Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34766 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3355/2016 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, MINISTERO ECONOMIA FINANZE, DIREZIONE REGIONALE LAZIO DIREZIONE REGIONALE LAZIO
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 4666/2015 depositata il 07/09/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
A seguito di accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza veniva notificato al sig. COGNOME quale legale rappresentante dell’Associazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , un avviso di accertamento relativo alle annualità 2006-2009.
Il COGNOME proponeva ricorso in proprio contestando la propria qualità di legale rappresentante dell’associazione predetta che, da statuto, doveva attribuirsi a tale NOME COGNOME
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto non essendo il legale rappresentante di detta associazione, lo stesso sarebbe privo di legittimazione attiva ad impugnare gli atti di accertamento.
Successivamente, la CTR del Lazio, con la sentenza n. 4666/2015, dichiarava altresì inammissibile l’appello proposto dal medesimo contribuente.
Avverso detta sentenza ha proposto impugnazione il sig. COGNOME con ricorso ritualmente notificato.
L’Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso, ma una mera memoria a valere per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
E’ stata quindi fissata udienza camerale per il 16/10/2024, in vista della quale il ricorrente si è costituito con un nuovo difensore.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal contribuente nei confronti della sentenza della C.T.R. del Lazio, n. 4666/2015, depositata il 07.09.2015, si fonda su tre motivi:
Violazione dell’art. 360 co. 1 nn. 3 e 5 c.p.c. determinata dalla violazione di norme di diritto e dall’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Violazione di giudicato formale.
Secondo il ricorrente, avendo il contribuente impugnato la decisione di primo grado sulla pronuncia di inammissibilità e non sulla questione incidentalmente dichiarata della mancanza di qualifica di legale rappresentante dell’associazione colpevole delle inadempienze tributarie, mentre l’ufficio si era limitato a chiedere il rigetto del gravame, la Commissione regionale avrebbe dovuto rilevare il giudicato formatosi sulla predetta qualità soggettiva ed accogliere, piuttosto che dichiarare inammissibile, l’impugnazione.
II) Violazione dell’art. 360 co. 1 nn. 3 e 5 c.p.c. determinata dalla violazione di norme di diritto e dalla mancanza di motivazione in ordine ai fatti dedotti in giudizio.
La sentenza impugnata, dopo aver operato una distinzione astratta fra legitimatio ad causam e titolarità della situazione soggettiva dedotta in giudizio, non ne avrebbe tratto alcuna conseguenza logica, limitandosi a pronunciare l’inammissibilità dell’appello del COGNOME senza alcuna valida motivazione.
III) Violazione dell’art. 360 co. 1 nn. 3 e 5 c.p.c. derivante dalla violazione di norme di diritto e dalla mancanza di motivazione in ordine ai fatti dedotti in giudizio in relazione all’eccezione di solidarietà.
Con motivo sostanzialmente sovrapponibile al precedente, il ricorrente si duole che a fronte della natura di associazione non riconosciuta della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non sia stato individuato in capo al NOME COGNOME o ad altri soggetti la qualifica di legale rappresentante della stessa, né ad essi siano stati notificati gli atti
di accertamento, difettando in capo al ricorrente qualunque responsabilità solidale per dette trasgressioni tributarie.
Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento.
La pronuncia di primo grado, così come del resto quella della CTR Lazio oggetto della presente impugnazione, è una decisione di mero rito che, richiamata in modalità assertiva quanto affermato dal ricorrente circa la propria estraneità rispetto alla rappresentanza legale dell’associazione non riconosciuta ‘RAGIONE_SOCIALE‘, si limita a dichiarare inammissibile il ricorso del COGNOME.
Orbene, costituisce principio costantemente affermato da questa S.C. quello per cui le sentenze in rito sono inidonee a valere quale accertamento sostanziale con efficacia di giudicato rispetto ai fatti dedotti in giudizio.
Si è recentemente affermato, infatti, che la pronuncia “in rito” di inammissibilità della domanda dà luogo ad un giudicato meramente formale, con effetti circoscritti al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata, talché non è idonea a produrre, né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, gli effetti del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e non preclude, pertanto, la riproposizione della domanda in altro giudizio (Sez. 3, ord. n. 20636 del 24/07/2024).
Nello stesso senso anche Sez. 3, ord. n. 13603 del 19/05/2021, la quale aggiunge che la pronuncia di inammissibilità non dà luogo a giudicato sostanziale sulla domanda, nonché Sez. L, sent. n. 18160 del 16/09/2015, con riferimento alla pronuncia di difetto di interesse ad agire del ricorrente.
Peraltro, a ben vedere, il ricorso alla commissione tributaria di secondo grado ha, al pari dell’appello, effetto devolutivo, con la conseguenza che il giudice del gravame risulta investito, sia pure nell’ambito del capo di decisione oggetto di censura, del riesame di tutte le questioni da questo stesso capo implicate e, quindi, della rinnovazione del relativo giudizio (cfr. Cass. n. 25608/2021). Ne
deriva che avendo l’odierno ricorrente proposto appello avverso la prima pronuncia di inammissibilità per ragioni relative alla presunta estraneità rispetto al rapporto impositivo, la medesima impugnazione ha fatto refluire nel giudizio di secondo grado la relativa questione -che lo stesso ricorrente riconosce essere stato un mero passaggio incidentale del ragionamento di primo grado -impedendo che sulla medesima questione, in sé priva di autonomia rispetto alla conseguente pronuncia in rito, si sia mai formato un giudicato sostanziale fra le parti.
Fondato appare, invece, il secondo motivo di ricorso.
Il contribuente ha fin dal primo atto introduttivo contestato la propria qualifica di legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta ‘Amici del calcio’ al fine di contestare l’estensione nei propri confronti, anche in via di solidarietà, delle conseguenze pecuniarie collegate alle violazioni tributarie accertate in capo all’associazione stessa, affermandosi quindi portatore di un interesse proprio a non subire le conseguenze negative connesse alle violazioni di un’associazione di cui ha dedotto la propria mancanza di rappresentatività.
A tal punto, invece, per quanto qui rileva, la sentenza n. 4666/2015 si è limitata, così come risulta dai passi riportati nel ricorso in osservanza del principio di autosufficienza, a trascrivere una massima di stile in ordine alla distinzione fra legitimatio ad causam e difetto di titolarità soggettiva del rapporto controverso, per poi desumerne l ‘ inammissibilità del gravame.
Così facendo, ha reso una motivazione del tutto apparente. Come affermato da Sez. 3, ord. n. 4166 del 15/02/2024, infatti, deve ritenersi apparente, in quanto carente del giudizio di fatto, la motivazione basata su un ‘ affermazione generale e astratta.
E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel
ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Il che, appunto, è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui -come detto -la CTR del Lazio ha omesso qualunque considerazione circostanziata sul caso concreto, ha omesso di prendere in esame in modo specifico i motivi di gravame svolti e, pur formalmente rendendo una decisione sugli stessi (da cui correttamente il ricorso risulta svolto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 e non sotto l’ottica impugnatoria del n. 4 in connessione con l’art. 112 c.p.c.) di fatto ha reso una motivazione puramente apparente, tale da non chiarire il percorso logico-giuridico fra disputatum e decisum, ricollegando direttamente e senza intermediazione argomentativa o valutazione in fatto una massima astratta alla decisione medesima di inammissibilità dell’appello.
In definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo.
La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla CTR del Lazio (nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiarando assorbito il terzo; cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame e al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione