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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

Una società ha impugnato una cartella di pagamento per l’ICI. Dopo la sconfitta nei primi due gradi di giudizio, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, una motivazione apparente da parte dei giudici d’appello. La Suprema Corte ha accolto questo motivo, ritenendo la sentenza impugnata viziata da una motivazione incomprensibile, in quanto basata su una precedente decisione non ancora definitiva e relativa a un’annualità d’imposta diversa. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza con rinvio a un’altra sezione della corte d’appello.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando la Sentenza è Nient’altro che Carta Straccia

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento, sancito direttamente dalla Costituzione. Una decisione senza un’adeguata spiegazione logico-giuridica è un atto arbitrario. Ma cosa succede quando una motivazione esiste sulla carta, ma è incomprensibile o illogica? Si parla in questi casi di motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa patologia giuridica in ambito tributario.

I Fatti del Caso: Una Controversia Fiscale sull’ICI

Una società si è vista notificare una cartella di pagamento relativa a una maggiore imposta ICI per l’annualità 2009. Ritenendo la pretesa infondata, la società ha impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria. Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, i giudici hanno dato ragione all’ente locale, confermando la legittimità della cartella.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Non arrendendosi, la società ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Tra questi, spiccava la denuncia di nullità per motivazione apparente. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado non avevano chiarito le ragioni del loro convincimento, basando la decisione su argomentazioni illogiche e incomprensibili. In particolare, la sentenza impugnata fondava la sua decisione su un’altra pronuncia, intercorsa tra le stesse parti, che però non solo non era ancora definitiva, ma si riferiva a un’annualità d’imposta successiva (il 2013, non il 2009).

L’Analisi della Corte e la Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e ha accolto proprio quello relativo alla motivazione apparente. Gli Ermellini hanno sottolineato come la motivazione della sentenza d’appello fosse ‘del tutto incomprensibile’. Affermare l’utilizzabilità di un bene basandosi su una sentenza ancora sub iudice e, soprattutto, riferita a un’annualità diversa, rende il percorso logico del giudice indecifrabile.

I giudici della Suprema Corte hanno ribadito un principio fondamentale del contenzioso tributario: una sentenza relativa a un determinato anno d’imposta può fare stato in giudizi successivi solo per quegli elementi costitutivi della fattispecie che hanno carattere permanente. Non può, invece, avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento si fonda su presupposti di fatto mutevoli nel tempo, come le condizioni di un bene immobile, che possono variare di anno in anno.

Inoltre, la Corte ha notato che, nel rigettare l’eccezione di decadenza, la sentenza d’appello menzionava un presunto ‘giudicato’ senza però individuarlo concretamente, lasciando un ulteriore vuoto logico. Questo insieme di elementi ha trasformato la motivazione in un guscio vuoto, una mera parvenza di ragionamento giuridico.

Le Motivazioni

Il vizio di motivazione apparente si concretizza quando la ragione della decisione risulta talmente perplessa, obiettivamente incomprensibile o affetta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, da risultare inidonea ad assolvere alla sua funzione essenziale. Non si tratta di una motivazione semplicemente insufficiente, ma di una motivazione che, pur esistendo graficamente, non permette di comprendere il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione. Questo vizio, secondo la giurisprudenza costante, equivale a una totale assenza di motivazione e determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione di norme costituzionali e processuali.

Conclusioni

In definitiva, la Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il merito della controversia, questa volta formulando una motivazione chiara, logica e coerente. La decisione ribadisce con forza che ogni cittadino ha diritto non solo a una risposta dalla giustizia, ma a una risposta motivata in modo comprensibile, che permetta di capire perché si è vinto o perché si è perso. Una motivazione solo apparente tradisce questa fondamentale garanzia dello stato di diritto.

Quando una motivazione di una sentenza si considera ‘apparente’?
Si considera apparente quando, pur essendo presente, è totalmente inidonea a esplicitare le ragioni della decisione, perché afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni, o perché perplessa e obiettivamente incomprensibile. In pratica, equivale a una motivazione mancante.

Una sentenza non definitiva può essere usata come fondamento per un’altra decisione?
No. La Corte ha chiarito che fondare una decisione su una sentenza che non è ancora passata in giudicato (cioè è ancora ‘sub iudice’) e che, per di più, riguarda una diversa annualità d’imposta, rende la motivazione della nuova sentenza incomprensibile e, quindi, apparente e nulla.

La negazione di un’udienza pubblica durante l’emergenza sanitaria era legittima?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, nel contesto della legislazione emergenziale (gennaio 2021), la trattazione scritta era legittima anche a fronte di una richiesta di discussione in pubblica udienza, per assicurare l’interesse pubblico all’esercizio della giurisdizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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