versato l’Iva in esse riportata, e di contro la cessionaria (RAGIONE_SOCIALE o la RAGIONE_SOCIALE) aveva portato in detrazione l’Iva solo formalmente corrisposta alla cedente , a mezzo di operazioni soggettivamente inesistenti con la RAGIONE_SOCIALE
A fronte di tale prospettazione erariale, la motivazione della sentenza d’appello si riassume nelle seguenti considerazioni «La Commissione nel merito rileva che non sussistono fatture inesistenti in quanto l’Ufficio non ha fornito prova nel suo assunto per cui tali fatture devono ritenersi regolari con diritto di detrazione dell’Iva. L’atto impugnato in sostanza diviene illegittimo per mancata allegazione degli atti in forza dei quali è stato emesso l’accertamento, in quanto la documentazione deve essere inoltrata al
contribuente ai fini della dovuta difesa». Seguono poi alcuni righi nei quali il giudice d’appello esprime valutazioni generali sulla peculiarità delle imprese di autotrasporto, dove possono insorgere condotte dubbie, ma giustificate dal coinvolgimento di diversi operatori economici.
Questa motivazione si rivela del tutto priva di un sostegno logico o giuridico, anche solo sufficiente a comprendere, in riferimento agli obiettivi frodatori rappresentati, su quali basi e su quali riscontri la Commissione regionale sia pervenuta alle sue conclusioni. La motivazione della sentenza in realtà si rivela semplicemente assertiva, del tutto carente anche nell’esplicitare un quadro probatorio da cui evincere i riferimenti fattuali di quelle conclusioni, così che si riduce ad un giudizio generale e astratto.
Ciò trova conferma anche con riguardo alla seconda ratio decidendi, quella della illegittimità dell’avviso di accertamento, dichiarata sull’assunto della mancata allegazione degli atti richiamati nell’avviso d’accertamento, atteso che, la difesa erariale aveva evidenziato come fossero stati allegati alcuni atti, in particolare la segnalazione trasmessa dai militari verificatori agli uffici finanziari per l’adozione di misura cautelari, nonché, soprattutto, la riproduzione di stralci del processo verbale di constatazione richiamato, sostanzialmente riproducendone il contenuto essenziale, in linea dunque con le prescrizioni normative emergenti dall’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 o dall’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Nulla sul punto emerge in sentenza, ossia manca un qualunque riscontro nella motivazione, da cui dedurre il perché le prospettazioni difensive dell’erario fossero state ritenute insufficienti o inadeguate.
In definitiva l’apparenza della motiva zione investe l’intera pronuncia, viziandola irrimediabilmente.
Il motivo trova dunque accoglimento.
L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo.
La sentenza va pertanto cassata e il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio, che, in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del processo di legittimità, provvederà al riesame dell’appello erariale, tenendo conto dei principi enunciati da questa Corte.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio, sez. staccata di Latina, cui demanda, in
RGN 6036/2021 Consigliere rel. NOME
diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del processo di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale del 14 maggio 2025