Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31197 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31197 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1458/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente-
CONTRO
COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (MLPMSM71P29F770M)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO- VENEZIA n. 956/2016 depositata il 06/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. del Veneto, con la quale veniva rigettato l’appello contro la sentenza della C.T.P. di Padova, che aveva annullato tre avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci della soc. RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese, relativi alla contabilizzazione dei costi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti di attività di ricerca, finanziate dal MIUR.
La sentenza della C.T.R. chiarisce che la vicenda nasce dal P.V.C. della G.d.F. di Vicenza, a sua volta originato dalle indagini sulla RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita, la quale aveva emesso alcune fatture a favore della RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente inesistenti, volte a far figurare in contabilità costi fittizi per l’asserita esecuzione di un contratto (9/2004) per complessivi euro 460.000, nell’anno 2005, euro 210.000,00 nell’anno 2006 ed euro 65.000,00 nell’anno 2007. Essendo, nondimeno, la RAGIONE_SOCIALE stata cancellata dal Registro delle imprese, in data 19 settembre 2011, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso in sostituzione dei precedenti avvisi di accertamento, ulteriori tre avvisi di accertamento nei confronti dei soci, nei limiti della loro responsabilità per il pagamento dei debiti sociali, ai sensi dell’art. 2495 cod. civ. e 36 d.P.R. 602/1973. Ritenuto di poter decidere la causa nel merito, senza affrontare le eccezioni preliminari formulate dai contribuenti, la C.T.R. esclude la sussistenza della prova dell’inesistenza oggettiva delle operazioni in contestazione, ciò non consentendo di ribaltare l’onere della prova sul contribuente, il quale, peraltro, l’aveva ‘vagamente’ fornita con un CD, mentre non era
stato possibile ottenere alcuna documentazione da parte della RAGIONE_SOCIALE, in quanto fallita.
Resistono con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, chiedendo il rigetto del ricorso e ribadendo le eccezioni ritenute assorbite dal giudice di appello.
Le parti controricorrenti hanno depositato memoria in data 29 settembre 2024, con cui ribadiscono le difese formulate con il controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula tre motivi di ricorso.
Con il primo lamenta, ex art. 360, comma 1^, n. 4) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2 n. 4) del d. lgs. 546/1992. Assume che la motivazione della sentenza impugnata è apparente, avendo la C.T.R. totalmente omesso l’esame i fatti dedotti dall’Ufficio, solo genericamente contestati dai contribuenti. Ricorda che dai P.V.C. era emerso: che né la RAGIONE_SOCIALE né la RAGIONE_SOCIALE avevano conservato e prodotto ai verificatori i contratti inerenti alle operazioni oggetto di accertamento, ed in particolare il contratto n. 9/2004 (essendo invece stato prodotto solo un contratto del 2003); che il MIUR aveva revocato il finanziamento del progetto, rilevando l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE; che i soggetti operanti nelle due società, interpellati dalla G.d.F. avevano dichiarato di non sapere nulla di siffatti progetti di ricerca, smentendo le affermazioni del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE; che la RAGIONE_SOCIALE non era tecnicamente preparata a predisporre progetti informatici del tipo di quelli pretesi, perché si occupava solo di applicativi CAD; che l’intreccio sospetto fra le due società si ricavava dalla fatturazione di reciproche prestazioni, delle quali
mancava qualsiasi documentazione economica e contrattuale, sfociata in un contratto di compensazione; che il CD prodotto dai contribuenti, volto a dimostrare l’effettività delle prestazioni, non rivestiva valore probatorio alcuno in ordine all’effettivo svolgimento delle operazioni. Rileva che la sentenza impugnata, a fronte della pluralità degli elementi offerti dall’Ufficio, giungeva a conclusioni di tipo puramente formale, senza esaminare puntualmente alcuno dei fatti dedotti.
Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1^, n. 3) cod. proc. civ. della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ.. Rileva che in tema di deducibilità dei costi l’Ufficio è tenuto a fornire elementi concreti atti a porre in dubbio l’esistenza oggettiva, ciò essendo sufficiente ad invertire l’onere probatorio sul contribuente, il quale deve provare in modo positivo ed analitico l’esistenza e la consistenza oggettiva dei costi dedotti. Sostiene che l’Agenzia delle Entrate ha assolto il proprio onere probatorio, mentre i contribuenti, su cui incombeva la controprova, hanno offerto solo gli elementi compendiati nel CD allegato agli atti, ritenuti vaghi dallo stesso giudice di appello. La sentenza impugnata, tuttavia, violando l’art. 2697 cod. civ., ha sostenuto che siffatti elementi soddisfacessero l’onere probatorio, avuto riguardo al fatto che non potevano pretendersi dai contribuenti altre prove, stante il fallimento della RAGIONE_SOCIALE e la conseguente difficoltà di procurarsi altra documentazione. Sostiene che, invece, l’Ufficio, andando oltre al mero onere di allegazione, aveva fornito la prova dell’inesistenza oggettiva delle operazioni, provvedendo a dimostrare circostanze da cui erano ricavabili presunzioni gravi, precise e concordanti, mentre la sentenza impugnata non analizzando alcuno degli elementi offerti, aveva violato sia l’art. 2697 cod. civ., che l’art. 2729 cod. civ..
Con il terzo motivo -subordinato ai precedenti- fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ., il vizio dell’omesso esame di un fatto decisivo. Osserva che se la C.T.R. avesse esaminato tutti i fatti dedotti dall’Ufficio avrebbe dovuto concludere che vi era piena prova dell’inesistenza dei costi dedotti, trattandosi del contesto tipico di circostanze che ricorre nei casi di falsa fatturazione. Mentre la decisione soffermandosi solo sul carattere vago delle controprove e sulla circostanza del fallimento della RAGIONE_SOCIALE aveva completamente omesso l’esame dei fatti dedotti e decisivi.
Il primo motivo è fondato ed assorbe gli altri.
Va preliminarmente ricordato che secondo le Sezioni Unite di questa Corte ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; Sez. 6 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014; Sez. 6-3, Sentenza n.
23828 del 20/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017;Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. 6 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ora, precisando il concetto di motivazione apparente il giudice di legittimità ha chiarito che: ‘Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.(Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto affetta da tale vizio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello perché tardivo, senza indicare la documentazione esaminata e la valenza probatoria della stessa ai fini della decisione assunta)’. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145 -01; negli stessi termini ex multis : Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022).
Ed invero, secondo le Sezioni Unite, è apparente la motivazione graficamente presente quando essa caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). Per assolvere l’obbligo di motivazione costituzionalmente imposto alle decisioni giurisdizionali come specificato dall’art. 132, comma 2, n. 4) e dall’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario)- il giudice è tenuto a precisare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla
decisione assunta, chiarendo su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, rendendo così percepibile il fondamento della decisione e, in tal modo, consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (in questo senso Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, in motivazione).
Nel caso di specie la decisione impugnata si limita ad affermare che ‘ manca alcuna prova delle affermazioni dell’Ufficio circa l’inesistenza delle operazioni contestate e non sono individuabili nemmeno gli indizi per far ribaltare l’onere relativo, che i contribuenti hanno seppure vagamente fornito col CD allegato agli atti: il quadro istruttorio è in ogni caso comprensibilmente dubbio, tenuto conto che la RAGIONE_SOCIALE (che esercitava attività di consulenza nel settore della tecnologia informatica) è fallita senza che fosse quindi facile dar conto pienamente dei progetti di ricerca in questione ‘.
Una simile motivazione rientra nel paradigma tipico della motivazione apparente, non rendendo comprensibile il ragionamento seguito dal giudice per pervenire alla conclusione dell’assenza di prova in ordine alle operazioni contestate come inesistenti, neppure essendo precisato il quadro delle allegazioni e delle prove offerto dall’Ufficio, onerato della prova. L’assenza dell’estrinsecazione del percorso argomentativo pone la sentenza al di sotto di quel ‘minimo’ costituzionale’ richiesto per consentire il controllo della sua comprensibilità.
L’accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri, comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria del Veneto – Venezia, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024