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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione della Commissione Tributaria Regionale per motivazione apparente. I giudici d’appello avevano confermato una sentenza di primo grado senza spiegare adeguatamente il loro ragionamento in materia di accertamento IVA e deducibilità dei costi, limitandosi a un generico riferimento a principi giurisprudenziali non pertinenti. L’ordinanza sottolinea che una motivazione, per essere valida, deve rendere percepibile il fondamento logico-giuridico della decisione, altrimenti la sentenza è nulla.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Sentenza Nulla se il Giudice non Spiega Perché

Una sentenza deve sempre essere motivata in modo chiaro e comprensibile. Non basta che il giudice scriva qualcosa nella sezione dedicata alle “motivazioni”; è necessario che il ragionamento logico-giuridico che sta alla base della decisione sia esplicito e coerente. Quando ciò non avviene, ci troviamo di fronte a una motivazione apparente, un vizio grave che rende la sentenza nulla. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di questa situazione, annullando una decisione in materia fiscale proprio per questo difetto.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA notificato dall’Agenzia Fiscale a una società in fallimento. L’Amministrazione Finanziaria aveva ricostruito induttivamente il reddito della società per l’anno d’imposta 2015. La società aveva impugnato l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) le aveva dato ragione.

L’Agenzia Fiscale ha quindi proposto appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), ma anche in questo caso ha visto respinte le sue ragioni. La CTR ha motivato la sua decisione sostenendo, in sintesi, che l’Ufficio non avesse considerato i costi corrispondenti ai maggiori ricavi accertati, il che avrebbe portato a un saldo IVA inferiore a quello preteso.

Insoddisfatta, l’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente.

La Decisione della Cassazione sulla motivazione apparente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia Fiscale, ritenendo fondato il motivo relativo alla motivazione apparente. I giudici supremi hanno osservato come la CTR si sia limitata a confermare la sentenza di primo grado facendo un generico riferimento a “principi enunciati dalla giurisprudenza in materia di determinazione induttiva dei costi”, senza però specificare il percorso logico-giuridico seguito.

Il punto cruciale, evidenziato dalla Cassazione, è che la CTR non ha in alcun modo considerato un elemento fondamentale: mentre nella determinazione delle imposte dirette (come IRES e IRAP) i costi incidono direttamente sul reddito imponibile, ai fini IVA il meccanismo è diverso e si basa sul principio di detrazione. Affermare genericamente che “dei costi debba tenersi conto anche ai fini della determinazione dell’IVA” è un errore di diritto se non adeguatamente contestualizzato e spiegato. La CTR, così facendo, ha ignorato completamente i rilievi specifici sollevati dall’Agenzia Fiscale nel suo appello, rendendo la sua motivazione vuota di contenuto effettivo.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito il consolidato principio, espresso anche dalle Sezioni Unite, secondo cui “la motivazione è solo apparente […] quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento”.

In altre parole, non è sufficiente che ci sia un testo. Quel testo deve avere un senso logico e deve confrontarsi con le argomentazioni delle parti e con le norme applicabili al caso specifico. Nel caso esaminato, la CTR ha fallito proprio in questo: ha usato una formula generica e astratta senza calarla nella realtà del contenzioso, in particolare senza spiegare come i principi sulla determinazione dei costi potessero applicarsi alla determinazione dell’IVA, dove notoriamente non hanno la stessa incidenza. Questo ha reso impossibile comprendere l’iter logico seguito dai giudici d’appello, configurando un classico caso di motivazione apparente e, di conseguenza, un vizio procedurale (error in procedendo) che impone l’annullamento della sentenza.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, per un nuovo esame. Questa decisione riafferma un principio fondamentale dello Stato di diritto: il diritto alla difesa si esercita anche attraverso la comprensione delle ragioni di una decisione giudiziaria. Una sentenza non motivata, o con una motivazione solo di facciata, nega questa garanzia fondamentale. Per i giudici, questo è un monito a non ricorrere a formule di stile o a principi astratti, ma a confrontarsi sempre nel merito delle questioni sollevate, fornendo una spiegazione concreta, logica e coerente del proprio operato.

Quando una motivazione di una sentenza si definisce “apparente”?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è apparente quando, pur esistendo materialmente, contiene argomentazioni così generiche o inadeguate da non rendere percepibile il fondamento della decisione e il ragionamento logico seguito dal giudice.

Qual è la conseguenza di una sentenza con motivazione apparente?
La sentenza affetta da motivazione apparente è nulla per “error in procedendo”, ovvero per un vizio di natura procedurale. Di conseguenza, deve essere annullata (cassata).

Perché, nel caso specifico, la motivazione della Commissione Tributaria è stata ritenuta apparente?
Perché ha confermato la decisione di primo grado basandosi su principi giurisprudenziali generici sulla determinazione induttiva dei costi, senza spiegare come questi si applicassero al calcolo dell’IVA (dove i costi non hanno la stessa incidenza che nelle imposte dirette) e senza rispondere ai rilievi specifici sollevati dall’appellante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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