Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21460 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21460 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2286/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma nella INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sez. staccata di Siracusa, n. 6203/2021, depositata il 30 giugno 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, l ‘Agenzia delle entrate Direzione provinciale di Siracusa emetteva l’avviso di accertamento n. TY032I00933/2014, con cui recuperava a tassazione importi ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno di imposta 2008, oltre sanzioni e interessi per complessivi euro 384.528,32. L’avviso di accertamento traeva origine dal processo verbale di constatazione con cui la Guardia di Finanza contestava alla società ricorrente di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti per complessivi euro 201.633,50 e di aver dedotto costi non inerenti per euro 16.670,71. L’ Agenzia delle entrate accertava conseguentemente un maggior reddito ai fini IRES e un maggior valore della produzione ai fini IRAP pari ad euro 290.753,00, nonché una maggiore IVA pari a euro 76.560,00.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Siracusa.
Con sentenza n. 2057/2017, depositata in data 17 maggio 2017, la Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente annullando l’avviso di accertamento limitatamente al recupero a tassazione dei costi relativi alle fatture emesse per operazioni ritenute inesistenti.
-Avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio . Si costituiva in giudizio la contribuente con appello incidentale.
Nelle more del giudizio la contribuente formulava proposta di definizione agevolata della controversia ai sensi degli artt. 6 e 7 D.L. 119/2018.
L’Ufficio, con provvedimento di diniego emesso in data 27 luglio 2020 evidenziava che il valore della controversia indicato risultava errato. La società si opponeva al provvedimento di diniego sostenendo l’efficacia dell’intervenuta definizione.
Si costituiva l’Agenzia chiedendo la declaratoria di legittimità del provvedimento di diniego e il rigetto dell’appello incidentale.
Con sentenza n. 6203/2021, depositata in data 30 giugno 2021, la Commissione tributaria regionale per la Sicilia, Sez. staccata di Siracusa, rigettava l’appello incidentale proposto dalla società, nonché l’opposizione avverso l’atto di diniego . Contestualmente, accoglieva l’appello principale dell’Ufficio e riformava integralmente la sentenza impugnata.
-La contribuente ha proposto ricorso alla Corte di cassazione affidato a otto motivi.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118, comma 1, disp. att. c.p.c., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia sorretta da motivazione apparente nella parte in cui afferma, in maniera apodittica e assertiva, che la società contribuente ha calcolato le imposte dovute per la definizione agevolata della presente controversia ai sensi degli artt. 6 e 7 d.l. n. 119/18 su una base imponibile errata.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c. , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia con motivazione contraddittoria e/o illogica nella parte in cui, pur riconoscendo che la Commissione tributaria provinciale ha erroneamente trascritto in sentenza dati contabili relativi ad un avviso di accertamento diverso da quello oggetto del presente giudizio, ha dichiarato inefficace l ‘ istanza di definizione agevolata per insufficienza dei versamenti riferiti a una base imponibile errata.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 6 e 7, commi 2 lett. b e 3, d.l. n. 119/18 conv. con legge n.136/18, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha dichiarato inefficace l ‘ istanza di definizione agevolata della presente controversia per ‘insufficienza dei versamenti effettuati riferiti ad una base imponibile errata’ .
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione degli art. 3, 53 e 97 Cost. e 10 l. n. 212/2000, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha legittimato il provvedimento di diniego alla definizione agevolata della presente controversia sul presupposto che la società contribuente avrebbe dovuto calcolare gli importi dovuti per la definizione agevolata della controversia utilizzando i dati contabili (errati) indicati nel dispositivo della sentenza di primo grado.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il
sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090; Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940).
Nella specie, contrariamente a quanto prospettato, non si ravvisa nessuna motivazione apparente né contraddittoria, avendo la Commissione tributaria regionale esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La decisione della Commissione tributaria regionale di rigettare l’appello avverso l’atto di diniego della richiesta di definizione della lite pendente, ai sensi degli artt. 6 e 7, commi 2 lett. b e 3, d.l. n. 119/18 conv. con l. n. 136/18, si basa sull’insufficienza dei versamenti effettuati, riferiti alla base imponibile riportata nel dispositivo della sentenza di prime cure (sentenza della Commissione tributaria provinciale di Siracusa n. 2057/2017, depositata in data 17 maggio 2017, che aveva accolto parzialmente il ricorso promosso dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n.TY7032I00933/2014, per Ires, Irap ed I.V.A., relativo al periodo d’imposta 2008 ), che determinava le riprese fiscali in euro 188.483,96, mandando all’Agenzia delle entrate la liquidazione dei tributi e irrogando le sanzioni al minimo.
Se tale base imponibile deriva da dati non riferibili alla controversia in causa, avendo la Commissione tributaria provinciale utilizzato dati contabili relativi all’avviso di accertamento relativo al
periodo d’imposta 2007, per il quale, invece, era stata pronunciata la decisione n. 1720/17, depositata in data 2 maggio 2017, deve escludersi che l’importo dell’imponibile da sottoporre a tassazione indicato in dispositivo costituisse un mero errore materiale alla luce della stessa motivazione della pronuncia, che riportava a pagina 11 gli elementi contabili, riferiti peraltro ad altro accertamento, che avevano portato a determinare il totale delle riprese in euro in 188.483,96. Non si è, dunque, di fronte a un mero errore materiale, consistente nell’indicare in dispositivo un importo del tutto estraneo alla decisione, ma a un vizio della motivazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale.
Pertanto, alla luce della pronuncia resa – sia pure errata – la contribuente non poteva ‘correggere’ la decisione della Commissione tributaria provinciale e rideterminare unilateralmente la base imponibile ai fini della definizione della lite.
Manifestamente infondata la questione della contrarietà del provvedimento di diniego agli artt. 3, 53, e 97 Cost. e 10 l. n. 212/2000, non ravvisandosi alcuna lesione del legittimo affidamento e dei canoni di collaborazione e buona fede, a fronte di una pronuncia giurisdizionale che aveva deciso la controversia e non di un comportamento dell’amministrazione.
In tema di legittimo affidamento del contribuente, di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la
sussistenza dei due presupposti che precedono (Cass., Sez. V, 11 maggio 2021, n. 12372), potendo assumere rilievo, ai fini della configurabilità del legittimo affidamento, l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie da parte dell’agenzia fiscale anteriormente all’adozione dell’atto illegittimo quando le somme pretese sono state compiutamente versate e ricorrono ragioni di certezza e stabilità (Cass., Sez. Un., 21 novembre 2024, n. 30051).
2. -Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver reso la Commissione tributaria regionale una pronuncia sorretta da motivazione apparente nella parte in cui ha affermato in maniera apodittica e assertiva che la ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME è assimilabile ad una ‘cartiera’ e che, quindi, i costi contabilizzati dalla ricorrente relativi alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE vanno recuperati a tassazione perché relativi a operazioni oggettivamente inesistenti.
Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce la violazione del dovere decisorio del giudice , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non si è pronunciata sui motivi del gravame incidentale della società contribuente, dichiarato assorbito dall’accoglimento del ricorso principale dell ‘ Agenzia delle entrate.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
La motivazione sul punto è meramente apparente (Cass., Sez. III, 3 marzo 2022, n. 7090) e basata su affermazioni generali e astratte (Cass., Sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4166), essendo del tutto insufficiente – a fronte delle controdeduzioni svolte a sostegno dell’effettività delle operazioni contestate -il generico rinvio all’attività istruttoria condotta della Guardia di Finanza nei riguardi
ditta ‘RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e l’affermazione che si trattava di soggetto assimilabile a una vera cartiera che ha posto in essere operazioni oggettivamente inesistenti.
Inoltre, vi è una omessa pronuncia sui motivi del gravame incidentale, che non possono essere assimilati a un rigetto implicito, risultando altresì meramente apparente e incomprensibile l ‘ affermazione circa l’assorbimento delle ‘ doglianze rappresentate da controparte con l’appello incidentale’ .
-L’accoglimento del quinto e dell’ottavo motivo determina l’assorbimento del sesto e del settimo (con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione del dovere decisorio di cui all’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi sulla questione, posta dalla difesa della società contribuente in sede di controdeduzioni all’appello incidentale , con cui si evidenziava la inapplicabilità del c.d. raddoppio dei termini dell ‘ azione impositiva con riferimento alla presunta maggiore IRAP accertata e la conseguente illegittimità della relativa pretesa. Con il settimo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 43 , comma 3, d.P.R. n. 600/73 , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione a fini IRAP).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione ai motivi accolti e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto e l’ottavo motivo, assorbito il sesto e il settimo, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia,
in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.