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Motivazione apparente: Cassazione cassa la sentenza

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per servizi infragruppo perché, in primo grado, non aveva provato l’adesione al regime del consolidato fiscale. Nonostante avesse fornito tale prova in appello, la Corte regionale ha rigettato il ricorso con argomentazioni contraddittorie. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, definendola un chiaro esempio di motivazione apparente, poiché il percorso logico del giudice era incomprensibile. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Sentenza del Giudice Tributario

Un principio cardine del nostro ordinamento giuridico è che ogni decisione di un giudice debba essere sorretta da una motivazione chiara, logica e comprensibile. Quando questo requisito viene a mancare, ci troviamo di fronte a una motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della sentenza. Con l’ordinanza n. 1713/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema cruciale, cassando una sentenza della Commissione Tributaria Regionale proprio per la sua logica incomprensibile e contraddittoria.

Il Caso: Costi Infragruppo e la Prova Mancante

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società operante nel settore della componentistica. Tra i vari rilievi, l’Ufficio contestava la deducibilità di costi per servizi cosiddetti “infragruppo”, ovvero prestazioni fornite da società controllanti.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva dato ragione al Fisco su questo specifico punto, sostenendo che l’azienda non avesse fornito la prova della sua adesione al regime del Consolidato Fiscale Nazionale (CFN), un presupposto rilevante nella gestione dei rapporti economici tra società dello stesso gruppo.

La società contribuente, non arrendendosi, ha proposto appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), allegando questa volta la documentazione che attestava la regolare adesione al CFN. Ciò che è accaduto a questo punto è stato il fulcro del successivo ricorso in Cassazione.

La Decisione Contraddittoria e la Motivazione Apparente

La CTR, pur dando atto che la società aveva finalmente dimostrato in appello la sua adesione al regime fiscale di gruppo, ha rigettato il ricorso. La sentenza di secondo grado è risultata essere un groviglio di affermazioni inconciliabili. Da un lato, riconosceva che la CTP aveva basato la sua decisione sulla mancanza di una prova che ora era stata fornita. Dall’altro, confermava la decisione di primo grado senza spiegare perché la nuova prova fosse irrilevante, arrivando persino a citare una norma di legge non pertinente al caso.

Questa palese contraddizione ha spinto la società a rivolgersi alla Corte di Cassazione, denunciando, tra gli altri motivi, l’omesso esame di un fatto decisivo e, soprattutto, la presenza di una motivazione apparente e perplessa, che rendeva impossibile comprendere il percorso logico-giuridico seguito dai giudici d’appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto in pieno la tesi della società contribuente. Gli Ermellini hanno ribadito che una sentenza è affetta da motivazione apparente non solo quando è del tutto assente graficamente, ma anche quando, pur esistendo, non permette di comprendere le ragioni della decisione. Questo vizio si manifesta attraverso un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o con argomentazioni “perplesse ed obiettivamente incomprensibili”.

Nel caso specifico, la CTR aveva creato un cortocircuito logico: aveva affermato che il motivo della reiezione in primo grado era la mancanza di prova, aveva riconosciuto che tale prova era stata prodotta in appello, ma aveva comunque rigettato l’impugnazione. Secondo la Cassazione, questa argomentazione non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione. Non basta che una motivazione esista; essa deve essere in grado di spiegare il risultato cui si perviene, permettendo un controllo sul ragionamento del giudice.

Le Conclusioni

La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per un nuovo esame della questione. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di fornire motivazioni chiare, coerenti e non contraddittorie. Per i contribuenti e i loro difensori, sottolinea l’importanza di contestare non solo il merito di una decisione sfavorevole, ma anche la sua validità formale, specialmente quando il percorso logico appare oscuro o illogico. Una decisione, per essere giusta, deve prima di tutto essere comprensibile.

Quando una motivazione può essere definita “apparente”?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è apparente quando, pur essendo graficamente esistente, presenta un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o risulta perplessa e oggettivamente incomprensibile. In pratica, non consente di comprendere le ragioni e il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione.

È possibile produrre nuovi documenti in appello nel processo tributario?
Sì, la sentenza richiama implicitamente l’articolo 58 del D.Lgs. 546/92, che fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in sede di gravame (appello). Nel caso di specie, la società ha infatti prodotto in appello la prova della sua adesione al Consolidato Fiscale Nazionale.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza per motivazione apparente?
La Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata, cioè la annulla, e rinvia la causa a un altro giudice di pari grado (in questo caso, la stessa Commissione Tributaria Regionale ma in diversa composizione). Questo nuovo giudice dovrà riesaminare il caso e decidere nuovamente, evitando di ripetere il vizio di motivazione riscontrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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