Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26990 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
Ires Iva Irap Avviso accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27287/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, è domiciliata ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 845/2019, depositata il 26 febbraio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello della contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2010, era stato recuperato a tassazione, ai fini Ires, Irap ed Iva, un maggiore imponibile . L’Ufficio, in particolare, contestava l’annotazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, emesse dalla RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME per presunti lavori di ristrutturazione di immobili.
Considerato che:
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia «violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza e violazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.»
Assume che la sentenza non motiva circa le doglianze espresse in appello; che solo nel dispositivo fa riferimento al loro rigetto senza che, tuttavia, siano state prese in esame. Aggiunge che non si è in presenza di una motivazione carente o contraddittoria, ma di omissione della motivazione.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contraddittoria ed illogica motivazione e la nullità della sentenza ex art. 111, sesto comma, Cost.
Censura la sentenza impugnata per aver preso erroneamente le mosse dal principio di diritto per il quale «l’atto amministrativo è legittimo di per sé e, pertanto, l’onere della prova è invertito a carico del contribuente». Deduce che detto principio è da tempo superato e che, dopo l’entrata in vigore dello Statuto del contribuente , è stato
ripreso il principio di cui all’art. 2697 cod. civ . Assume che sarebbe stato onere dell’Ufficio eseguire precisi accertamenti di fatto ; che, invece, la RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto che, in mancanza di una presa di posizione in ordine alle modalità di pagamento delle fatture, queste ultime dovevano ritenersi pagate in contanti; che, inoltre, le pratiche edilizie erano state eseguite. Conclude, pertanto, affermando che la sentenza è lacunosa, poco motivata e contraddittoria.
Con il terzo motivo denuncia «violazione art. 111, 6 comma in punto obbligo di motivazione» e deduce che non si comprende la quantificazione delle spese legali addebitatele in euro 5.000,00».
Con il primo motivo la ricorrente si duole dell’omessa motivazione sui motivi di appello, i quali sarebbero stati rigettati nel dispositivo, pur non essendo stati presi in alcun modo in esame.
Il motivo è infondato.
4.1. Va premesso che per consolidato orientamento di questa Corte l’omesso esame di un motivo di appello (e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio) integra la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. pro c. civ., in quanto il motivo di gravame costituisce la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello ( ex multis Cass. 13/10/2022 n. 29952).
4.2. In ogni caso, d all’esposizione contenuta nel ricorso per cassazione (pag. 2 e ss.) risulta che la contribuente aveva proposto appello contestando gli indici posti dalla C.t.p. a fondamento della valutazione di oggettiva inesistenza delle fatture.
Il motivo è stato oggetto di disamina dalla C.t.r. che, dopo aver rilevato che gli elementi fattuali e documentali addotti dalla parte coincidevano con quanto già allegato in primo grado, ha evidenziato che gli stessi erano stati già valutati dalla C.t.p. che aveva reso
motivazione congrua ed ha esposto, a propria volta, gli elementi ritenuti rilevanti.
Anche il secondo motivo, con il quale si prospetta, propriamente, un vizio della motivazione, lacunosa e contraddittoria, è infondato.
5.1. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
5.2. Questa Corte, poi, ha chiarito, in merito alla motivazione c.d. per relationem, che la sentenza è nulla, per aver reso motivazione solo apparente e per non essere espressione di un autonomo processo deliberativo, nel caso di una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, priva esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (cfr. tra le molte, più di recente, Cass. 03/05/2019, n. 11667; Cass. 25/10/ 2018, n. 27112; più in generale, in tema di motivazione apparente, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232).
5.3. La sentenza non incorre nel vizio contestato.
In primo luogo, diversamente da quanto prospettato, la C.t.r. non ha preso le mosse da un principio, inesistente, di legittimità dell’azione amministrativa, essendosi limitata ad affermare che la contribuente non aveva assolto all’onere probatorio sul medesimo gravante.
Inoltre, la sentenza impugnata non si è limitata a condividere acriticamente la decisione di primo grado; al contrario, la C.t.r. è pervenuta al rigetto dell’appello previo esame del relativo motivo di gravame, non solo facendo propria sul punto la motivazione della C.t.p., ma aggiungendo proprie autonome considerazioni che hanno reso chiaramente riconoscibile la relativa ratio decidendi .
La C.t.r., infatti, dopo aver condiviso la pronuncia di primo grado, ha aggiunto, a conferma del fatto che si trattava di operazioni oggettivamente inesistenti, che gran parte della documentazione non era stata esibita in sede amministrativa e che vi erano dubbi sulla legittimità di quella esibita in giudizio; che i pagamenti, nonostante fossero per rilevanti importi, erano stati eseguiti in contanti; che non vi era prova della documentazione relative alle pratiche amministrative propedeutiche all’esecuzione dei lavori.
5.4 . La società contribuente, piuttosto, si duole dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito, proponendone la rivalutazione, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte è l’apprezzamento delle prove che, invece, è rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee
alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
Il terzo motivo è inammissibile.
6.1. L’indicazione dei motivi di ricorso per Cassazione deve presentare – a pena di inammissibilità – i requisiti della specificità, della completezza e riferibilità alla decisione impugnata, allo scopo di assicurare che il ricorso abbia l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata a pronta individuazione delle questioni da risolvere, non essendo la Corte di cassazione tenuta a
ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo.
6.2. La ricorrente si duole genericamente della misura delle spese liquidate. Era suo onere, invece, a pena d’inammissibilità del motivo, specificare analiticamente le voci tariffarie e gli importi in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, nonché le singole spese contestate o dedotte come omesse, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini (Cass. 19/11/2014, n. 24635).
Non è ammissibile il motivo con il quale si lamenti che il giudice abbia liquidato in maniera onnicomprensiva il compenso senza dolersi della violazione della tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, e senza, infine, dolersi della mancata distinzione fra compensi e rimborso di esborsi (Cass. 30/04/2024, n. 11657).
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate le spese del giudizio di legittimità , che liquida in euro 4.800,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 1° ottobre 2024.