Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2434 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Iva
Motivazione apparente
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2434 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 20047 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
Comune di Portigliola, in persona del sindaco p.t. rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al presente controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC): EMAIL;
-controricorrente-
;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. 159/07/2021, depositata in data 15 gennaio 2021, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
-l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio-Calabria aveva accolto l’appello proposto dal Comune di Portigliola, in persona del sindaco p.t. avverso la sentenza n. 2990/02/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto ente avverso cartella di pagamento emessa ai fini Iva, oltre interessi e sanzioni, a seguito di controllo automatizzato sulla dichiarazione (MU 2006), per l’anno 2005;
-in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) avverso la cartella di pagamento emessa ai fini Iva, a seguito di controllo formale ex art. 54bis del d.P.R. n. 633/72, il Comune di Portigliola aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Reggio Calabria che, con sentenza n. 2990/02/2016, l’aveva rigettato; 2) avverso la sentenza di primo grado, il Comune aveva proposto appello dinanzi alla CTR della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria deducendo: a) l’erroneità della pronuncia nella pa rte in cui aveva rigettato le eccezioni preliminari afferenti alla illegittimità della cartella per omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento e per mancato previo invio dell’avviso bonario; b) la carenza di motivazione della stessa; c) il travisamento dei fatti atteso la mancata valutazione di tutta la documentazione fiscale e contabile allegata al fascicolo attestante la mancanza del presupposto impositivo sotteso alla cartella impugnata; 3) aveva controdedotto l’Ufficio eccependo : a) la mancata previsione della sottoscrizione della cartella a pena di invalidità e la mancata necessità del preventivo avviso bonario trattandosi di credito Iva indicato nell’anno 2005 in misura superiore rispetto a quello maturato nella dichiarazione dell’anno
precedente con conseguente raffronto numerico tra i dati indicati dallo stesso ricorrente; b) la genericità della censura relativa al difetto di motivazione della sentenza di primo grado; c) la correttezza della liquidazione effettuata occorrendo procedere per il recupero di imposte eventualmente non dovute alla presentazione di apposita istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/92 a seguito del versamento del richiesto con la cartella di pagamento;
-in punto di diritto, la CTR ha affermato che traslando alla fattispecie il principio di diritto affermato da Cass. n. 2831/2020 (che richiamava peraltro Cass., sez. un., n. 17757/2016), in una controversia oggettivamente sovrapponibile a quella in esame, il Comune, ‘ pur in compresenza dell’incontroversa erroneità nella dichiarazione presentata per l’anno 2005, aveva dimostrato con i documenti allegati alle memorie illustrative ma la sostanza della questione era comunque ricavabile anche in base alla documentazione allegata al ricorso di primo grado -l’esistenza del diritto controverso’ ;
il Comune di Portigliola resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
-con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/92, 24 e 111 Cost. per avere la CTR – dopo avere richiamato il principio di diritto sulla possibilità di dimostrare anche in giudizio la spettanza del credito Iva oggetto di recupero con l’impugnata cartella – ha ritenuto la sussistenza del credito Iva come maturato nell’anno 2004, sulla base di documentazione allegata alle memorie illustrative, senza indicare le ragioni per le quali dette prove documentali avrebbero dovuto essere considerate idonee a comprovare il detto credito e dunque senza esplicitare l’iter logico -giuridico sotteso alla decisione;
-con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 32, comma 1, del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTRa fronte del recupero dell’Ufficio derivante dall’indicazione da parte dello stesso Comune nella dichiarazione per l’anno 2005
di crediti Iva maturati nel 2004 non corrispondenti a quanto indicato nella dichiarazione di quell’anno -ha ritenuto, pur in presenza dell’incontroversa erroneità nella dichiarazione a suo tempo presentata, comprovata l’esistenza del credito Iva oggetto di recupero se bbene, nella specie, in violazione dell’art. 2697 c.c., la contribuente non avesse assolto all’onere di provare il requisito sostanziale dell’effettiva sussistenza del credito Iva attraverso la produzione RAGIONE_SOCIALE fatture a supporto RAGIONE_SOCIALE liquidazioni; peraltro, la asserita documentazione allegata dal Comune alle memorie illustrative, sarebbe stata, ad avviso della ricorrente, depositata oltre il termine di cui al l’art. 32 , comma 1, cit.;
– il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo;
– per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di ” comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato “, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè
graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017, Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021);
– nella specie, la motivazione della sentenza impugnata non attinge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. essendosi il giudice di appello limitato apoditticamente ad affermare che ‘ traslando il suesposto principio alla fattispecie in esame ne deriva che il Comune, pur in compresenza dell’incontroversa erroneità nella dichiarazione a suo tempo presentata, ha dimostrato (ancora più precisamente con i documenti allegati alle citate memorie illustrative ma la sostanza della questione era comunque ricavabile anche in base alla documentazione allegata al ricorso di primo grado) l’esistenza del credito controverso per cui, in applicazione di quanto ritenuto, sul punto, da consolidati principi giurisprudenzi ali eurounitari in materia, l’appello deve essere accolto’; con ciò, omettendo di indicare quali documenti allegati alle memorie illustrative fossero stati ritenuti rilevanti nonché le ragioni per le quali gli stessi dovessero ritenersi idonei a comprovare il credito Iva oggetto di recupero con l’impugnata cartella; pertanto, la motivazione della sentenza, come reso evidente dal contenuto della stessa, come sopra trascritto, «non solo non è autosufficiente (nel senso che solo dalla lettura della stessa e non aliunde sia possibile rendersi conto RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione)» (Cass. n. 777 del 2011), ma le considerazioni svolte «non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente» per risolvere la questione- ritenuta dalla CTR assorbente- posta con il terzo motivo di appello (ovvero l’erronea interpretazione e/o travisamento dei fatti e dei documenti prodotti per mancanza del presupposto impositivo), e di certo non «può essere lasciato all’occasionale arbitrio dell’interprete integrare la sentenza, in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni motivazionali (cfr. Cass. civ. 5 agosto 2016, n.
16599). L’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di “motivazione apparente” innanzi delineata» (Cass. S.U. citate);
-in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024