Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33474 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33474 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1524/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIASEZ.DIST. BRESCIA n. 2487/2015 depositata il 08/06/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dalla sentenza epigrafata, in punti di fatto, si apprende quanto segue.
La RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, ricorreva nei confronti dell’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Brescia, avverso avvisi di accertamento emessi ai fini IRES, IRAP, IVA, relative sanzioni ed interessi, per gli anni d’imposta 2006 e 2007; l’Agenzia nei suddetti atti assumeva che la ricorrente avesse dedotto costi per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da due suoi fornitori; proverebbero l’assunto le risultanze delle indagini penali eseguite nei confronti di questi anche tramite l’utilizzo di intercettazioni ambientali e telefoniche; la ricorrente deduce nel ricorso introduttivo e nelle memorie illustrative l’infondatezza dell’assunto dell’Agenzia come dimostrato dalla documentazione prodotta consistente nelle copie delle fatture, dei documenti di trasporto, dei bonifici effettuati per il pagamento; la ricorrente sottolineava, altresì, come avesse in fase precontenziosa già prodotto all’Agenzia la stessa documentazione per convincerla della correttezza del proprio operato; la C.T.P. di Brescia, con la sent. n. 78/05/13, in accoglimento dei ricorsi annullava gli impugnati atti con condanna alle spese per la parte soccombente valorizzando in tal senso la produzione documentale della ricorrente; l’Agenzia grava la sentenza deducendo che la stessa sarebbe
viziata ‘per travisamento dei fatti’ posto che non avrebbe valorizzato adeguatamente le prove richiamate dal p.v.c. della G.d.F. da cui erano conseguiti gli atti impugnati; richiama e produce, ad ulteriore sostegno dei motivi di appello, copia del decreto di rinvio a giudizio del legale rappresentante della ricorrente; la parte privata non si costituisce in giudizio.
La CTR della Lombardia -Sezione distaccata di Brescia, con la sentenza epigrafata, così decideva:
La Commissione conferma l’impugnata sentenza; le spese di giudizio liquidate in euro 2.000 (duemila) seguono la soccombenza.
2.1. In motivazione, alla lettera, osservava quanto segue:
Il Giudice di prim cur ha effettuato un’attenta analisi di tutta la documentazione probatoria prodotta dalla ricorrente e ne ha data ampia giustificazione in motivazione; la valutazione che questo Giudice fa del materiale probatorio, dimesso in atti dalla ricorrente, non è difforme da quella che ne ha fatto il Giudice di prim e pertanto la sentenza di prim non può che essere confermata; né alcuna valenza probatoria può essere data al richiamato decreto del GIP di Brescia che è del tutto immotivato e pertanto non può essere di alcun sostegno alla tesi dell’appellante; in conclusione l’appello va rigettato e va confermata la sentenza di prim; le spese, liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi; resiste con controricorso la contribuente.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso si denuncia: ‘In relazione all’art. 360, comma primo, numero 4), cod. proc civ., violazione
dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546′.
1.1. Alla stregua dell’appello dell’Ufficio, riprodotto nel corpo del motivo, ‘la questione della inesistenza delle operazioni fatturate e della relativa prova apparteneva ai temi di giudizio e di prova del procedimento di appello. Ebbene la C.T.R. ha risolto tale questione controversa dandone conto con ‘ellittica motivazione . Non è chi non veda l’evidente apparenza, o se si preferisce l’inesistenza, di una simile motivazione, che si limita ad affermare che una delle parti ha fornito la prova che su di essa incombeva, senza indicare -non solo per quali ragioni le fonti di prova allegate siano sufficienti a dare tale prova, ma -neanche quali siano le fonti di prova prese in considerazione . I Giudici d’appello si limitano a enunciare il risultato del proprio giudizio, senza in alcun modo indicare le ragioni onde essi sono pervenuti a tale conclusione .
1.2. Il motivo – che si sottrae all’eccezione di inammissibilità di cui al controricorso, perché è manifestamente autosufficiente ed individua con precisione il vizio affliggente la sentenza impugnata, deducendo pertinente paradigma censorio – è fondato.
A fronte di riprese riguardanti sia le imposte dirette che l’IVA in dipendenza dalla contabilizzazione di fatture per ‘operazioni inesistenti’ (cfr ., in part., il riassunto delle contestazioni mosse alla contribuente di cui a p. 2 controric.), ed a fronte di un articolato atto d’appello agenziale, volto a contrastare la decisione della CTP sia in punto di fatto, attraverso un’analitica disamina degli indizi comprovanti, nell’ottica della parte pubblica, la fittizietà delle operazioni documentate nelle fatture, sia in punto di diritto, attraverso una parimenti analitica disamina della disciplina sulla deduzione dei costi e sulla detrazione dell’IVA, la CTR si limita ad un’acritica ed immotivata adesione alla decisione della CTP. Ciò,
-da un lato, valutando, dichiaratamente, il solo ‘materiale probatorio, dimesso in atti dalla ricorrente’,
peraltro di per sé non minimamente elencato, riassunto ed esaminato criticamente, con pregiudiziale squalificazione del quadro indiziario offerto dall’Ufficio;
-dall’altro lato, senza render conto, neppure per sommi capi, del percorso giustificativo della decisione di primo grado, non trascritta né riassunta; senza enunciare le doglianze proposte dall’Ufficio in appello e senza ‘a fortiori’ esaminare il merito di queste in rapporto alla motivazione di quella;
-dall’altro lato ancora, ritenendo ‘ex se’ privo di ‘valenza probatoria’ il decreto di rinvio a giudizio perché ‘del tutto immotivato’, senza tener conto del fatto in sé dell’emissione di tale decreto.
Ne consegue che la sentenza impugnata esibisce una motivazione meramente apparente: come tale, per l’effetto, censurabile in cassazione, ai sensi dell’insegnamento di Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia: ‘In relazione all’art. 360, comma primo, numero 4), cod. proc civ., violazione dell’art. 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546’.
2.1. La CTR ha condannato l’Agenzia alle spese nonostante la mancata costituzione della contribuente.
2.2. Il motivo è fondato.
La mancata costituzione della contribuente (ciò di cui la stessa sentenza impugnata dà atto) in nessun modo avrebbe potuto generare poste liquidabili in suo favore a titolo di spese, in difetto di attività difensiva ristorabile.
In definitiva, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame ed altresì per la definitiva regolazione tra le parti delle spese, comprese quelle del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
In integrale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 21 novembre 2024.