Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32379 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32379 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 791/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato STUDIO LEGALE RAGIONE_SOCIALE -) rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’EMILIA ROMAGNA -BOLOGNA n. 598/2018 depositata il 23/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il sig. NOME COGNOME era attinto da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004, in ragione di versamenti non giustificati pari a quasi un milione di euro e prelievi per oltre seicentomila euro, ritenuti indice di proporzionale maggior reddito non esposto in dichiarazione. Interposto ricorso al giudice di prossimità, i gradi di merito erano sfavorevoli al contribuente, sennonché -con sentenza n. 5152/2017questa Corte cassava con rinvio la sentenza d’appello sull’argomento della sopravvenuta incostituzionalità parziale dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 che ha distinto fra versamenti e prelevamenti ai fini probatori negli accertamenti verso i lavoratori autonomi. Il giudizio rescissorio si concludeva in favore del contribuente, lavoratore autonomo, con integrale riforma della sentenza di primo grado e conseguente annullamento della ripresa a tassazione.
Insorge l’Agenzia delle entrate spiegando ricorso per cassazione affidato a tre mezzi, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso.
La causa era posta in trattazione alla camera di consiglio del 12 aprile 2023 in prossimità della quale la parte contribuente chiedeva rinvio a nuovo ruolo in pendenza dei termini di definizione agevolata. Con istanza di fissazione udienza, il patrono erariale rappresentava che alla scadenza dei termini- non vi era evidenza di procedura di definizione e chiedeva la prosecuzione del giudizio.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 384, secondo comma, del medesimo codice di rito. Nella sostanza si rileva che, nel rinviare al giudice di merito, questa Corte abbia indicato di applicare il formato normativo alla luce dell’intervento della Consulta n. 228/2014 e di verificare l’apporto probatorio di parte contribuente, con approccio
analitico sui documenti, anche per categorie omogenee. Si lamenta che tali indicazioni siano state disattese.
Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nella sostanza si lamenta motivazione meramente apparente nella sentenza di scrutinio.
Con il terzo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973 e dell’articolo 51 del dPR n. 633 del 1972. Nella sostanza, si contesta non essere data prova specifica, l’unica capace di essere liberatoria, per superare la presunzione legale le maggior reddito occulto legata a versamenti nei conti correnti bancari, privi di documentata giustificazione.
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata da parte contribuente. La sentenza di appello, favorevole alla parte privata, è stata notificata all’incaricato per la riscossione in data 6 marzo 2018; questi ha rinotificato la medesima sentenza all’ente impositore Agenzia delle entrate Direzione provinciale di Forlì- in data 8 marzo 2018. Ne viene dedotta la notificazione ‘a mani proprie’ dell’Agenzia che equivale a (prevale su) quella presso il domicilio eletto, secondo il disposto di cui all’art. 16 d.lgs. n. 546/1992 (cfr. Cass. S.U. 21884/2022; Cass V, n. 26413/2023). Il termine di sessanta giorni sarebbe quindi spirato il giorno 8 maggio 2018, ben prima della notifica del ricorso erariale, portato alla notifica il 19 dicembre 2019.
Giudice del fatto processuale, questa Corte rileva non rinvenirsi nel fascicolo d’ufficio prova della ‘notifica’ della sentenza in scrutinio da Agenzia delle entrate -Riscossione ad Agenzia delle entrate. Più radicalmente, occorre rilevare che non può trovare cittadinanza in questo giudizio la ‘notifica’ che un soggetto estraneo al giudizio faccia nei confronti di una parte costituita. Non è controverso che
Agenzia delle entrate -Riscossione sia estranea al rapporto processuale, donde una comunicazione, anche via PEC, della sentenza oggi all’esame ad una parte del giudizio non è in grado di esplicare effetti, né diretti, né (tantomeno) riflessi nei confronti della parte contribuente, facendo decorrere il termine breve all’impugnazione.
Occorre ricordare che la decorrenza del termine breve si ha quanto una parte del giudizio, tendenzialmente quella vittoriosa, notifica la sentenza all’altra o alle altre, con lo scopo di provocarne la reazione all’impugnazione in un termine decadenziale pi ù breve del termine normale (detto anche ‘lungo’) cui sono soggette le sentenze di merito. Fuori da questa legittimazione soggettiva interprocessuale, la comunicazione -anche con la forma sacramentale della notificazione degli atti giudiziari- di una sentenza non produce effetti processuali, tantomeno la limitazione ad impugnare di una delle parti. Diversamente opinando, dovrebbe accordarsi a chi è terzo nel giudizio il potere di incidere sulle situazioni giuridiche soggettive processuali (e sostanziali) delle parti in lite, al di fuori di ogni sindacato sull’interesse ad agire. Al fine di compiere atti processualmente rilevanti il soggetto terzo deve esplicare intervento -autonomo o dipendente- in giudizio, rappresentando il proprio interesse attuale, concreto ed economicamente valutabile conseguente alle sorti delle domande di una delle parti.
L’eccezione è dunque radicalmente infondata e dev’essere disattesa, sicché il ricorso può essere scrutinato nel merito.
I tre motivi possono essere trattati congiuntamente, vertendo sostanzialmente sui medesimi fatti, cioè in ordine alla coerenza motivazionale con il dictum di questa Corte nel giudizio rescindente, con la congruenza della motivazione in sé stessa e con il rispetto del riparto dell’onere probatorio.
Nella sentenza di rinvio, come ampiamente riportato sia negli atti processuali che nella stessa sentenza in scrutinio, veniva demandato
al giudice di merito un esame analitico dei movimenti bancari, anche per gruppi omogenei, con particolare riguardo ai passaggi da un conto all’altro fra quelli nella disponibilità del contribuente, verificando la coerenza dell’apporto probatorio con la con sistenza dell’importo.
Nulla di tutto ciò si riscontra nella sentenza in scrutinio, la cui parte motivazionale si riduce ad un giudizio ipotetico, affermando che se l’originario collegio di appello avesse verificato le prove offerte dal contribuente avrebbe proceduto a riformare la sentenza di primo grado. La stessa motivazione non rende conto di quali documenti abbia esaminato il collegio del rinvio, a giustificazione dell’annullamento integrale della ripresa a tassazione, violando così tanto le indicazioni di questa Corte nella precitata sentenza n. 5152/2017, quanto i principi di congruità e coerenza delle sentenze in generale.
Ed infatti, deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la
motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018). In conclusione, il ricorso è fondato e la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché esegua il già prescritto esame analitico -anche per gruppi omogenei- dei movimenti bancari di parte contribuente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per l’Emilia -Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 13/11/2024.