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Motivazione apparente: Cassazione su oneri prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società contro un accertamento fiscale per operazioni in nero e fatture inesistenti. L’ordinanza chiarisce i limiti del vizio di motivazione apparente e gli stringenti oneri probatori del ricorrente, soprattutto in presenza di una ‘doppia conforme’, ovvero due sentenze di merito con la stessa valutazione dei fatti. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello non fosse apparente, ma una sintesi autonoma delle ragioni della decisione, e ha condannato la società per lite temeraria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente e Onere della Prova: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, offre spunti fondamentali sui limiti del sindacato di legittimità, in particolare riguardo al vizio di motivazione apparente e all’onere della prova a carico del contribuente. Il caso analizzato riguarda una società che, dopo aver subito un accertamento fiscale per operazioni in nero e uso di fatture per operazioni inesistenti, ha visto rigettati i suoi ricorsi sia in primo che in secondo grado, arrivando fino al giudizio della Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Accertamento Fiscale e Duplice Sconfitta

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, contestava a una società in liquidazione, operante nel settore del commercio all’ingrosso di nocciole, un maggior reddito d’impresa ai fini IVA per l’anno 2012. Le contestazioni si basavano su due pilastri: la presunzione di ricavi non dichiarati (operazioni ‘in nero’) e l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.

La presunzione di vendite in nero derivava da una discrasia contabile: alcune forniture, registrate come pagate nella contabilità dei fornitori, risultavano ancora da saldare in quella della società contribuente. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, questo saldo debitorio fittizio serviva a mascherare pagamenti effettuati con provviste derivanti, appunto, da vendite non contabilizzate.

La società impugnava l’avviso di accertamento, ma il suo ricorso veniva rigettato sia dalla Commissione Tributaria Provinciale sia, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale.

Il Ricorso in Cassazione: le Doglianze della Società

Di fronte alla duplice sconfitta, la società proponeva ricorso per cassazione, articolando due motivi principali.

Con il primo, denunciava la nullità della sentenza d’appello per violazione di legge processuale. Sosteneva che i giudici di secondo grado si fossero limitati a un generico richiamo alla sentenza di primo grado, senza esplicitare le ragioni della loro decisione, configurando così una motivazione apparente. Inoltre, lamentava l’omessa pronuncia su specifici punti sollevati, come la presunta duplicazione dell’accertamento (già emesso ai fini delle imposte dirette) e l’incongruità delle ricostruzioni dell’Ufficio rispetto alla logica commerciale del settore.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamentava l’omessa motivazione su fatti decisivi, come l’imputabilità delle lacune contabili a prassi del settore agricolo e la mancata considerazione dell’assenza di un danno erariale.

La Decisione della Corte e la Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato.

Sul punto cruciale della motivazione apparente, i giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: la motivazione è solo apparente quando, pur essendo graficamente esistente, non permette di comprendere il percorso logico-giuridico che ha condotto alla decisione. Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale non si era limitata a un rinvio acritico (per relationem), ma aveva dato atto del contenuto della sentenza di primo grado e delle doglianze dell’appellante, per poi esprimere, con una sintesi autonoma, le ragioni della propria condivisione. Questo modo di operare, seppur sintetico, non integra il vizio di motivazione apparente, ma costituisce una motivazione a tutti gli effetti.

L’Omesso Esame di un Fatto Decisivo e la ‘Doppia Conforme’

La Cassazione ha dichiarato inammissibile anche il secondo motivo di ricorso. In primo luogo, ha ricordato che la nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c. limita il vizio all’omesso esame di un ‘fatto storico’ decisivo, non a una generica insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Il ricorrente ha l’onere di indicare precisamente quale fatto storico non sia stato esaminato e la sua decisività.

In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha applicato il principio della ‘doppia conforme’. Poiché sia la sentenza di primo grado che quella d’appello avevano rigettato la domanda basandosi sulla medesima valutazione dei fatti, il ricorso per cassazione per omesso esame di un fatto era precluso. Per superare tale preclusione, la società avrebbe dovuto dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni erano tra loro diverse, onere che non è stato assolto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme processuali che regolano il giudizio di legittimità. La Corte intende evitare che la Cassazione si trasformi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. La censura per motivazione apparente è accolta solo in casi estremi di anomalia motivazionale, dove il ragionamento del giudice è totalmente assente o incomprensibile. Un richiamo motivato a una sentenza precedente, con una sintesi delle ragioni di condivisione, è considerato sufficiente.

Allo stesso modo, la Corte applica con fermezza i limiti imposti dalla riforma del 2012 e dal meccanismo della ‘doppia conforme’. L’obiettivo è deflazionare il contenzioso di legittimità, impedendo ricorsi basati su una mera riproposizione delle proprie tesi fattuali già esaminate e respinte nei due gradi di merito. Il ricorrente non può limitarsi a criticare l’apprezzamento delle prove fatto dal giudice di merito, ma deve individuare un vizio specifico e dimostrarne la sussistenza secondo le rigide regole processuali.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per i contribuenti e i loro difensori. Conferma che il ricorso per cassazione non è una terza occasione per discutere i fatti di causa. I vizi denunciabili, come la motivazione apparente o l’omesso esame di un fatto, sono circoscritti entro confini molto stretti. In particolare, in presenza di una ‘doppia conforme’, la possibilità di contestare la ricostruzione fattuale è quasi del tutto preclusa. La decisione sottolinea inoltre le gravi conseguenze di un ricorso infondato: la società è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare ulteriori somme a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso manifestamente infondato, confermando la severità del sistema verso l’abuso dello strumento processuale.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, benché esistente dal punto di vista grafico, non rende percepibile il fondamento della decisione perché contiene argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice, trasformandosi in una violazione di legge costituzionalmente rilevante.

Cosa significa ‘doppia conforme’ e quali sono le conseguenze per il ricorso in Cassazione?
Si ha ‘doppia conforme’ quando la sentenza di primo grado e quella d’appello giungono alla stessa conclusione sui fatti. In questo caso, è precluso il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo, a meno che il ricorrente non dimostri che le ragioni di fatto alla base delle due decisioni siano diverse.

Quali sono gli oneri del ricorrente che lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo?
Il ricorrente deve indicare specificamente il ‘fatto storico’ (un evento preciso e non una valutazione giuridica) il cui esame è stato omesso, il ‘dato’ (testuale o extratestuale) da cui risulta la sua esistenza, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto è stato oggetto di discussione tra le parti, e la sua ‘decisività’, cioè la sua capacità di determinare un esito diverso della controversia se fosse stato esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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