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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per motivazione apparente. I giudici di merito avevano respinto l’appello di una società edile contro un accertamento fiscale, liquidando le prove dei costi addotte dalla contribuente con la generica formula ‘non assistiti da rassicurante certezza’. La Suprema Corte ha ritenuto tale motivazione insufficiente e slegata dal caso concreto, cassando la decisione e rinviando il processo a un nuovo esame.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Sentenza del Giudice Tributario

L’obbligo di motivare le sentenze è un pilastro del nostro ordinamento, ma cosa accade quando la motivazione è solo di facciata? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31962/2024, offre un chiaro esempio di motivazione apparente, annullando una decisione in materia fiscale. Questo caso evidenzia l’importanza per i giudici di fornire un ragionamento logico e concreto, non limitandosi a formule generiche che svuotano di contenuto la decisione.

I Fatti del Caso

Una società di costruzioni si è vista notificare un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2013, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava operazioni imponibili non registrate per circa 37.000 Euro. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva solo parzialmente il ricorso dell’azienda.

Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) rigettava l’appello della società, confermando la pretesa fiscale. La CTR basava la sua decisione sul richiamo a un verbale della Guardia di Finanza, affermando che la contribuente aveva omesso di dichiarare vendite emerse dal cosiddetto ‘spesometro’. Cruciale, però, è stato il modo in cui i giudici d’appello hanno liquidato le prove documentali prodotte dalla società per dimostrare i costi sostenuti (Modello 770, bilancio d’esercizio, Modello Unico): secondo la CTR, tali documenti non erano assistiti da una ‘rassicurante certezza’.

Il Ricorso in Cassazione per Motivazione Apparente

La società ha impugnato la sentenza della CTR davanti alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente la nullità della decisione per violazione di legge. Il fulcro del ricorso era la motivazione apparente e illogica. La difesa ha sostenuto che i giudici di secondo grado avevano ignorato l’oggetto del processo (thema decidendum), fondando la decisione su un ragionamento slegato dalle prove prodotte e utilizzando una formula (‘rassicurante certezza’) vuota e stereotipata, incapace di spiegare perché i documenti contabili e fiscali non fossero stati ritenuti validi.

In pratica, la CTR non aveva spiegato il percorso logico-giuridico che l’aveva portata a ritenere non provati i costi, limitandosi a un’affermazione di stile che rendeva impossibile comprendere la ratio della decisione e, di conseguenza, esercitare un controllo sulla sua correttezza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il vizio di motivazione apparente. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione quando il giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, oppure li indica senza una loro approfondita disamina logica e giuridica.

Nel caso specifico, la CTR si era limitata a sostenere che dai riscontri di coerenza interna del PVC emergeva l’omissione di vendite, mentre i maggiori costi allegati dall’appellante non emergevano ‘con rassicurante certezza’. Questa espressione, secondo la Cassazione, non spiega sufficientemente le ragioni per cui i costi non potevano essere considerati provati. Una simile motivazione, essendo generica e non ancorata a un’analisi specifica delle prove documentali, si traduce in una motivazione solo apparente, che non soddisfa l’obbligo costituzionale di motivare i provvedimenti giurisdizionali.

Le Conclusioni: L’Importanza di una Motivazione Effettiva

La decisione in esame è un importante monito sull’obbligo di redigere sentenze chiare, logiche e puntuali. Una motivazione non può essere una formula di stile, ma deve rappresentare il risultato di un esame critico delle prove e delle argomentazioni delle parti. Affermare che una prova non è ‘rassicurante’ senza spiegare il perché equivale a non motivare affatto. Per questo motivo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati e fornendo, questa volta, una motivazione completa ed effettiva.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, contraddittoria o slegata dai fatti e dalle prove del caso da non permettere di comprendere il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice, risultando di fatto in un’assenza di motivazione.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza è ritenuta apparente?
Se una motivazione viene giudicata apparente da un’istanza superiore, come la Corte di Cassazione in questo caso, la sentenza viene annullata (‘cassata’). Il processo viene quindi rinviato a un altro giudice dello stesso grado di quello che ha emesso la sentenza annullata per un nuovo esame della controversia.

È sufficiente che un giudice affermi che delle prove non hanno ‘rassicurante certezza’ per poterle respingere?
No. Secondo questa ordinanza della Cassazione, una formula così generica non è sufficiente. Il giudice ha l’obbligo di spiegare in modo specifico e puntuale le ragioni per cui le prove presentate non sono state considerate sufficientemente probanti, altrimenti la sua motivazione rischia di essere considerata apparente e la sentenza annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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