Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3027 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3027 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/02/2024
Oggetto: tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1798/2015 R.G. proposto da COGNOME NOME, in qualità di unica erede del sig. COGNOME NOME, con l’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Piemonte, Torino, n. 679/38/14 pronunciata il 02 dicembre 2013 e depositata il 21 maggio 2014, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
Il sig. COGNOME riceveva la notifica di un avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva rettificato il suo reddito ai fini IRPEF, oltre alle relative sanzioni, per l’anno d’imposta 2005.
Esperita infruttuosamente la procedura di accertamento con adesione, il contribuente adiva il giudice di prossimità svolgendo plurime censure, ivi rappresentando peraltro come i versamenti in contanti fossero comunque giustificabili quali rimborsi dei finanziamenti effettuati, in qualità di socio, nella società RAGIONE_SOCIALE Costituitosi l’Ufficio, la CTP rigettava il ricorso sul presupposto che il contribuente non avesse fornito la prova documentale contraria a supporto della movimentazione finanziaria intercorsa con RAGIONE_SOCIALE, difettando anche il nesso temporale/quantitativo fra le risultanze del libro mastro della società RAGIONE_SOCIALE e gli accrediti in contanti contestati al ricorrente.
Il contribuente promuoveva così appello, cui replicava l’Ufficio. La CTR, dopo essersi genericamente espressa sull’eccezione preliminare di inammissibilità svolta dall’Ufficio rilevando a sua volta la genericità RAGIONE_SOCIALE doglianze di appello, passava all’esam e dell’appello ‘per mero tuziorismo’. La CTR confermava così la legittimità dell’atto impositivo rilevando come il diritto di difesa avesse trovato la sua attuazione nel preliminare procedimento di accertamento con adesione e rilevava che l’Ufficio era gi unto alla conclusione di operare la rettifica dei redditi sulla scorta dei dati bancari acquisiti, non contestati dal contribuente. Richiamava poi alcune pronunce di questa Corte riferibili sia a detta tipologia di accertamenti, tra cui la sentenza n. 25984/2013 relativa però ai conti
correnti connessi ad un’attività d’impresa, sia alle presunzioni applicabili ai versamenti e ai prelevamenti e all’onere della prova gravante sul contribuente, affermando come nel caso di specie ‘ nessuna prova è stata prodotta dalla difesa del contribuente’.
Invoca la cassazione della sentenza la sig.a NOME COGNOME, unica erede del sig. NOME COGNOME deceduto in pendenza del secondo grado di giudizio, che si affida a cinque motivi di ricorso. Resiste l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente denunzia la nullità, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO emesso dall’RAGIONE_SOCIALE Ufficio di Chieri (TO) in data 27 maggio 2010 per assenza della sottoscrizione dei firmatari appartenenti a ruolo dirigenziale. In sintesi denunzia il difetto dei poteri in capo ai soggetti sottoscrittori posto che l’atto impositivo recava in calce due firme, nessuna RAGIONE_SOCIALE quali era però riconducibile ad un funzionario dell’Amministrazione finanziaria incaricato di ruolo dirigenziale.
Il motivo è inammissibile perché nuovo. La questione sollevata risulta infatti essere «posta per la prima volta davanti questa Corte, non facendone menzione la sentenza impugnata (nella esposizione RAGIONE_SOCIALE censure svolte dai ricorrenti ovvero nella trattazione dei medesimi) e non specificando d’ altro canto i ricorrenti nel ricorso di averla fatta valere nei precedenti gradi di giudizio (v. al riguardo Cass. 32804/2019, per cui ‘qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa’)» (Cfr. Cass., V, n. 26147/2021).
Con il secondo motivo la contribuente lamenta la violazione degli artt. 133 c.p.c. e 37 d.lgs. n. 546/1992 per tardività del deposito della sentenza in parametro all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
Il motivo è infondato alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo cui «Il termine di trenta giorni per il deposito della sentenza, decorrente dalla deliberazione, previsto dall’art. 37 del d.lgs. n. 546 del 1992, ha natura ordinatoria e la sua inefficacia non inficia la validità della decisione. D’altro canto, i termini stabiliti dalla legge sono di norma ordinatori (come previsto dall’art. 152 cod. proc. civ.), salvo che la legge ne dichiari espressamente la perentorietà» (Cfr. Cass., V, n. 27959/2029).
4.1 Ipotesi, quest’ultima, da escludere nel caso di specie.
Con il terzo motivo la parte ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 per mancanza di motivazione o motivazione apparente.
5.1 In sintesi afferma: a) che la circostanza che non siano state contestate le modalità di acquisizione dei dati (tramite gli accertamenti bancari) non comporti sic et simpliciter la legittimità dell’accertamento; b) l’inciso afferente la procedura di accertamento con adesione sarebbe privo di connessione logico-giuridica con la rimanente parte della sentenza; c) il contribuente COGNOME non aveva mai svolto attività d’impresa; d) i n giudizio erano stati prodotti dei documenti di cui menziona la ricevuta di deposito, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR secondo cui alcuna prova sarebbe stata versata in atti da parte del contribuente; d) illogico sarebbe il richiamo alla pronuncia di questa Corte n.
9574/2012 ove l’onere probatorio era stato posto a carico dell’Ufficio e non del contribuente.
Il motivo è fondato.
6.1 Giova ricordare che «Le Sezioni Unite (Cass., sez. U, 7/04/2014, n. 8053) hanno letto la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, come riduzione al minimo del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza della motivazione». 9.2. Come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 3/11/2016, n. 22232), «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture». Si ha, quindi, motivazione apparente allorquando il giudice di merito, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ne omette qualsiasi approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (cfr. Cass., V, n. 27959/2021). Parimenti è
stato affermato che «il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (articolo 111, sesto comma, Cost.), ossia dell’articolo 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e (in materia di processo tributario) dell’articolo 36, comma 2, num. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione» (cfr. Cass., V, n. 16958/2023).
6.2 Nella fattispecie in esame la CTR ha rigettato l’appello del contribuente sul presupposto della mancanza produzione di prove contrarie. Detto richiamo, generico e privo in assoluto di rinvii ai documenti invece prodotti dal contribuente, rende impossibile ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dalla CTR per giungere alla decisione adottata.
6.3 Né può trovare accoglimento l’eccezione svolta dal patrono erariale, secondo cui la censura sarebbe inammissibile per non essere stata impugnata la statuizione resa in sentenza circa la genericità dei motivi di appello. La CTR non ha dichiarato l’appello ina mmissibile, risolvendosi quell’inciso in un ‘ obiter dictum’, ed avendo al contrario la Corte di merito esaminato i motivi di appello, pronunciandosi su di essi e confermando, ancora nel merito, la decisione di primo grado.
6.4 Il motivo è quindi fondato e va accolto.
Il quarto motivo ha ad oggetto la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 e la nullità della sentenza per mancata pronuncia sul petitum in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
7.1 In particolare sostiene che la CTR non si sarebbe pronunciata sulle domande svolte dall’appellante quali, tra gli altri, l’omessa motivazione sulle operazioni ritenute prive di giustificazione e i
versamenti effettuati dal contribuente e derivati dal rimborso dei finanziamenti soci effettuati.
Con l’ultimo motivo la ricorrente prospetta censura ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1993 in relazione alla falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973.
8.1 In sintesi denunzia la falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 giacché l’originario contribuente non aveva mai svolto attività d’impresa , essendo mero socio di capitale, e che l’accertamento avrebbe dovuto tenere conto non soltanto dei maggiori ricavi, ma anche dei costi, ancorché presunti.
Il quarto ed il quinto motivo restano assorbiti dall’accoglimento della terza censura.
In conclusione il ricorso è fondato e va accolto nei limiti di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà a nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE questioni di merito nonché alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso mentre respinge il primo e il secondo e dichiara assorbiti il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Piemonte, Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024