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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

Una società immobiliare ha impugnato avvisi di accertamento relativi a un contratto di leasing. Dopo due sentenze sfavorevoli, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la decisione d’appello per motivazione apparente. La Corte ha stabilito che la sentenza era nulla perché le sue argomentazioni erano talmente generiche e astratte da non permettere di comprendere il percorso logico seguito dai giudici, violando così l’obbligo di fornire una giustificazione effettiva e controllabile della decisione.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: perché una sentenza può essere annullata?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema giuridico: ogni decisione giudiziaria deve essere supportata da un ragionamento chiaro, logico e comprensibile. Quando ciò non avviene, si cade nel vizio di motivazione apparente, che porta inevitabilmente alla nullità della sentenza. Questo caso, nato da un contenzioso tributario, offre un esempio lampante di come una motivazione puramente formale, ma priva di sostanza, non possa reggere al vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Un Leasing Immobiliare nel Mirino del Fisco

La vicenda ha origine da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società immobiliare. L’amministrazione finanziaria contestava la deducibilità dei canoni di leasing relativi a un immobile, sostenendo che l’operazione nascondesse un finanziamento infragruppo. Secondo il Fisco, la sopravvalutazione dell’immobile concesso in leasing era un indizio di una volontà dissimulatoria, volta a creare costi fittizi per abbattere l’imponibile Ires, Irap e Iva.

Il Percorso Giudiziario e l’Arrivo in Cassazione

La società contribuente, dopo aver perso sia in primo grado presso la Commissione Tributaria Provinciale sia in appello presso la Commissione Tributaria Regionale, ha proposto ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso erano cinque e spaziavano dalla violazione di norme procedurali a quelle sostanziali, tra cui:
1. Nullità della sentenza d’appello per carenza di motivazione (motivazione apparente).
2. Omessa pronuncia sulla decadenza del potere di accertamento per l’anno 2008.
3. Violazione delle norme sulle presunzioni e sull’onere della prova.
4. Errata applicazione delle norme sulla simulazione dei contratti e sulla deducibilità dei costi.
5. Violazione del principio di libertà dell’iniziativa economica, contestando la sindacabilità delle scelte imprenditoriali da parte del Fisco.

La Decisione della Corte sulla Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo, ritenendolo assorbente rispetto a tutti gli altri. I giudici supremi hanno stabilito che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale era affetta da motivazione apparente. Questo vizio si configura quando la motivazione, pur esistendo graficamente, consiste in argomentazioni talmente generiche o contraddittorie da non rendere percepibili le ragioni della decisione. In pratica, non consente un effettivo controllo sul percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla sua conclusione.

Le Motivazioni

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello si limitava a descrivere in modo estremamente sintetico l’oggetto del contendere, per poi affermare genericamente che la società non aveva “fornito neppure in questo giudizio prove a sostegno del proprio comportamento” e che la sua condotta appariva “illogica e incoerente”. Questa, secondo la Cassazione, non è una motivazione, ma una mera clausola di stile. Il giudice di merito non ha dato conto delle argomentazioni difensive della società, né ha analizzato gli elementi di prova prodotti. In una fattispecie complessa come quella in esame, il giudice non può limitarsi a enunciare un giudizio finale (“contenuto statico”), ma deve descrivere il processo cognitivo che lo ha condotto a quella conclusione (“contenuto dinamico”). La sentenza impugnata era, quindi, del tutto astratta e priva di una descrizione del processo logico seguito, risultando inidonea a reggere il decisum.

Le Conclusioni

L’accoglimento del ricorso per motivazione apparente ha comportato la cassazione della sentenza e il rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il merito della controversia attenendosi ai principi enunciati. Questa ordinanza rafforza un caposaldo dello Stato di diritto: il potere del giudice trova il suo limite e la sua legittimazione nell’obbligo di rendere conto del proprio operato attraverso una motivazione che sia reale, completa e verificabile, a garanzia del diritto di difesa del cittadino e della corretta amministrazione della giustizia.

Quando una sentenza ha una “motivazione apparente”?
Una sentenza ha una motivazione apparente quando, pur essendo formalmente presente, le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio, generico o illogico da non permettere di individuare e comprendere l’iter logico seguito dal giudice per formare il proprio convincimento. È una motivazione che non giustifica il decisum.

Qual è la conseguenza di una motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza. Questo vizio, riconducibile alla violazione dell’art. 132, n. 4, del codice di procedura civile, può essere fatto valere con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, dello stesso codice.

Cosa deve fare un giudice per evitare di scrivere una motivazione apparente?
Il giudice deve descrivere il processo cognitivo che lo ha portato dalla situazione di ignoranza iniziale dei fatti alla decisione finale. Deve analizzare le argomentazioni delle parti e le prove, spiegando in modo chiaro e logico perché alcune sono state accolte e altre respinte, senza limitarsi a formule generiche o a enunciare il solo risultato del suo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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