Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4595 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4595 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4615/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE e rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 688/2021 depositata il 22/01/2021, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la cartella di pagamento per la maggiore i.c.i., con riferimento all’anno 2009, in base a ruolo reso esecutivo in data 19 novembre 2018.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello.
Avverso tale decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, concludendo per la cassazione della sentenza impugnata con ogni conseguenziale statuizione.
Si è costituito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di Napoli, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
La ricorrente ha depositato ulteriore memoria, in replica al controricorso.
La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 15 febbraio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha dedotto: 1) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod.proc.civ., per motivazione apparente in violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., 132 cod.proc.civ., 118 disp.att.cod.proc.civ., 36, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, non avendo i giudici chiarito le ragioni del proprio convincimento e mancando una pronuncia sulle eccezioni formulate in appello; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., dell’art. 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, essendo stata formulata e reiterata l’istanza di trattazione del processo di appello in pubblica udienza, disattesa dal collegio; 3) la violazione, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992, avendo i giudici di appello rigettato l’appello in base ad una sentenza impugnata dinanzi alla Corte di cassazione; 4) la violazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., dell’art. 1, comma 163, legge n. 296/2006, non essendo stato rispettato il termine di 3 anni dalla definitività dell’accertamento.
Il secondo motivo, avente ad oggetto la mancata celebrazione della pubblica udienza, è pregiudiziale rispetto agli altri e va, pertanto, esaminato preliminarmente.
La censura deve essere rigettata, atteso che il processo è stato deciso nel gennaio 2021 e, cioè, nel periodo emergenziale di vigenza dell’art. 27 del d.l. n. 137 del 2020, conv. in l. n. 176 del 2020, sicché, come già chiarito da questa Corte, la trattazione scritta, nonostante la richiesta della parte di discussione in pubblica udienza o con collegamento a distanza, è legittima, ove carenze organizzative all’interno dell’ufficio impediscano il collegamento da remoto, poiché le parti non hanno un diritto pieno e incondizionato all’udienza pubblica e la trattazione scritta garantisce le essenziali prerogative del diritto di difesa, assicurando l’interesse pubblico all’esercizio della giurisdizione anche in periodo emergenziale (Cass., Sez. 5, 28 febbraio 2023, n. 6033). La ricorrente, nel formulare la censura, non si è confrontata né con la disciplina emergenziale né con l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto e non ha, pertanto, dedotto alcunché né sull’avvenuta notifica dell’istanza alle altre parti costituite, imposto dal citato art. 27, comma 2, limitandosi a fare riferimento al suo deposito, né sulla situazione organizzativa dell’ufficio: in pratica ha lamentato una violazione processuale insussistente, riferita alla disciplina ordinaria, prospettando, in modo generico ed immotivato, l’impossibilità/illegittimità della deroga nonostante l’emergenza sanitaria.
Il primo motivo, con cui si è denunciata la motivazione apparente, è fondato.
Occorre ribadire che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 6-3, 25 settembre 2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata risulta incomprensibile, essendosi affermata l’utilizzabilità del bene in base ad una sentenza, intercorsa tra le parti, che, però, non solo non è ancora passata in giudicato ed è ancora sub iudice , ma, soprattutto, è riferita ad altra annualità di imposta (successiva). Come noto, nel giudizio tributario, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si
fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità (tra le tante, Cass., Sez. 5, 7 dicembre 2021, n. 38950). Nel caso di specie, tuttavia, la sentenza impugnata non contiene alcun passaggio motivazionale in ordine alla coincidenza delle condizioni del bene negli anni 2009 e 2013, pur non integrando le stesse, che possono mutare nel tempo in considerazione di una molteplicità di fattori, un elemento statico e permanente della fattispecie impositiva.
Pure va aggiunto che, nel rigettare l’eccezione di decadenza ex art. 1, comma 163, della l. n. 296 del 2006, la sentenza ha menzionato una sentenza passata in giudicato senza, tuttavia, individuarla. Al contrario, la stessa decisione impugnata ha precisato che la sentenza n. 5529/22/2014 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, invocata dal RAGIONE_SOCIALE (anche nel controricorso), ha ad oggetto altra annualità d’imposta e non è, dunque, pertinente rispetto alla pretesa tributaria in esame.
In definitiva, la motivazione della sentenza, risultando del tutto incomprensibile e non individuando gli elementi su cui è fondata la decisione, si traduce in una motivazione solo apparente.
Il terzo ed il quarto motivo sono assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo.
In definitiva, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, rigettato il secondo ed assorbiti gli altri, e la sentenza deve essere conseguentemente cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Peraltro, tenuto conto dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi del quale ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri e solo la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto
notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo, il giudice del rinvio dovrà preliminarmente verificare l’ammissibilità del ricorso, che è riferito ad una cartella di pagamento, accertando se si tratta del primo atto impositivo o se, invece, è seguito ad altro atto impositivo non impugnato o oggetto di sentenza passata in giudicato.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo ed assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, a cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15/02/2024.