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Motivazione apparente: Cassazione cassa sentenza CTR

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9793/2024, ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per vizio di motivazione apparente. Il caso riguardava un accertamento fiscale a carico di un agente di commercio per i rapporti con una società estera. La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello non avessero esaminato criticamente i motivi sollevati dall’Amministrazione Finanziaria, limitandosi a una generica conferma della decisione di primo grado. Questa omissione ha reso la motivazione solo apparente, violando l’obbligo costituzionale di esporre le ragioni della decisione.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando una Sentenza Viene Annullata?

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un cardine del nostro ordinamento. Ma cosa succede quando una motivazione esiste solo sulla carta, senza però spiegare realmente il perché di una decisione? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9793 del 2024, torna sul tema della motivazione apparente, un vizio grave che porta all’annullamento della sentenza. Il caso analizzato offre uno spaccato chiaro delle conseguenze di una motivazione laconica e sbrigativa, specialmente nel complesso ambito tributario.

I Fatti del Caso: Agente, Società Estera e l’Accertamento Fiscale

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a un agente di commercio. L’Ente Fiscale contestava, per l’anno d’imposta 2007, maggiori ricavi e un’errata applicazione dell’IVA in relazione alle provvigioni percepite da una società estera sua mandante. Il contribuente impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente le sue ragioni.

Non soddisfatte, entrambe le parti proponevano appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di secondo grado, dopo aver riunito i ricorsi, li rigettavano entrambi. In particolare, confermavano la tesi secondo cui le merci vendute dalla società estera, tramite l’agente, dovessero considerarsi importate in Italia, con conseguente esenzione IVA per l’agente. Inoltre, confermavano la percentuale di provvigioni al 9%, ridotta in primo grado rispetto all’11,42% calcolato dall’Ufficio.

Il Ricorso per Cassazione e il problema della motivazione apparente

L’Amministrazione Finanziaria ricorreva per Cassazione, lamentando principalmente la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente. Secondo l’Ente, i giudici regionali avevano liquidato in modo eccessivamente sbrigativo le sue censure, in particolare quelle relative alla possibile esistenza di una ‘stabile organizzazione’ in Italia della società estera e alla qualificazione delle merci come ‘importate’.

La CTR, infatti, si era limitata ad affermare che “la censura sostanzialmente non pare offrire elementi critici di novità rispetto a tale ricostruzione che va pertanto confermata”. Una formula che, secondo il ricorrente, non costituiva una vera motivazione, ma un mero rinvio acritico alla sentenza di primo grado, senza un reale confronto con i motivi di appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: dopo la riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., il sindacato sulla motivazione è limitato alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale”. Questo minimo è violato quando la motivazione è totalmente mancante o, appunto, meramente apparente.

Una motivazione apparente, spiega la Corte, si ha quando, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione. Ciò accade quando le argomentazioni sono obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice.

Nel caso di specie, i giudici d’appello si erano limitati a una generica condivisione della decisione di primo grado, una sorta di relatio perfecta, senza però esaminare criticamente le specifiche doglianze mosse dall’Amministrazione Finanziaria. Non avevano spiegato perché ritenessero irrilevante la questione della stabile organizzazione, né avevano chiarito il percorso logico che li aveva portati a qualificare le merci come importate. Questa condotta ha svuotato di contenuto l’obbligo di motivazione, rendendola, di fatto, inesistente.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, assorbendo il secondo motivo di ricorso (relativo all’omesso esame di un fatto decisivo) e rigettando il terzo (relativo alla determinazione delle provvigioni, giudicato infondato in quanto la CTR aveva comunque esposto, seppur contestabilmente nel merito, le ragioni della sua scelta).

Le Conclusioni: L’Obbligo del Giudice di Motivare in Modo Concreto

La decisione in commento è un monito importante per i giudici di merito. Il dovere di motivazione non è un mero adempimento formale. Il giudice d’appello, in particolare, non può limitarsi a ‘sposare’ acriticamente la sentenza di primo grado, ma deve dare conto, seppur sinteticamente, delle ragioni per cui ritiene infondati i motivi di gravame. Deve instaurare un dialogo con le argomentazioni delle parti, spiegando perché le accoglie o le respinge. In assenza di questo percorso argomentativo, la sentenza è nulla perché lede il diritto delle parti a comprendere le ragioni della decisione e il diritto di difesa. Per i cittadini e le imprese, questa pronuncia rafforza la garanzia di ottenere una giustizia non solo amministrata, ma anche spiegata.

Cos’è la ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
È una motivazione che, pur essendo scritta, è talmente generica, contraddittoria o incomprensibile da non far capire le ragioni logiche e giuridiche su cui si fonda la decisione del giudice, violando così il ‘minimo costituzionale’ richiesto.

Un giudice d’appello può semplicemente confermare la sentenza di primo grado senza aggiungere altro?
No. Il giudice d’appello deve esaminare criticamente i motivi di impugnazione e dare conto delle ragioni della conferma. Un semplice rinvio acritico alla decisione precedente, senza un autonomo processo deliberativo, integra il vizio di motivazione apparente.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, annullando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale. Ha rinviato la causa allo stesso organo, in diversa composizione, affinché riesamini la controversia fornendo una motivazione completa ed effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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