Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3054 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Iva 2012 Relatore: COGNOME NOME
Operazioni in nero
Operazioni oggettivamente
inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3054 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 27176 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC) EMAIL
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2179/14/2021, depositata in data 10 marzo 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 6951/26/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. d ella Guardia di Finanza di Ottaviano, aveva contestato, per il 2012, un maggior reddito di impresa ai fini Iva, derivante da operazioni ‘in nero’ e dall’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. In particolare, l’accertamento era basa to su due rilievi: 1) il riscontro, a seguito di controlli incrociati effettuati su alcuni clienti e fornitori, di una discrasia contabile essendo emersa la registrazione di alcune forniture, nella contabilità dei fornitori, come regolarmente pagate e in quella della contribuente come ancora da saldare con conseguente presunzione dell’utilizzo del saldo debitorio artificiosamente per mascherare pagamenti avvenuti con provviste derivanti da vendite in nero; 2) l’utilizzo di fatture di acquisto afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti.
2.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
3.E’ stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di manifesta infondatezza del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
La società ricorrente ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
Sia la ricorrente che l’Agenzia hanno depositato rispettive memorie.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata: 1) per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR rigettato l’appello della contribuente non esplicitando le ragioni sottese alla decisione, con una motivazione risolventesi, in punto di merito, in un richiamo generico alla sentenza di primo grado senza alcuna illustrazione dei motivi della sua condivisione; 2) per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso di pronunciare su alcuni ‘aspetti introdotti dalla contribuente ed idonei a contrastare quanto dedotto dall’Ufficio’ (l’essere l’avviso di accertamento impugnato emesso , ai fini Iva, una mera ripetizione di quello precedente emesso, per la medesima annualità di imposta, ai fini delle imposte dirette; la riconducibilità della riscontrata distonia contabile tra la contabilità dei fornitori – nella quale risultava annotato il pagamento delle forniture- e quella della contribuente – nella quale difettava tale annotazione -a mere omissioni contabili; il pagamento delle forniture con strumenti tracciabili che, nell’ipotesi di pagamento con proventi da vendite in nero , avrebbe comportato sostanzialmente il sostenimento due volte del costo delle stesse; un fatturato di euro 13.850.513,00 da parte della società che compravendeva e non produceva nocciole per cui, in difetto di acquisti inerenti, non avrebbe potuto rivendere; congruità della percentuale di ricarico applicata nella misura del 2% avuto riguardo al settore di commercio all’ingrosso di nocciole ).
1.1.Il motivo è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
1.2.Si deve ribadire che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da ” error in procedendo “, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01) e che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830; nello stesso senso, ex multis , Sez. 5, Ordinanza n. 25169 del 2023). Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata non concreta né una motivazione apparente né tantomeno una motivazione meramente per relationem atteso che la CTR, dopo avere dato atto del contenuto della sentenza di primo grado e delle doglianze proposte dalla società contribuente in primo grado e riproposte in appello, ha specificamente considerato le ragioni della decisione della CTP che ha, con autonoma sintesi, condiviso e apprezzato, così esprimendo, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma tenuto conto dei motivi proposti (Cass. n. 14786 del 2016; n. 20883 del 2019; n. 21443 del 2022); la CTR ha sostanzialmente ritenut o che ‘ le alterazioni contabili operate dalla contribuente e dalla stessa ammesse ‘ [ovvero
la discrasia tra la contabilità dei fornitori in cui risultava l’annotazione di pagamento delle transazioni e quella della contribuente in cui difettava tale annotazione, risultando ancora non pagate le fatture in contestazione] riguardanti i rapporti intrattenuti con operatori agricoli nel settore della coltivazione di nocciole giustificavano l’accertamento in questione di maggiori ricavi stante come contestato dall’Ufficio , v. pag. 2 del ricorso l’ impiego di disponibilità economiche derivanti da vendite di beni in nero in acquisti ugualmente non contabilizzati.
1.3.Quanto alla denunciata omessa pronuncia, va ricordato che detto vizio postula l’esistenza di una domanda o di un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata(Sez. 2, Ord. n. 28072 del 14/10/2021) e non, come nella specie, la deduzione di mere circostanze che, ove valutate avrebbero potuto comportare una diversa decisione (vizio denunciabile nei limiti consentiti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.). In ogni caso, la CTR, nel richiamare e condividere la decisione di primo grado, non ha omesso di considerare le circostanze dedotte dalla parte (riproponendo specificamente anche i motivi di appello) che ha esplicitamente disatteso, con conseguente mancata configurabilità del denunciato vizio di omessa pronuncia.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omessa motivazione in ordine a fatti decisivi per il giudizio e per obliterazione del materiale istruttorio dedotto dalla contribuente (imputabilità delle lacune contabili al settore di riferimento ovvero al commercio all’ingrosso di nocciole con acquisto da contadini produttori e rivendita a fabbriche di prima lavorazione; mancato obbligo da parte dei fornitori, contadini produttori, a versare l’Iva esposta nelle fatture con conseguente mancata configurabilità di un danno erariale).
2.1.Il motivo si profila inammissibile in quanto denuncia il difetto di motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, costituente vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 cpc, come modificato dal
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis (v. nello stesso senso, ex multis, Cass. n. 30948 del 2018).
2.2.Invero, anche a volere ricondurre la censura al vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., lo stesso concerne l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo (Cass. sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma peraltro di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte.
2.3. Peraltro, la censura di vizio motivazionale della sentenza impugnata è, altresì, inammissibile in quanto, in presenza di una cd. doppia conforme di merito, la ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ.
(applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla l. n. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11/09/2012, come nel caso di specie), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 06/05/2020, n. 8515; sez. 5, Sentenza n. 35893 del 2023), il che non è avvenuto nel caso in esame emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
5.Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione delle sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
6.La Corte stima equo fissare in euro 10.000,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 5.000,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 23.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 10.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 5.000,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 gennaio 2025